di Assuntina Morresi
L’aborto in clinica privata al 20% di sconto per giovani dai quattordici fino ai trent’anni, accanto alle riduzioni sui biglietti del cinema, o l’acquisto di capi di abbigliamento. Il tutto grazie a una «carta servizi » regionale – un’iniziativa istituzionale, quindi – pubblicizzata con lo slogan «Usala per tutto». Aborto compreso.
È quanto accade nella regione spagnola dell’Andalusia, ma non ci si deve stupire: se l’aborto è considerato un atto individuale privato, una scelta personale che riguarda solo chi la fa, se è una delle tante prestazioni sanitarie che normalmente una donna può richiedere, non possiamo sorprenderci di trovare gli interventi nella lista dei servizi convenzionati per i giovani, a prezzi stracciati.
È l’esito ultimo della banalizzazione dell’aborto, l’estremo tentativo di farlo scomparire dalla scena pubblica: mimetizzarlo fra i tanti servizi offerti dal mercato, una prestazione medica cui è normale dover ricorrere qualche volta nella vita, una situazione giusto un po’ antipatica, come una visita dal dentista, o la prima volta delle lenti a contatto, ma nient’altro. Non si riconosce la soppressione di una vita umana, ma non vale neanche più la retorica stantìa dell’aborto come 'diritto': siamo di fronte a qualcosa a metà strada tra un consiglio per gli acquisti e i saldi di fine stagione, alla portata di tutte le tasche.
In Italia per ora una carta sconti di questo tipo non può esistere: la legge 194 vieta le interruzioni di gravidanza a pagamento in cliniche private e permette solo l’aborto di Stato, espressione assai sgradevole con la quale però sono state almeno risparmiate al nostro Paese le catene di cliniche private specializzate in aborti, che in Spagna 'producono' il 98% delle interruzioni di gravidanza. Impossibile far prevenzione se qualcuno guadagna sugli aborti, che anche per questo in Italia – situazione pressoché unica in Occidente – sono diminuiti nel corso del tempo: da noi, almeno, non c’è possibilità di lucrare su una situazione tanto dolorosa, mentre c’è – dovrebbe esserci – ancora spazio per parlare, riflettere e – magari – ripensarci. Uno spazio che certamente si deve sfruttare molto più di quanto accaduto sinora. E che purtroppo una gestione irresponsabile della pillola abortiva Ru486 appena introdotta potrebbe compromettere, con esiti devastanti.
Per ironia della sorte, nell’elenco degli enti andalusi che offrono convenzioni ai giovani, la clinica abortista viene appena prima di un istituto per la nutrizione, con riduzioni su programmi di prevenzione dell’obesità, dove però – si precisa – i minori di 18 anni si possono presentare solo col consenso dei genitori. Consenso non richiesto per l’aborto nella Spagna di Zapatero se si hanno almeno 16 anni: i genitori hanno voce in capitolo solo se serve una dieta. Gli sconti sull’aborto, ma anche l’asta per gli ovociti in Gran Bretagna, lo stoccaggio di embrioni congelati, l’affitto degli uteri... Il lessico del commercio ha sfondato nel campo della maternità – quella voluta a ogni costo come quella negata – nel nuovo suk globale dell’umano in cui tutto ciò che si desidera può essere comprato. Prendere o buttare: è solo una faccenda di scelta individuale, insindacabile, pure a prezzi scontati. Ma quale sarà, alla fine, il conto da pagare?
È quanto accade nella regione spagnola dell’Andalusia, ma non ci si deve stupire: se l’aborto è considerato un atto individuale privato, una scelta personale che riguarda solo chi la fa, se è una delle tante prestazioni sanitarie che normalmente una donna può richiedere, non possiamo sorprenderci di trovare gli interventi nella lista dei servizi convenzionati per i giovani, a prezzi stracciati.
È l’esito ultimo della banalizzazione dell’aborto, l’estremo tentativo di farlo scomparire dalla scena pubblica: mimetizzarlo fra i tanti servizi offerti dal mercato, una prestazione medica cui è normale dover ricorrere qualche volta nella vita, una situazione giusto un po’ antipatica, come una visita dal dentista, o la prima volta delle lenti a contatto, ma nient’altro. Non si riconosce la soppressione di una vita umana, ma non vale neanche più la retorica stantìa dell’aborto come 'diritto': siamo di fronte a qualcosa a metà strada tra un consiglio per gli acquisti e i saldi di fine stagione, alla portata di tutte le tasche.
In Italia per ora una carta sconti di questo tipo non può esistere: la legge 194 vieta le interruzioni di gravidanza a pagamento in cliniche private e permette solo l’aborto di Stato, espressione assai sgradevole con la quale però sono state almeno risparmiate al nostro Paese le catene di cliniche private specializzate in aborti, che in Spagna 'producono' il 98% delle interruzioni di gravidanza. Impossibile far prevenzione se qualcuno guadagna sugli aborti, che anche per questo in Italia – situazione pressoché unica in Occidente – sono diminuiti nel corso del tempo: da noi, almeno, non c’è possibilità di lucrare su una situazione tanto dolorosa, mentre c’è – dovrebbe esserci – ancora spazio per parlare, riflettere e – magari – ripensarci. Uno spazio che certamente si deve sfruttare molto più di quanto accaduto sinora. E che purtroppo una gestione irresponsabile della pillola abortiva Ru486 appena introdotta potrebbe compromettere, con esiti devastanti.
Per ironia della sorte, nell’elenco degli enti andalusi che offrono convenzioni ai giovani, la clinica abortista viene appena prima di un istituto per la nutrizione, con riduzioni su programmi di prevenzione dell’obesità, dove però – si precisa – i minori di 18 anni si possono presentare solo col consenso dei genitori. Consenso non richiesto per l’aborto nella Spagna di Zapatero se si hanno almeno 16 anni: i genitori hanno voce in capitolo solo se serve una dieta. Gli sconti sull’aborto, ma anche l’asta per gli ovociti in Gran Bretagna, lo stoccaggio di embrioni congelati, l’affitto degli uteri... Il lessico del commercio ha sfondato nel campo della maternità – quella voluta a ogni costo come quella negata – nel nuovo suk globale dell’umano in cui tutto ciò che si desidera può essere comprato. Prendere o buttare: è solo una faccenda di scelta individuale, insindacabile, pure a prezzi scontati. Ma quale sarà, alla fine, il conto da pagare?
«Avvenire» del 10 aprile 2010
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