di Andrea Lavazza
Il loro libro, uscito a febbraio, ha fatto rumore nel mondo anglosassone. E probabilmente lo farà in Italia, dove la traduzione è annunciata per metà aprile. D’altra parte, un titolo come "Gli errori di Darwin" sembra fatto apposta per suscitare contrapposizioni. Lo scopo gli autori l’hanno espresso chiaramente in un articolo pubblicato sulla rivista "New Scientist", in cui sintetizzano i contenuti del volume (in uscita per Feltrinelli): la selezione naturale ha mostrato un’insidiosa tendenza imperialistica, le sue spiegazioni ex-post si sono diffuse dalla biologia a un ampio numero di altre discipline, dalla filosofia alla psicologia, dall’antropologia alla sociologia, fino all’estetica e persino alla teologia; quindi, se si demolisce l’efficacia della selezione in biologia, cadrà anche la possibilità di utilizzarla (a sproposito, ritengono) in altre discipline.
Loro, il noto filosofo Jerry Fodor e lo scienziato cognitivo Massimo Piattelli Palmarini, tengono a precisare di essere atei e di non volere dare armi ai creazionisti o ai sostenitori del disegno intelligente. Ma pensano che ciò contribuisca al progresso della scienza, offrendo migliori spiegazioni, rigorosamente naturalistiche. Difficile non concordare sulle spesso generiche o infondate applicazioni del concetto di adattamento all’apprezzamento dell’arte, ai comportamenti matrimoniali o alle credenze religiose. Più controversa la tesi che altri meccanismi debbano rimpiazzare del tutto la selezione come motore dell’evoluzione. E meno facile di quanto dicano critici e sostenitori dell’ultim’ora entrare nel dibattito, piuttosto complesso, come peraltro il libro, non certo un pamphlet di semplice lettura. Quale dunque la tesi di Fodor e Piattelli Palmarini? Che l’evoluzione (cioè il mutamento delle forme viventi) non funzioni come l’ortodossia darwiniana pensa.
Semplificando, nella riproduzione degli organismi avvengono degli errori di copiatura dei geni che portano a mutazioni fenotipiche, ovvero a cambiamenti nei caratteri fisici (o anche nei comportamenti). Alcune nuove caratteristiche permettono agli individui che ne sono dotati di meglio sopravvivere nel proprio habitat e, soprattutto, di riprodursi maggiormente, altre invece rendono un pessimo servizio (una gazzella più veloce si salverà dal leone, una più lenta finirà sempre mangiata). In questo senso, l’ambiente seleziona la più adatta tra le variazioni casuali e le specie evolvono. Niente, o quasi, di tutto questo, affermano invece gli autori. Non è l’ambiente a guidare il mutamento, sono vincoli interni di altro tipo, tra cui il funzionamento dei "geni maestri" (che comandano molte strutture dell’organismo), le leggi fisico-chimiche della forma e dell’auto-organizzazione… Per usare un esempio proposto da Piattelli Palmarini, nel fringuello una mutazione che altera la forma della metà superiore del becco produce cambiamenti congruenti nelle ossa del cranio, nella parte inferiore del becco, nei muscoli del collo e nei nervi. Ciò, in altre parole, impedirebbe di «selezionare e affinare separatamente ogni organo o tratto per il gioco cieco della natura». Le critiche alla critica non si sono fatte attendere. E non solo dai pasdaran del darwinismo. Su "Nature", una stroncatura "istituzionale" di Massimo Pigliucci. Michael Ruse, uno degli studiosi più noti dell’evoluzionismo, che si è confrontato con i fautori del disegno intelligente, ha parlato di «libro intensamente irritante» e di «cattivissimi argomenti».
Due filosofi e scienziati cognitivi del calibro di Ned Block e Philip Kitcher hanno cercato di demolire nel dettaglio le posizioni di Fodor e Piattelli Palmarini concludendo che, fatto salvo il rispetto per le loro opere precedenti, "Gli errori di Darwin", malgrado l’imponente letteratura citata, si basa su errori e distorsioni ed è destinato a creare confusione. «La scienza dai tempi di Darwin ha fatto notevoli progressi e sicuramente vi sono state invasioni di campo dell’evoluzionismo, ma ciò non scredita il principio generale della selezione naturale», commenta Francesco Scalfari del polo universitario di Asti, tra i fondatori della Società italiana di biologia evoluzionistica. «Il meccanismo della "exaptation" studiato da Gould e citato nel libro è ben noto: non costituisce una rivoluzione, ma un’ulteriore spiegazione nella concretezza della storia naturale».
