di Massimo Centini
In un mondo in cui c’è ancora qualcuno che getta i neonati nei cassonetti dei rifiuti, apprendere che certi luoghi comuni sulla malvagità nei confronti dei bambini sono soprattutto alimentati dal mito ci consente di ripensare il passato remoto, offrendoci l’opportunità per guardarlo con occhi diversi.
Questa apertura di ottimismo giunge da una recente scoperta destinata a scardinare una diffusa credenza che ha attraversato la storiografia antica. Ci riferiamo ai risultati delle indagini archeologiche condotte alle pendici del monte Taigeto dal quale, secondo la tradizione, gli Spartani avrebbero buttato i neonati deformi e deboli. Il Taigeto è parte di una catena montagnosa che si erge nel Peloponneso e separa la Laconia dalla Messenia: Omero definisce «grandissima» questa catena, che gli autori più tardi indicavano, per la sua morfologia, «montagna dalle cinque dita». L’aura di mito che ha accompagnato per tanto tempo il rilievo è stata soprattutto sorretta dal suo ruolo «eugenetico», determinato da princìpi che sembrano barbari agli occhi dell’uomo occidentale contemporaneo. Oggi però, dopo cinque anni di studi, l’antropologo Theodoros Pitsios, dell’università di Atene, assicura che il vasto corpus di resti umani presenti al fondo del precipizio Apothetes, sui contrafforti del Taigeto, e corrispondente all’area che avrebbe dovuto accogliere le vittime, in realtà ha restituito ossa appartenenti ad individui con età compresa tra i 18 e i 35 anni, tutti di sesso maschile. Nel territorio circostante, per un largo raggio, non sono stati rinvenuti resti di neonato. Secondo il professor Pitsios, la leggenda sarebbe quindi totalmente infondata; a sorreggere questa tesi, costruita attraverso l’indagine sul campo, contribuisce anche la carenza di fonti storiche accreditabili. Infatti, le informazioni su questa pratica inumana giunte fino a noi sono rare, scarsamente dettagliate e soprattutto molto tarde. La notizia ha la sua importanza poiché smantella un aspetto della cultura egea che ne ha sempre profondamente marcato negativamente la memoria.
Inoltre, dimostra ulteriormente come le peculiarità di alcune popolazioni del passato siano di fatto frutto di un’enfatizzazione, in questo caso in negativo, dei cronisti. Il rapporto tra Sparta e l’eugenetica ha alimentato un dibattito storico che, ancora oggi, è al centro di discussioni dove spesso a prevalere sono soprattutto i presupposti ideologici. Resta un fatto fondante: il modello eugenetico, coniato da Francis Galton, cugino di Charles Darwin e indicante «la scienza del miglioramento del materiale umano», è rinvenibile in molte culture non solo del passato. In fondo anche alcune attuali ipotesi di «miglioramento», che si basano sulla manipolazione genetica, di fatto non sono altro che modernissime forme di principi eugenetici. Mentre, per quanto riguarda il Novecento, alcuni di questi principi sono documentati e innegabili, per il passato spesso le fonti non sono precise, in qualche caso condizionate da cronisti non sempre obiettivi. A farne le spese, ad esempio, oltre agli Spartani sono anche i Fenici, che per tanto tempo sono stati indicati come popolazione dedita a rituali violenti, basati sul sacrificio dei bambini. Infatti da secoli si sosteneva che i piccoli fossero sacrificati in onore di Molok, considerato una divinità malvagia, che aveva il suo luogo di celebrazione in aree chiamate tofet, dove effettivamente sono stati rinvenuti numerosi resti umani (infantili).
