Gli ultimi giorni di Lord George Brummell a Caen e Calais, dove ormai decaduto si era ritirato
di Roberto Calasso
Per la meccanica celeste, il dandy è il contrappeso dell’utilitarista. Beau Brummell e Jeremy Bentham vivono negli stessi anni e nello stesso luogo: Londra. Ed è come se l’esistenza dell’uno calamitasse quella dell’altro. Da morto, Bentham diventerà la mummia impeccabilmente vestita che andavano a venerare i suoi seguaci allo University College, dove tuttora si trova. Erano uomini sobri, che si dichiaravano esenti da pregiudizi, esperti nella contabilità dei piaceri e dei dolori. Anche se viene da domandarsi quali piaceri e quali dolori fossero in grado di provare. Brummell invece si polverizza fra gli anonimi che finiscono la loro vita in un padiglione del Bon Sauveur. Quell’ospizio aveva sostituito l’Hôtel d’Angleterre. Il monotono degradarsi di Brummell negli anni di Calais e di Caen tocca l’eroismo dell’inutilità. Rimanere inutile, sempre e ovunque. Presentarsi come console d’Inghilterra, come detenuto in una prigione per debiti, come invitato pittoresco, come appassito corteggiatore di una debuttante di provincia, come demente in un ospizio. Tutti ruoli corrosi dall’implacabile inutilità del dandy. «I suoi trionfi ebbero l’insolenza del disinteresse» scrisse Barbey d’Aurevilly. Così anche le sue umiliazioni. I dandies della Reggenza non sapevano niente di Hegel, ma precedevano Stirner: prima banda di unici, aristocrazia dell’arbitrio, altrettanto irriverente verso la nobiltà araldica e verso la democrazia tronfia. Decisiva, nella rovina di Brummell e nella sua gloria, fu la leggerezza irridente del suo comportamento con il Principe di Galles - e con l’amante di lui, Mrs Fitzherbert. Trattò il Principe come un marito borghese che difende la moglie esacerbata. Così inventava un gesto che nessuno aveva osato prima: l’atteggiamento protettivo (e, come sempre, anche beffardo) verso la sovranità. Essere patronizing con il Principe di Galles. «In effetti non fu che un Dandy»: è la sentenza di Barbey d’Aurevilly su Brummell. Dandismo è tautologia, impossibilità di essere o fare altro. Baudelaire: «Un Dandy non fa nulla». Eppure Brummell, nel suo esilio, si dedicò a compiere un’opera, l’unica opera della sua vita: il paravento per la duchessa di York. Aveva sei pannelli. Al centro di cinque, spiccavano altrettanti animali: Elefante, Iena, Tigre, Cammello, Orso. Sull’Elefante, Napoleone: una farfalla gli ornava il collo. Sulla sua testa, un mortaio; dalla bocca del mortaio usciva una spada con un serpente attorcigliato. Una falce e una bandiera con l’aquila russa. Sul corpo di un ufficiale era dipinto un paesaggio classico, con una foresta e rocce in primo piano. Un Cupido, sulle spalle di un generale, colpisce il Tempo con un libro. Una giovane dama, trascurando l’arpa, carezza le corna di un cervo ferito. Un’altra dama è sovrastata da piume di struzzo. Un signore con bretelle gialle offre un nido di colombe a una donna in abito scarlatto. La Iena viene ammansita dalle Arti, dalle Scienze e dalla Religione. Telemaco racconta a Calipso le sue avventure. Un dragone francese spenna un volatile davanti al fuoco di un bivacco. Una pastorella tenta di liberarsi da un cane che le ha azzannato la veste - e un ignoto galante l’aiuta. La Tigre è circondata da sciami di Cupidi. Ai suoi lati, il Delfino e la duchessa di Angoulême giocano a fare i soldati. La duchessa fa rullare un tamburo. Il Delfino imbraccia una bandiera con la scritta Union Force. Sul fondo, giocattoli abbandonati. Altri Cupidi. Un bambino povero sta sulla porta di una casa, in una notte di neve. Sotto il Cammello, un uomo con pantaloni alla cosacca. Una scimmia gli gratta la schiena. C’è una donna barbiere. L’Orso è in compagnia di un giovane coccodrillo. Intorno giocano bambini, pastori, le Grazie. Numerosi insetti e conchiglie. Più in basso si riconoscono i ritratti di Fox, Sheridan, Necker, John Kemble. Nelson sta accanto all’ospedale di Greenwich. Un vecchio parroco di campagna aiuta un contadino con un filo e un ago. Nel sesto pannello, Byron e Napoleone stanno al centro. Il poeta è circondato da fiori e ha una vespa sul collo. Sotto Napoleone si nota Kean nella parte di Riccardo III. Il capitano Jesse poté ammirare il paravento da un tappezziere di Boulogne. Il valletto di Brummell ve lo aveva lasciato in pegno per un debito del suo padrone. Jesse osservò che vi erano rappresentate centinaia di scene, ciascuna inghirlandata di fiori. Le più varie tecniche dell’incisione e della pittura vi erano state utilizzate, salvo i colori a olio. Il fondo era di carta verde. Su tutto predominava il rosa. Jesse si immaginò Brummell mentre ritagliava e incollava i singoli episodi, commentandoli con gli amici: «Doveva essere una delizia». Certo, rifletteva Jesse, «per capire appieno l’arguzia dispiegata nel disporre i gruppi, lo spettatore dovrebbe essere al corrente dei pettegolezzi del giorno; e non vi è dubbio che un qualsiasi coetaneo di Brummell avrebbe potuto ricostruire le storie connesse a ciascun episodio, spiegando ai più giovani certi dettagli nella disposizione che per loro sono altrettanti enigmi insignificanti». Ma quel carattere di enigma insignificante era ciò a cui il pettegolezzo mirava, mentre al tempo stesso scioglieva le allusioni. Brummell aveva popolato di figure quella superficie come uno gnostico affollava di Arconti e Potenze i suoi cieli. Al centro dei cinque pannelli gli animali avevano assunto dalle Bestie zodiacali l’incombenza di sostenere il loro dovere allegorico. Invano accennavano alla sovranità di un ordine: intorno ad essi, su di essi, si affastellavano altre immagini e si disperdevano fra le ghirlande. Ciò che Brummell donava alla duchessa di York era la psiche che si stava formando nel mondo intorno a lui: un colombario onirico dove trovavano accoglienza, con lo stesso rango, gli dèi antichi e i fuggevoli dominatori di una season, scene mitiche e personaggi della cronaca. Tutto si componeva ritagliando e incollando; le immagini erano disponibili e convivevano in un caos civilizzato. Il tappezziere di Boulogne teneva in pegno il nuovo sfondo della letteratura.
George Bryan Brummell, detto «Beau», visse tra il 1778 e il 1840. Amico del Principe di Galles, fu l’arbitro dell’eleganza del suo tempo.
«Corriere della sera» del 1 marzo 2007
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