Assai prudente anche Fiorenzo Facchini, paleoantropologo dell’Università di Bologna, contrario al fondamentalismo evoluzionista, ma non disposto a gettare tutto Darwin alle ortiche. Qualcuno ha parlato di «teoria evoluzionistica estesa», gli autori hanno replicato di volere invece operare «un vero capovolgimento». Per un singolo libro, che si basa soltanto su una rilettura di alcune ricerche, forse un obiettivo troppo ambizioso. Ma se le conquiste della scienza sono per definizione sempre rivedibili, anche l’attuale ortodossia darwiniana potrà subire ulteriori aggiustamenti nel tempo. E tutto ciò si farà sul campo, non con polemiche superficiali.
Loro, il noto filosofo Jerry Fodor e lo scienziato cognitivo Massimo Piattelli Palmarini, tengono a precisare di essere atei e di non volere dare armi ai creazionisti o ai sostenitori del disegno intelligente. Ma pensano che ciò contribuisca al progresso della scienza, offrendo migliori spiegazioni, rigorosamente naturalistiche. Difficile non concordare sulle spesso generiche o infondate applicazioni del concetto di adattamento all’apprezzamento dell’arte, ai comportamenti matrimoniali o alle credenze religiose. Più controversa la tesi che altri meccanismi debbano rimpiazzare del tutto la selezione come motore dell’evoluzione. E meno facile di quanto dicano critici e sostenitori dell’ultim’ora entrare nel dibattito, piuttosto complesso, come peraltro il libro, non certo un pamphlet di semplice lettura. Quale dunque la tesi di Fodor e Piattelli Palmarini? Che l’evoluzione (cioè il mutamento delle forme viventi) non funzioni come l’ortodossia darwiniana pensa.
Semplificando, nella riproduzione degli organismi avvengono degli errori di copiatura dei geni che portano a mutazioni fenotipiche, ovvero a cambiamenti nei caratteri fisici (o anche nei comportamenti). Alcune nuove caratteristiche permettono agli individui che ne sono dotati di meglio sopravvivere nel proprio habitat e, soprattutto, di riprodursi maggiormente, altre invece rendono un pessimo servizio (una gazzella più veloce si salverà dal leone, una più lenta finirà sempre mangiata). In questo senso, l’ambiente seleziona la più adatta tra le variazioni casuali e le specie evolvono. Niente, o quasi, di tutto questo, affermano invece gli autori. Non è l’ambiente a guidare il mutamento, sono vincoli interni di altro tipo, tra cui il funzionamento dei "geni maestri" (che comandano molte strutture dell’organismo), le leggi fisico-chimiche della forma e dell’auto-organizzazione… Per usare un esempio proposto da Piattelli Palmarini, nel fringuello una mutazione che altera la forma della metà superiore del becco produce cambiamenti congruenti nelle ossa del cranio, nella parte inferiore del becco, nei muscoli del collo e nei nervi. Ciò, in altre parole, impedirebbe di «selezionare e affinare separatamente ogni organo o tratto per il gioco cieco della natura». Le critiche alla critica non si sono fatte attendere. E non solo dai pasdaran del darwinismo. Su "Nature", una stroncatura "istituzionale" di Massimo Pigliucci. Michael Ruse, uno degli studiosi più noti dell’evoluzionismo, che si è confrontato con i fautori del disegno intelligente, ha parlato di «libro intensamente irritante» e di «cattivissimi argomenti».
Due filosofi e scienziati cognitivi del calibro di Ned Block e Philip Kitcher hanno cercato di demolire nel dettaglio le posizioni di Fodor e Piattelli Palmarini concludendo che, fatto salvo il rispetto per le loro opere precedenti, "Gli errori di Darwin", malgrado l’imponente letteratura citata, si basa su errori e distorsioni ed è destinato a creare confusione. «La scienza dai tempi di Darwin ha fatto notevoli progressi e sicuramente vi sono state invasioni di campo dell’evoluzionismo, ma ciò non scredita il principio generale della selezione naturale», commenta Francesco Scalfari del polo universitario di Asti, tra i fondatori della Società italiana di biologia evoluzionistica. «Il meccanismo della "exaptation" studiato da Gould e citato nel libro è ben noto: non costituisce una rivoluzione, ma un’ulteriore spiegazione nella concretezza della storia naturale».
Assai prudente anche Fiorenzo Facchini, paleoantropologo dell’Università di Bologna, contrario al fondamentalismo evoluzionista, ma non disposto a gettare tutto Darwin alle ortiche. Qualcuno ha parlato di «teoria evoluzionistica estesa», gli autori hanno replicato di volere invece operare «un vero capovolgimento». Per un singolo libro, che si basa soltanto su una rilettura di alcune ricerche, forse un obiettivo troppo ambizioso. Ma se le conquiste della scienza sono per definizione sempre rivedibili, anche l’attuale ortodossia darwiniana potrà subire ulteriori aggiustamenti nel tempo. E tutto ciò si farà sul campo, non con polemiche superficiali.
«Avvenire» del 1 aprile 2010
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