di Debora Donnini
Gli ebrei di Alsazia e Lorena non hanno certo un buon ricordo della rivoluzione francese del 1789. Lo ricorda anche René Gutman, attuale gran rabbino di Strasburgo, tracciando un profilo del gran rabbino David Sintzheim, presidente del Gran Sinedrio all’epoca di Napoleone. I giacobini compirono in quelle regioni stragi e saccheggi analoghi a quelli contro i cristiani. E le sinagoghe, come le chiese, vennero devastate. L’intolleranza dei tolleranti, di cui naturalmente nei nostri manuali di filosofia non c’è traccia. Un esempio per tutti? Il padre della Tolleranza per eccellenza, Voltaire, scriveva queste parole a proposito del popolo ebraico: “Non troverete in loro che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono”. È quantomeno interessante scoprire, nei molti articoli loro dedicati nel Dizionario filosofico e in vari Dialoghi, quanto livore l’autore del Candide nutra verso gli ebrei. A mettere in luce il suo atteggiamento ostile - e non solo il suo - nei confronti del popolo ebraico è stato lo storico Leon Poliakov nella celebre Storia dell’Antisemitismo. Il campo è però più ampio. Attilio Milano nella Storia degli ebrei in Italia nota come nonostante gli illuministi professassero una salda volontà di lotta contro l’oscurantismo e l’intolleranza, “non tutti seppero liberarsi dai vecchi preconcetti ed esprimere un giudizio equanime sulla questione ebraica”. E qui l’autore cita esplicitamente Montesquieu, D’Alembert e - udite, udite - proprio Voltaire. Insomma, praticamente tre fra i più famosi illuministi francesi. Voltaire se la prende contro i riti e le tradizioni di questo popolo: “Ricordo bene che ci sono molti paesi, tra cui quello dei giudei, in cui talvolta gli uomini vengono mangiati gli uni dagli altri”, dice il Cappone in uno dei Dialoghi di Voltaire. E la Pollastra gli risponde: “Passi per questo. È giusto che una specie così perversa divori se stessa e che la terra venga purificata da questa razza”. Se queste affermazioni non sono sufficienti ve ne sono altre in cui Voltaire si scaglia contro la fede nei miracoli del Vecchio Testamento oppure quando li definisce “i più rozzi tra gli asiatici”. Si sa molto bene quanto il celebre illuminista abbia attaccato la Chiesa, eppure non sembra sia stato più tenero verso gli ebrei: ovviamente il suo obbiettivo era la lotta a tutto ciò che lui non poteva comprendere e che, quindi, bollava come intolleranza. Solo in un determinato periodo della sua vita cambiò atteggiamento, come mette in evidenza Poliakov. E cioè quando andò in esilio a Londra. Poi mutò nuovamente quando si dedicò all’attività finanziaria “riversando su questi capri espiatori la riprovazione che aveva per se stesso”. Nonostante l’atteggiamento ostile che molti illuministi mostrarono nei loro confronti, gli ebrei francesi più laici apprezzarono comunque il filosofo illuminista per la sua presunta lotta all’intolleranza senza sospettare che, come spiega ancora Poliakov, lo schiacciamento di quella che Voltaire definiva “l’Infame” preluderà a stragi ben più vaste. È forse necessario, quindi, rivedere la tesi secondo cui la Chiesa cattolica sarebbe dietro ogni forma di antisemitismo e riflettere su quanto ha detto lo storico ebreo Michael Tagliacozzo (cit. da Antonio Gaspari, Gli ebrei salvati da Pio XII, ed. Logos, Roma, 2001): “Per capire l’essenza dell’antisemitismo bisogna riflettere su una frase che Hitler pronunciò durante una conversazione a tavola: “Odio gli ebrei perché hanno dato al mondo quell’uomo Gesù”. D’altronde, Voltaire stesso riconosce il profondo legame fra ebrei e cristiani”. L’odio agli ebrei è andato spesso di pari passo con quello ai cristiani. Molte volte l’uno preparava all’altro. Ecco perché fa riflettere che Solovev concluda il suo Breve racconto sull’Anticristo con la sconfitta del male tramite un’alleanza fra ebrei e cristiani.
«Tempi» del 12 aprile 2001
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