Spiegato il gioco delle onde sonore tra i gradini
di Andrea Frova
di Andrea Frova
È la frequenza dei suoni alti che «rimbalzano» nel teatro di Epidauro
Chi ha visitato la Grecia non può essere rimasto colpito dalla straordinaria acustica dei suoi teatri a cielo aperto, dove il rumore emesso dall’accensione di un fiammifero al centro del proscenio può essere udito anche dalle file più estreme. Le ragioni di questo portentoso comportamento sono ancora oggi motivo di discussione. L’architetto romano Vitruvio lo attribuiva alla notevole pendenza delle gradinate, che avrebbero avuto l’effetto di corroborare la voce man mano che saliva. Nei teatri moderni (chiusi) non si pensa che la pendenza sia favorevole; anzi, ben noto è il clamoroso fiasco del grande esperto di acustica teatrale Leo Beranek, il quale nel 1962 progettò la grande sala del Lincoln Center in New York senza voler prima sperimentare con un modellino: per l’eccessiva pendenza della platea, il suono faticava a raggiungere la metà posteriore della sala a causa della diffrazione delle onde sonore causata dai corpi e dalle teste degli spettatori. Ora, due studiosi del Georgia Institute of Technology, Nico Declercq e Cindy Dekeiser, applicando concetti basilari dell’acustica e forse ispirati proprio dall’errore Beranek, hanno avanzato un’interessante tesi. Essi hanno posto l’accento sul comportamento diffrattivo (la diffrazione di un’onda è il cambio di direzione nell’avanzamento) delle singole gradinate semicircolari. Agli spettatori, oltre al suono diretto proveniente dal proscenio e a quello riflesso dalla parete che lo delimita posteriormente, giunge anche la diffrazione multipla di tutte le gradinate che si trovano alle loro spalle, le quali agiscono in pratica da retro-riflettori. Tale fenomeno assume molta importanza per i suoni alti (per il teatro di Epidauro la soglia sta proprio a 500 Hz), ed è invece molto debole per i mormorii degli spettatori, i rumori di vento e altri suoni ambientali relativamente profondi. Possiamo parlare di un effetto di filtraggio. Naturalmente anche gli armonici più bassi della voce umana vengono penalizzati, ma si sa che essi sono «ricostruiti» nell’orecchio dell’ascoltatore per la presenza dei tantissimi armonici elevati emessi dalle corde vocali. È lo stesso meccanismo che ci permette di sentire e riconoscere le voci al cellulare, che pure dispone di microfoni e altoparlanti così piccoli da essere assolutamente incapaci di trasmettere o riprodurre suoni bassi. Quella dei due studiosi, col senno del poi, appare una spiegazione relativamente banale, ma questo si può dire di tutte le scoperte dopo che sono state fatte. Resta da commentare che, se le gradinate non fossero in pendenza, ogni scalino «farebbe ombra» a quelli che lo seguono e quindi la molteplicità delle retroriflessioni, condizione essenziale per il rinvigorimento del suono, verrebbe meno. Dunque, in un certo senso, diciamo che aveva ragione anche il vecchio Vitruvio.
«Corriere della sera» del 10 aprile 2007
Ma gli attori erano selezionati per la forte voce
di Eva Cantarella
«Grazie allo studio dei teatri secondo la scienza dell’armonia, gli antichi aumentavano il potere della voce» scriveva l’architetto romano Marcus Vitruvius Pollio descrivendo le meraviglie greche. Certo, era veramente perfetta l’acustica dei teatri greci: ancora oggi, o quantomeno sino a pochi anni fa, il turista che raggiungeva l’ultima fila del teatro di Epidauro sentiva perfettamente il rumore fatto da un foglio di carta, stracciato sulla scena a suo beneficio dalla guida. Ma il teatro di Epidauro (come tutti quelli ancora esistenti) è in pietra. Inevitabile chiedersi se raggiungeva questo livello di perfezione anche il teatro ateniese dell’età di Pericle, composto da scranni in legno sistemati in un primo momento nell’agora, e nei primi decenni del V secolo spostati nel recinto sacro di Dioniso, sulla pendice Sud dell’Acropoli (la sistemazione in pietra avvenne solo nel IV secolo, epoca cui risale il teatro di Epidauro). Le fonti antiche, peraltro, fanno pensare che il livello fosse già eccellente: nei poeti comici non vi è alcuna allusione a proteste da parte del pubblico delle ultime file. Ma il merito, questo va detto, non era solo dell’acustica; era anche degli attori. Non era facile essere degli attori, ad Atene: un tempo si pensava che a far sentire a tutti la loro voce concorresse l’uso delle maschere che coprivano i loro volti. Bianche per le donne (o meglio, per i personaggi femminili, rappresentati da attori maschi), più scure per gli uomini, con fessure per gli occhi, le maschere (fatte di lino, sughero o legno, ragion per cui sono andate perdute) agivano, si pensava, da cassa di risonanza. Ma oggi sappiamo che così non era, e questo - se da un lato conferma che l’acustica era ottima - dall’altro aumenta il merito degli attori. La potenza dello voce era uno dei requisiti in base ai quali essi venivano scelti, e raggiungere e mantenere il livello di potenza necessario era cosa che imponeva uno stile di vita, autodisciplina, diete speciali, esercizi fisici Nel rendere omaggio alla straordinaria capacità degli architetti greci, non dimentichiamo gli attori. Meritano anche loro qualche parola di elogio.
«Corriere della sera» del 10 aprile 2007
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