Caso Polanski, ovvero quando l'«estetico» prevale sull'«etico»
di Pierluigi Battista
I messaggi di solidarietà a Roman Polanski, arrestato in Svizzera per aver violentato una ragazzina oltre trent'anni fa, avrebbero suscitato il disappunto di Kierkegaard: è l'«estetico» che prevale sull'«etico», le ragioni dell'arte che soppiantano quelle della vita (e della morte), la sregolatezza del genio che gode di un' impunità sconosciuta nelle leggi che regolano l'ordinaria esistenza degli uomini comuni. Si riaffaccia una concezione larvatamente superomistica dell'artista: per lui le leggi di tutti non valgono, la sua sfera angelicata viene considerata immune dai dilemmi morali che tormentano la coscienza dell'umanità inchiodata alla sua angusta normalità. Colpirlo diventa sopraffazione, meschina ritorsione nei confronti di un genio. Un capolavoro come Rosemary's Baby non vale forse il prezzo di una lontana nefandezza? Un tempo i modelli dell' eccezionalità erano re, condottieri, tiranni. Il Raskolnikov di Dostoevskij si arrogava il diritto di sopprimere una sordida usuraia nel nome di un destino superiore come quello di Napoleone. Oggi è ai personaggi dell'arte, della letteratura, del cinema, della musica pop, della televisione che si assegnano i privilegi di una zona franca morale. Nessuno, dopo la morte di Michael Jackson, ha avuto il cattivo gusto di ricordare che non è mai stato chiarito cosa accadesse ai bambini chiamati nell'incantesimo di Neverland. Ci appare patetico l'appello di una Ong messicana che ha denunciato Gabriel Garcia Márquez perché nella «Memoria delle mie puttane tristi» lo scrittore tesse l'«apologia della prostituzione infantile» e «mette a rischio tutti i bambini poveri dell'America Latina». Persino la spettacolare confessione di David Letterman sulle sue relazioni sessuali con le collaboratrici dello show ha suscitato il divertimento del pubblico in sala, come ha raccontato Aldo Grasso, ma non ha infiammato la curiosità pubblica (che anzi, trattandosi di un uomo al di sopra della norma, sarebbe apparsa inopportuna e molesta) sul senso di umiliazione patito in quei momenti dalla moglie del geniale conduttore e dal figlio di sei anni. È come se, nell'esclusivo empireo di chi gode di una superiore vita «estetica», gli standard dell'ordinario comportamento morale svanissero in uno stato di benevola sospensione. L'odierna concitazione antipedofila non arriva al punto di macchiare la memoria di Pasolini, a cui sono perdonati comportamenti che nel caso di un uomo ordinario l' opinione pubblica considererebbe riprovevoli. E lo stato di grazia estetica di Polanski può risultare infinitamente più meritevole di attenzione del trauma subito da una povera tredicenne drogata e violentata. L'Arte non ammette le limitazioni della Legge e la morale applicata erga omnes. Tranne a chi abita nell'empireo del genio (e della notorietà).
«Corriere della Sera» del 5 ottobre 2009
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