Però, la più recente indagine archeologica ha dimostrato che i tofet erano semplicemente dei luoghi di sepoltura riservati ai bambini. Insomma la scienza ci consente spesso di fare un po’ di chiarezza sui tanti luoghi comuni che contrassegnano molte popolazioni del passato. Genti le cui tradizioni sono state spesso oggetto di totale diffamazione da parte di storici intenzionati a macchiarne la memoria, per motivazioni quasi sempre ideologiche. Motivazioni che certamente non sono finite al tempo degli Spartani e dei Fenici …
Questa apertura di ottimismo giunge da una recente scoperta destinata a scardinare una diffusa credenza che ha attraversato la storiografia antica. Ci riferiamo ai risultati delle indagini archeologiche condotte alle pendici del monte Taigeto dal quale, secondo la tradizione, gli Spartani avrebbero buttato i neonati deformi e deboli. Il Taigeto è parte di una catena montagnosa che si erge nel Peloponneso e separa la Laconia dalla Messenia: Omero definisce «grandissima» questa catena, che gli autori più tardi indicavano, per la sua morfologia, «montagna dalle cinque dita». L’aura di mito che ha accompagnato per tanto tempo il rilievo è stata soprattutto sorretta dal suo ruolo «eugenetico», determinato da princìpi che sembrano barbari agli occhi dell’uomo occidentale contemporaneo. Oggi però, dopo cinque anni di studi, l’antropologo Theodoros Pitsios, dell’università di Atene, assicura che il vasto corpus di resti umani presenti al fondo del precipizio Apothetes, sui contrafforti del Taigeto, e corrispondente all’area che avrebbe dovuto accogliere le vittime, in realtà ha restituito ossa appartenenti ad individui con età compresa tra i 18 e i 35 anni, tutti di sesso maschile. Nel territorio circostante, per un largo raggio, non sono stati rinvenuti resti di neonato. Secondo il professor Pitsios, la leggenda sarebbe quindi totalmente infondata; a sorreggere questa tesi, costruita attraverso l’indagine sul campo, contribuisce anche la carenza di fonti storiche accreditabili. Infatti, le informazioni su questa pratica inumana giunte fino a noi sono rare, scarsamente dettagliate e soprattutto molto tarde. La notizia ha la sua importanza poiché smantella un aspetto della cultura egea che ne ha sempre profondamente marcato negativamente la memoria.
Inoltre, dimostra ulteriormente come le peculiarità di alcune popolazioni del passato siano di fatto frutto di un’enfatizzazione, in questo caso in negativo, dei cronisti. Il rapporto tra Sparta e l’eugenetica ha alimentato un dibattito storico che, ancora oggi, è al centro di discussioni dove spesso a prevalere sono soprattutto i presupposti ideologici. Resta un fatto fondante: il modello eugenetico, coniato da Francis Galton, cugino di Charles Darwin e indicante «la scienza del miglioramento del materiale umano», è rinvenibile in molte culture non solo del passato. In fondo anche alcune attuali ipotesi di «miglioramento», che si basano sulla manipolazione genetica, di fatto non sono altro che modernissime forme di principi eugenetici. Mentre, per quanto riguarda il Novecento, alcuni di questi principi sono documentati e innegabili, per il passato spesso le fonti non sono precise, in qualche caso condizionate da cronisti non sempre obiettivi. A farne le spese, ad esempio, oltre agli Spartani sono anche i Fenici, che per tanto tempo sono stati indicati come popolazione dedita a rituali violenti, basati sul sacrificio dei bambini. Infatti da secoli si sosteneva che i piccoli fossero sacrificati in onore di Molok, considerato una divinità malvagia, che aveva il suo luogo di celebrazione in aree chiamate tofet, dove effettivamente sono stati rinvenuti numerosi resti umani (infantili).
Però, la più recente indagine archeologica ha dimostrato che i tofet erano semplicemente dei luoghi di sepoltura riservati ai bambini. Insomma la scienza ci consente spesso di fare un po’ di chiarezza sui tanti luoghi comuni che contrassegnano molte popolazioni del passato. Genti le cui tradizioni sono state spesso oggetto di totale diffamazione da parte di storici intenzionati a macchiarne la memoria, per motivazioni quasi sempre ideologiche. Motivazioni che certamente non sono finite al tempo degli Spartani e dei Fenici …
«Avvenire» del 20 febbraio 2008
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