Aumentano i neuroni nell’ippocampo e, parallelamente, cresce la capacità a far di conto
Di Giuseppe Remuzzi
Di Giuseppe Remuzzi
Ricerca Usa: chi fa più attività fisica studia meglio. Più movimento, più BDNF, una proteina che arricchisce il cervello
«Fatti furbo, fai esercizio per il cuore, fa bene al cervello e migliora le tue capacità di capire». E’il titolo di un lavoro appena pubblicato su Nature Neuroscience che prende in esame tutte le evidenze disponibili. Si sa da anni che animali costretti a muoversi apprendono più facilmente e hanno più memoria. Adesso si comincia a capire che è così anche per l’uomo. Risonanza magnetica ed elettroencefalogramma vanno d’accordo nel far vedere che in chi fa attività fisica si attivano le aree del cervello che presiedono ai processi cognitivi (corteccia prefrontale e corteccia cingolata parietale posteriore quando si legge, e regioni del solco intraparietale e corteccia pre-frontale per la matematica). Uno studio fatto in California qualche anno fa ha fatto vedere che se i ragazzi fanno regolarmente esercizio fisico a scuola vanno meglio, in matematica per esempio, ma anche per le altre attività, e c’è più capacità di concentrazione. Qualcuno ha voluto vederci chiaro. Possibile che ci sia davvero un rapporto fra capacità di «far di conto» e esercizio fisico? La capacità di affrontare problemi matematici dipende sia nei bambini che negli adulti dal solco intraparietale, ma nei bambini serve anche un’altra area del cervello, la corteccia prefrontale destra nella sua parte dorsolaterale. Dal momento che se uno fa attività fisica si attiva la regione frontoparietale del cervello, era logico mettere in rapporto queste due attività e s’è fatto in diversi studi, due anche molto recenti. Con misure precise effettuate dall’Università dell’Illinois nel 2007 su 259 ragazzi dai 6 ai 14 anni, s’è visto che l’attività fisica migliorava i risultati della scuola in generale, e non solo, più si faceva attività fisica migliori erano i risultati raggiunti in matematica. A questo punto uno vorrebbe sapere il perché. E spiegazioni ce ne sono, diverse. Forse è perché arriva più sangue al cervello in particolare all’ippocampo che vuol dire più capacità di apprendere e più memoria. E’probabile che più sangue al cervello serva a formare nuove cellule nervose e nuove connessioni fra i neuroni. Per andare più a fondo servivano studi che aiutassero a capire cosa succede davvero nel cervello di chi fa attività fisica. Questo nell’uomo non si poteva fare e s’è fatto negli animali. Gli scienziati hanno visto che nei roditori l’esercizio fisico aumenta il numero dei neuroni dell’ippocampo, non solo, ma i neonati di madri che hanno fatto dell’esercizio durante la gravidanza hanno più cellule nervose (nell’ippocampo) di quanto non succeda ai neonati di madri che in gravidanza si muovevano poco. E’possibile che tutto, o molto, dipenda da un fattore neurotrofico, i medici lo chiamano con la sigla BDNF (brain-derived neurotrophic factor). Questo fattore si produce proprio nell’ippocampo ed è capace di far crescere le cellule nervose e prolungarne la sopravvivenza. Scienziati di Los Angeles, hanno documentato che l’attività fisica negli animali aumenta l’espressione del gene che forma questa proteina e così si trova più BDNF nel sangue e nel cervello. E’così anche nell’uomo? Sì, anche nell’uomo i livelli di BDNF nel siero aumentano dopo l’esercizio fisico. Ma che rapporto c’è fra quantità di sangue in certe zone del cervello e numero di neuroni? Le cellule del cervello che si moltiplicano hanno bisogno di più nutrienti e questo stimola la crescita di nuovi vasi sanguigni. I vasi si formano in rapporto alla presenza di molecole capaci di stimolare l’angiogenesi come VEGF (vascular endothelial growth factor 1) e IGF1 (insulin-like growth factor 1). Questo è stato dimostrato sperimentalmente, se uno mette VEGF o IGF1 nel cervello degli animali si formano nuovi vasi. L’esercizio fisico fa formare anche nuovi vasi sanguigni attraverso la produzione di VEGF e IGF1. Tutte insieme queste ricerche dimostrano che l’esercizio migliora le capacità cognitive perché libera sostanze capaci di far formare nuovi neuroni e migliorare l’architettura del cervello. Ma quanto deve essere intensa l’attività fisica? E quanto spesso ci si deve muovere e per quanto tempo? E poi, non è mai troppo tardi (per cominciare un programma di attività fisica)? Forse no. E gli effetti devastanti delle malattie neurodegenerative si possono attenuare con l’attività fisica? Forse sì.
«Corriere della Sera» del 19 gennaio 2008
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