L’interpretazione della Cappella degli Scrovegni di Giuliano Pisani rivela un «segreto»
di Arturo Carlo Quintavalle
Lo aveva scritto Roberto Longhi in un saggio rimasto famoso, Giotto spazioso, e lo confermano altri studiosi: Giotto è il pittore che reinventa lo spazio dentro la pittura; e Assisi, ma soprattutto la cappella padovana, sono i luoghi dove questa ricerca si fa più evidente. Ora una scoperta, che si deve a Giuliano Pisani, sembra poter stabilire ancora qualcosa di più su questo tema: fissare la consapevole esperienza di Giotto delle più avanzate teorie della visione. Giotto conosceva le rappresentazioni dello spazio gotico sperimentate dalla scultura in Francia e aveva fatto attente ricerche sugli spazi di cicli affrescati fra IV e VI secolo nelle basiliche paleocristiane di Roma. Ma torniamo a Padova: cosa raccontano, dall’alto al basso, i riquadri affrescati sulle pareti della cappella? Dall’alto le storie di Gioacchino ed Anna, di fronte storie di Maria, quindi quelle della infanzia e della vita pubblica di Cristo; sotto ancora le storie della Passione, Morte e Resurrezione del Cristo. Nel basamento, intervallate da lastre a finto marmo, le Virtù ed i Vizi. Sull’arco di trionfo verso l’abside ecco l’Annunciazione e, in alto, l’Eterno fra angeli. Nella parete d’ingresso, invece, Giotto dipinge il Giudizio Universale con dannati, beati e al culmine gli angeli che arrotolano i cieli alla fine dei tempi. Questa è la macchina narrativa nel suo insieme; ma proprio qui le zone basse sembrano suggerire un particolare insegnamento: le figure affrontate sui due lati della cappella rappresentano nell’ordine Prudenza, Forza, Temperanza, Giustizia seguite da Fede Carità, Speranza. Di fronte stanno i vizi: Stoltezza, Incostanza, Ira, Ingiustizia, Infedeltà, Invidia, Disperazione. Le figure dipinte sembrano evocare le statue ai lati dei fori del mondo antico e suggeriscono una contrapposizione fra le virtù, che il fedele deve praticare, e i vizi, che deve aborrire. È in questo sistema di finte sculture monocrome che si inserisce l’archivolto sulla porta di uscita verso il palazzo. All’estremità di un tralcio all’antica vediamo due clipei, due tondi con figure: alla destra un uomo con bastone nodoso sulla spalla, corpetto di pelliccia, braccia nude; dal lato opposto una figura femminile vista di fronte che indica l’uomo con tre dita della mano destra. Essa reca in capo una corona e dagli occhi le escono due nodosi bastoni. La critica finora non ha saputo interpretare questo particolare. Giuliano Pisani muove dalle teorie della visione dell’antichità per interpretarlo. I raggi partono dagli oggetti, suggerisce Platone nel Timeo; Euclide pensa a raggi visivi che si propagano dall’occhio alle cose e sondano gli oggetti, Alessandro di Afrodisia ritiene la vista un duplice cono e i raggi visivi come bastoni che sondano lo spazio. Questa spiegazione viene ripresa da Avicenna, mentre Alhazen teorizza che i raggi vanno dalle cose all’occhio. Dunque i due bastoni aperti a 180 gradi negli occhi della figura femminile sono i raggi visivi. Il senso dei due clipei fa comprendere l’ammaestramento che gli affreschi dell’intera cappella intendono offrire: prima della conoscenza del messaggio di Cristo l’umanità era selvaggia e cieca come l’uomo alla destra, adesso è la luce della conoscenza, i bastoni cioè i raggi del vedere spirituale che fanno comprendere il vero. Ma la conoscenza è quella della prospettiva; dunque Giotto conosce Avicenna e Alhazen, il modo di proporre lo spazio dai romani al paleocristiano, e le ricerche elaborate dal mondo arabo agli inizi del secolo XI.
Il ciclo padovano per il mercante Enrico Giuliano Pisani, professore di lettere classiche a Padova, è uno studioso della Cappella padovana, capolavoro di Giotto che la affrescò tra il 1303 e il 1305 per il mercante Enrico Scrovegni, sulla quale ha tenuto un convegno nello scorso novembre al Collegio Morgagni. La ricerca illustrata nell’articolo qui sopra è stata pubblicata in questi giorni sul «Bollettino del museo civico» padovano (annata XCV).
« Corriere della Sera» del 21 gennaio 2008
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