14 aprile 2010

Intellettuali e artisti, le voci pro Ratzinger

Vaticano e pedofilia
di Armando Torno
Il New York Times: il migliore. Appello in Rete
Il trentenne conservatore Ross Douthat, opinionista tra i più puntuti degli Usa, sul New York Times di ieri ha scritto un articolo intitolato «Il miglior Papa». In esso si legge una difesa dell’integrità morale di Benedetto XVI, che per il columnist non si può mettere in discussione anche nel tempo precedente la sua ascesa al trono di Pietro. Il rigore che lo contraddistingue si manifestò in occasioni delicate, soprattutto durante i giorni del pontificato di Giovanni Paolo II. Che fu un Papa, per Douthat, «sempre amato», nonché «bello e carismatico», al quale si perdonò tutto. Invece Ratzinger aveva già l’immagine del «Rottweiler di Dio».
Fa specie che proprio sul New York Times esca questa difesa. Anche se il polverone mediatico potrebbe ripartire dal mondo anglosassone, si sta creando un’opinione trasversale che offre attenuanti al pontefice o lo difende. Per esempio, Hendrik Hertzberg sull’ultimo numero del laico New Yorker, in un articolo intitolato «Indulgence», dopo aver ricordato Martin Lutero e l’attuale crisi di potere e di cultura della Chiesa, ammette che Benedetto XVI «si incontrò personalmente con le vittime dell’abuso durante la sua visita nel 2008 negli Stati Uniti». E aggiunge: anche i suoi critici sono d’accordo sul fatto che abbia affrontato il problema più seriamente che in passato. Inoltre, un appello con settanta firme del mondo francofono si sta diffondendo da una decina di giorni. Ha raccolto intellettuali, filosofi, giornalisti, drammaturghi, docenti universitari, artisti e personalità varie. Nomi che si sono ritrovati in pochi giorni grazie alla rete (attraverso il sito http://www.appelaverite.fr). Tra i firmatari troviamo Jean-Luc Marion, dell’Académie Française, professore a Parigi e a Chicago. In una brevissima nota inviataci dagli Usa ha scritto: «È evidente che la crisi dei preti pedofili è stata male gestita, è evidente che gli attacchi sono sproporzionati e fondamentalmente ingiusti». C’è poi Remi Brague, professore di filosofia e membro dell’Institut, lo scrittore Françoise Taillandier, la filosofa Chantal Delsol (anch’essa membro dell’Institut); vi troviamo l’attore Michael Lonsdale, il matematico —insignito della medaglia Fields— Laurent Lafforgue. E ancora: Alain Joly, pastore luterano, Bernadette Dupont, senatrice, Jacques Arènes, psicanalista. Chiudiamo con Fabrice Hadjaj, giunto al cattolicesimo dopo ideali rivoluzionari e letture dei grandi nichilisti del Novecento. Scrittore e filosofo, nato nel 1971 a Nanterre da genitori ebrei di origine tunisina, lo scorso anno fece rumore la sua idea di una «nuova mistica della carne». Attaccava ogni riduzione dei rapporti a «masturbazione assistita», quel «tecnicismo» con relativa «morale borghese» capaci di rinchiudere «il desiderio sessuale nel preservativo ».
Ribadiva Hadjaj: «È la Chiesa l’unica a non aver paura di liberarlo fino in fondo». Nel testo di tale appello si legge, tra l’altro: «I casi di pedofilia nella Chiesa sono, per tutti i cattolici, fonte di sofferenza profonda e di dolore estremo. Membri della gerarchia della Chiesa hanno riscontrato in alcuni dossier gravi mancanze e disfunzioni, e noi rendiamo omaggio alla volontà del Papa di fare luce su questi casi. Con i vescovi, e in quanto membri della stessa Chiesa, i laici cattolici si fanno carico del peso dei crimini di alcuni sacerdoti e delle debolezze dei loro superiori; si mettono risolutamente, come Cristo invita a fare, dalla parte di quanti soffrono maggiormente per questi crimini». E, dopo aver auspicato che la verità emerga e si affronti «serenamente e fraternamente » tutto ciò che ha reso possibile tali offese, il testo prosegue: «Al di là del diritto all’informazione, legittimo e democratico, non possiamo che constatare con tristezza in quanto cristiani, ma soprattutto in quanto cittadini, che numerosi mass media nel nostro Paese (e in Occidente in generale) trattano questi casi con parzialità, scarsa conoscenza o viva soddisfazione. Da riassunti, sintesi e generalizzazioni, il quadro della Chiesa che viene fatto attualmente dalla stampa non corrisponde a ciò che vivono i cristiani cattolici ». Va aggiunto — ci ha confidato una fonte vicina al patriarcato di Mosca— che l’accusa è circolata soltanto in forme ridotte nella cattolica Polonia (è stata ripresa la dichiarazione del portavoce vaticano), mentre il mondo scandinavo l’ha quasi ignorata. In Russia è apparsa in poche righe nelle agenzie e non è stata ampliata o commentata dai giornali.
Il sito della Izvestia tace, quello della Pravda anche, nemmeno radio e televisioni hanno avuto qualcosa da dire. L’unica curiosità, che ha suscitato un moderato interesse, riguardava l’idea di interrogare ed eventualmente ammanettare il Papa. Solo grazie a questa trovata si è saputo quel che stava accadendo. Anzi, in seguito al ritorno di un bambino russo di sette anni adottato negli Usa (di nome Artëm Saveliev), rifiutato dalla famiglia americana, i media di Mosca da qualche giorno stanno accusando gli Stati Uniti di una particolare forma di pedofilia.
«Corriere della Sera» del 14 aprile 2010

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