di Pietro Ichino
Il debito della sola Regione Lazio, 10 miliardi di euro, è un sesto del debito complessivo delle Regioni italiane. Il suo disavanzo annuale, quasi 1 miliardo, è di gran lunga il più alto. Quando, nel 2006, è improvvisamente emerso l’enorme deficit del suo sistema sanitario, negli anni precedenti mal contabilizzato, Standard&Poor’s ha impietosamente abbassato il rating del Lazio a BBB: il più basso tra quelli assegnati alle Regioni italiane, un livello da terzo mondo. Decenni di amministrazione allegra hanno portato questa Regione ad avere lo stesso numero di dipendenti della Lombardia (che ha una popolazione quasi doppia) con il costo pro capite più alto rispetto a tutte le altre. Ma sono dipendenti molto cagionevoli: in media 32 giorni all’anno di assenze dal lavoro, escluse le ferie: 7 in più rispetto alla media, già di per sé abnorme, dei dipendenti del settore. Record anche per il numero dei dirigenti laziali, uno ogni 10 dipendenti: quasi il doppio della media (già altissima) dello stesso settore; e anche questi con gli stipendi più alti. Che cosa può fare il governatore di una Regione ridotta in questo stato, a parte la cura da cavallo somministrata nell’ultimo anno per ridurre drasticamente il deficit sanitario? Dove può trovare le energie necessarie per voltare credibilmente pagina, la molla necessaria per costringere i propri dirigenti - parlo di quelli degni di questo nome - a riappropriarsi delle loro prerogative e incominciare a esercitarle incisivamente? Una notizia di oggi induce a pensare che, paradossalmente, proprio il fatto di versare nelle condizioni peggiori possa fornire a questa amministrazione i motivi e il coraggio altrimenti difficili da trovare, per dare il colpo di reni che le occorre. Proprio il confronto con le altre, il doversi togliere di dosso la «maglia nera», può darle la spinta necessaria per trasformarsi in un laboratorio d’avanguardia, per sperimentare quanto di meglio si offre su questo terreno nel panorama internazionale. Prima di dare la notizia, prepariamola con un esercizio di immaginazione. Ipotizziamo che il presidente Piero Marrazzo si presenti domattina ai propri cittadini senza promettere alcuna nuova legge, ma la decisione di incominciare ad applicare rigorosamente la legge vigente per garantire il buon andamento dell’amministrazione: una scelta rivoluzionaria! Immaginiamo, dunque, che il presidente annunci il doveroso impegno a riallineare entro due anni il proprio organico dirigenziale alla media delle altre Regioni (ciò che ne comporterà il dimezzamento netto rispetto alle posizioni dirigenziali esistenti a fine 2007), utilizzando gli «ammortizzatori sociali» che la legge gli mette a disposizione; inoltre l’impegno a riallineare alla media, entro lo stesso biennio, anche il tasso annuale delle assenze dei suoi dipendenti, riducendolo di 12 giorni. Questi obbiettivi - prosegue il presidente in questo sperato «domattina» - , facilmente misurabili e controllabili, con le loro scadenze precise, verranno assegnati al segretario generale, con indicazione del livello minimo al di sotto del quale egli sarà considerato inadempiente, e pertanto rimosso, nonché dei risultati ulteriori per i quali invece otterrà un premio; gli stessi obbiettivi e gli stessi incentivi saranno poi distribuiti con lo stesso sistema ai dirigenti apicali dei diversi comparti e via via ai responsabili di ciascuna area o ufficio; una parte dei risparmi conseguiti sarà destinata a premiare la parte più efficiente e produttiva delle strutture e dei dipendenti. Poi, un altro esperimento, che riprende una delle previsioni più innovative contenute nel Memorandum sul pubblico impiego stipulato proprio un anno fa tra governo, Cgil, Cisl e Uil: dove la Regione eroga direttamente servizi ai cittadini, saranno gli utenti stessi a valutarne la qualità di volta in volta; e dalla loro valutazione dipenderà il premio di risultato agli addetti. Ipotizziamo, infine, che il presidente annunci un’altra misura «pericolosissima» per le inerzie burocratiche: la trasparenza totale, garantita da un analista del tutto indipendente, posto a capo del Nucleo di Valutazione regionale, magari - perché no? - reclutato tra i migliori esperti di audit pubblico operanti in un Paese nordico all’avanguardia in questo settore. L’intera cittadinanza avrà accesso diretto, via Internet, all’archivio digitale dell’amministrazione e potrà misurare e valutare «in tempo reale» tutto quanto in essa accade; verranno messi in rete giorno per giorno e resi facilmente leggibili tutti i dati sui passi avanti compiuti nel ridimensionamento degli organici dirigenziali, nel superamento della duplicazione di aree funzionali, nella riduzione dei tassi di assenteismo anomali, nel miglioramento della qualità dei servizi, comparto per comparto, ufficio per ufficio. Proviamo a pensare a un presidente della Regione che mette in gioco su questi impegni precisi, misurabili, verificabili giorno per giorno, ufficio per ufficio, l’intera sua posizione e credibilità politica, bruciandosi i ponti alle spalle: i cittadini potranno vedere con i propri occhi, in corso d’opera, quali obiettivi verranno raggiunti e quali no, chi sono i dirigenti che non li hanno raggiunti e se sono stati rimossi davvero; dati alla mano potranno chiederne conto al presidente e alla sua giunta e mandarli a casa se non saranno soddisfatti della risposta. Finito di sognare? Ecco allora la notizia: questo, a grandi linee, è il progetto che il Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare dell’Università di Milano ha elaborato, in esecuzione di un incarico conferitogli l’anno scorso dal presidente della Regione Lazio, e che verrà presentato lunedì prossimo a Roma, in una conferenza stampa promossa dalla Regione stessa. Lunedì si saprà se il presidente intende davvero farlo suo fino in fondo. I cittadini del Lazio sono avvertiti. Certo, quei quattro esperimenti-pilota di cui il progetto si compone, anche se avranno successo, non risolveranno se non una parte relativamente piccola dei mali che affliggono la Regione Lazio; ma costituiranno un primo passo importantissimo nella direzione giusta. E se i media faranno bene il loro mestiere, valorizzando al massimo l’accessibilità totale dei dati e facendo sentire il fiato dell’opinione pubblica sul collo ai politici e al management regionale, questi saranno incoraggiati, se non addirittura costretti, a proseguire su quella strada. Se poi l’applicazione incisiva di questo metodo del riallineamento delle amministrazioni peggiori alle migliori omologhe (cioè di quel benchmarking comparativo di cui Luca Ricolfi ha magistralmente descritto i potenziali effetti dirompenti sulla Stampa del 19 gennaio) farà della Regione «maglia nera» un modello per tutte le altre, ciò potrebbe, in un momento buio come questo che le nostre istituzioni pubbliche stanno attraversando, aprire prospettive davvero straordinarie.
«Corriere della Sera» del 31 gennaio 2008
Nessun commento:
Posta un commento