Il compito della formazione
di Giorgio De Rienzo
di Giorgio De Rienzo
A leggere la cronaca delle ultime settimane c’è da spaventarsi. Che cosa sta succedendo nella scuola? Comunque siano andate le cose (sono in corso indagini della Magistratura), abbiamo letto di un bambino alla cui lingua è stata data una sforbiciata, in un’elementare milanese, presente in classe un’insegnante di ventidue anni, addirittura indagata come responsabile del gesto sconsiderato. Prima ancora c’era stata la scena hard girata con un telefonino tra un’altra giovane professoressa e due allievi in una media di Nova Milanese. E in mezzo episodi ripetuti di bullismo, per non dire di tanti atti di vandalismo, sparsi qua e là. Gli insegnanti anziani hanno preso distanza da questo degrado morale. Hanno sottolineato che i protagonisti delle vicende più eclatanti sono «precari» impreparati a insegnare, messi in cattedra da presidi costretti a farlo dai meccanismi perversi delle graduatorie che non sono in grado di garantire scelte appropriate. Insomma i problemi sono tanti e non credo che nessuno abbia pronta in mano una ricetta miracolosa per superarli. In più si sta assistendo a una fuga di docenti dalla scuola sempre più impressionante. Solo all’inizio di quest’anno quasi duemilacinquecento professori hanno rassegnato le proprie dimissioni. E non credo che la motivazione di un così massiccio abbandono stia tanto nel timore della riforma delle pensioni che potrebbe cambiare le regole dall’anno prossimo, quanto in una sorta di disperazione per il degrado della scuola (e di quella media in particolare) dove chi insegna è spesso costretto a mettere da parte libri e studio, per improvvisarsi con fatica e frustrazione assistente sociale. Chi ha analizzato la situazione attuale ha sostenuto che si paga oggi il conto della leggerezza con cui ha trionfato la rivoluzione educativa del ‘68, con tutto ciò che ha comportato di lauree facili e di immissioni in ruolo automatiche. Non credo che per qualche anno si possa far altro se non tamponare un disastro giunto alla sua piena maturazione. Per il futuro c’è la speranza nelle nuove forme di reclutamento degli insegnanti attraverso l’istituzione di scuole di formazione. Se in questi corsi universitari per futuri professori (le Sis) saranno coinvolti docenti motivati (e davvero competenti, soprattutto in pedagogia), con il tempo il nostro sistema educativo potrà tornare - come lo è stato nel passato - tra i migliori del mondo. Se invece le Sis resteranno un’appendice fastidiosa delle Facoltà, la nostra scuola affonderà senza rimedio.
«Corriere della sera» del 6 marzo 2007
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