10 aprile 2010

Nel suk dell'umano arriva anche l'aborto in saldo

di Assuntina Morresi
L’aborto in clinica privata al 20% di scon­to per giovani dai quattordici fino ai trent’anni, accanto alle riduzioni sui bigliet­ti del cinema, o l’acquisto di capi di abbi­gliamento. Il tutto grazie a una «carta servi­zi » regionale – un’iniziativa istituzionale, quindi – pubblicizzata con lo slogan «Usala per tutto». Aborto compreso.
È quanto accade nella regione spagnola del­l’Andalusia, ma non ci si deve stupire: se l’a­borto è considerato un atto individuale pri­vato, una scelta personale che riguarda solo chi la fa, se è una delle tante prestazioni sa­nitarie che normalmente una donna può ri­chiedere, non possiamo sorprenderci di tro­vare gli interventi nella lista dei servizi con­venzionati per i giovani, a prezzi stracciati.
È l’esito ultimo della banalizzazione dell’a­borto, l’estremo tentativo di farlo scompari­re dalla scena pubblica: mimetizzarlo fra i tanti servizi offerti dal mercato, una presta­zione medica cui è normale dover ricorrere qualche volta nella vita, una situazione giu­sto un po’ antipatica, come una visita dal dentista, o la prima volta delle lenti a con­tatto, ma nient’altro. Non si riconosce la sop­pressione di una vita umana, ma non vale neanche più la retorica stantìa dell’aborto come 'diritto': siamo di fronte a qualcosa a metà strada tra un consiglio per gli ac­quisti e i saldi di fine stagione, alla portata di tutte le tasche.
In Italia per ora una carta sconti di questo tipo non può esistere: la legge 194 vieta le in­terruzioni di gravi­danza a pagamento in cliniche private e per­mette solo l’aborto di Stato, espressione as­sai sgradevole con la quale però sono state almeno risparmiate al nostro Paese le cate­ne di cliniche private specializzate in abor­ti, che in Spagna 'producono' il 98% delle in­terruzioni di gravidanza. Impossibile far pre­venzione se qualcuno guadagna sugli abor­ti, che anche per questo in Italia – situazio­ne pressoché unica in Occidente – sono di­minuiti nel corso del tempo: da noi, alme­no, non c’è possibilità di lucrare su una si­tuazione tanto dolorosa, mentre c’è – do­vrebbe esserci – ancora spazio per parlare, ri­flettere e – magari – ripensarci. Uno spazio che certamente si deve sfruttare molto più di quanto accaduto sinora. E che purtroppo una gestione irresponsabile della pillola a­bortiva Ru486 appena introdotta potrebbe compromettere, con esiti devastanti.
Per ironia della sorte, nell’elenco degli enti andalusi che offrono convenzioni ai giova­ni, la clinica abortista viene appena prima di un istituto per la nutrizione, con riduzioni su programmi di prevenzione dell’obesità, do­ve però – si precisa – i minori di 18 anni si pos­sono presentare solo col consenso dei geni­tori. Consenso non richiesto per l’aborto nel­la Spagna di Zapatero se si hanno almeno 16 anni: i genitori hanno voce in capitolo so­lo se serve una dieta. Gli sconti sull’aborto, ma anche l’asta per gli ovociti in Gran Bretagna, lo stoccaggio di embrioni congelati, l’affitto degli uteri... Il lessico del commercio ha sfondato nel cam­po della maternità – quella voluta a ogni co­sto come quella negata – nel nuovo suk glo­bale dell’umano in cui tutto ciò che si desi­dera può essere comprato. Prendere o but­tare: è solo una faccenda di scelta indivi­duale, insindacabile, pure a prezzi scontati. Ma quale sarà, alla fine, il conto da pagare?
«Avvenire» del 10 aprile 2010

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