Il contributo di un laico
di Claudio Magris
di Claudio Magris
Nel clamore delle polemiche sull’aborto c’è un grande quasi dimenticato: Norberto Bobbio. L’8 maggio del 1981, alla vigilia del referendum, il maestro laico di diritto e libertà - che ha manifestato sempre il più grande rispetto e anzi interesse per la fede, che non ha mai pensato di definirsi con tracotanza ateo ma, per coerenza e appunto per rispetto, ha ritenuto doveroso rinunciare ai funerali religiosi - rilasciò a Giulio Nascimbeni, il carissimo amico scomparso di recente, un’intervista per il Corriere della Sera. In essa, con pacatezza e anzi con disagio («è un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri») ribadiva «il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. E’lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto». Si soffermava sulla «scelta sempre dolorosa fra diritti incompatibili», ribadendo che «il primo, quello del concepito, è fondamentale», in quanto «con l’aborto si dispone di una vita altrui». Affermava la necessità di evitare il concepimento non voluto e non gradito; e concludeva, rispondendo a Nascimbeni: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere». Perché, in un momento in cui si cerca non di toccare la legge 194 - cosa che dovrebbe tranquillizzare tutti, perché è essa che consente di abortire, dichiarando peraltro esplicitamente che l’interruzione della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite - bensì di creare una cultura consapevole della realtà dell’aborto, così pochi (tra i quali il Foglio) ricordano Norberto Bobbio e queste sue parole di assoluta chiarezza, molto più difficili da dire allora che non oggi? Forse perché dette in tono pacato, problematico, con l’animo di chi aborre le eccitazioni collettive e le scalmane di piazza, mentre oggi prevale chi le ama e se ne inebria, anche quando si rivolgono contro di lui, ed è felice solo nella ressa dello scontro, nel fumo della battaglia (peraltro poco pericolosa), che invece poco si addice alla ritrosia subalpina di gente come Bobbio o Einaudi? Le discussioni di oggi sono altamente meritorie, perché aiutano, contro ogni pigrizia e viltà mentale, a guardare in faccia cos’è l’aborto. Visto che nessuno vuole toccare la legge 194, nessuno dovrebbe protestare contro queste discussioni, a meno che non sia un entusiasta dell’aborto. Visto che nessuno vuol toccare la legge 194, non ha senso presentare una lista elettorale che si proponga di andare al Parlamento solo per non fare leggi; per creare e diffondere una cultura dei diritti di ogni individuo, in tutte le fasi della sua vita, il luogo non è il Parlamento, bensì la società, il dibattito, l’agorà. E’ciò che sta giustamente accadendo, e non solo per le iniziative di Giuliano Ferrara ma anche e già prima con alcune interessantissime e innovatrici riflessioni di intellettuali e scrittrici femministe - ad esempio Alessandra Di Pietro, Paola Tavella, Anna Bravo o Maria Carminati - le quali, senza rinnegare alcuna loro battaglia, affrontano in modo libero e originale i valori della maternità e della vita. Anche in merito a ciò che spetta al dibattito pubblico e a ciò che spetta al Parlamento, la chiarezza di un Bobbio, con la sua straordinaria arte di distinguere le cose e gli ambiti, sarebbe preziosa ma non è forse gradita. Oppure non si ricordano quelle parole di Bobbio in difesa del concepito perché dà fastidio che sia stato un non-praticante, estraneo o quanto meno esterno alla Chiesa cattolica, a pronunciarle?
«Corriere della sera» del 19 febbraio 2008
Nessun commento:
Posta un commento