In Francia divampa la polemica. Pierre Chaunu, insigne storico e docente alla Sorbona, getta benzina sul fuoco: «La Rivoluzione francese ha provocato più morti della Prima Guerra Mondiale... e per i cattolici fu un tempo di crudele persecuzione». «La Vandea non fu un semplice massacro, ma un tentativo di genocidio. Non capisco perché i cattolici di oggi non siano al fianco di quelli perseguitati nella storia e soprattutto sotto la Rivoluzione francese»
di Stefano M. Paci
«Chaunu è un ottimo storico, ma da quando Mitterrand è andato al potere è diventato un propagandista dell’estrema destra» sibila sprezzante Max Gallo ex ministro e portavoce del presidente della Repubblica. «Gallo ha scritto un pamphlet mediocre ed insultante, totalmente ridicolo e stupido. La storia è un’altra cosa» replica a sua volta il destinatario, Pierre Chaunu. Questi poco eleganti «colpi di fioretto» sono solo alcune battute del violentissimo scontro tutto francese tra ammiratori e avversari della Rivoluzione del 1789. Tutto è cominciato alla televisione francese durante la trasmissione «Apostrophes» — un programma letterario dagli straordinari indici d’ascolto — dove Pierre Chaunu, professore di Storia Moderna alla Sorbonne e membro dell’«Institut de France», era stato invitato per rispondere a Max Gallo, autore di una Lettera aperta a Robespierre nella quale difendeva a spada tratta la Rivoluzione. La conseguenza del vivace contrasto tra i due fu che il dibattito sulla Rivoluzione, di cui si preparano le celebrazioni per il 1989, è passato dalle pagine interne agli editoriali dei giornali, sollevando un putiferio che non accenna a calmarsi. Pierre Chaunu, per nulla intimidito, dai suo minuscolo ufficio della Sorbonne getta benzina sul fuoco.
Professore, mancano ancora due anni alle celebrazioni del Bicentenario della Rivoluzione francese. Come mai lei si è gettato a capofitto in queste polemiche?
PIERRE CHAUNU: Sa, la storia della Rivoluzione francese è sempre stata, fin dal suo inizio, costellata di polemiche. Ma quelle attuali non le ho volute io, vi sono stato reclutato indirettamente. Sono state iniziate da persone che, con ingenti mezzi finanziari, hanno tentato di monopolizzare il dibattito, e pretendevano che l’attuale regime socialista preparasse con quasi dieci anni di anticipo le celebrazioni della Rivoluzione francese. Fu proprio Mitterand, nel 1981, a parlare della sua elezione come di una storica «rottura» con il passato, e a dire che, di conseguenza, occorreva celebrare in grande quella «rottura» per eccellenza che era stata la Rivoluzione.
E cosa c’è che non le piace?
CHAUNU: Primo, non esistono «rotture» benefiche e questa maniera di utilizzare la storia non mi va proprio giù. Poi il governo socialista ha fatto spese folli, ha distribuito posti e prebende per la celebrazione del Bicentenario, ha creato un’infinità di comitati e commissioni, ha elargito sovvenzioni per congressi-bidone. Si sono stampati un’enorme quantità di quaderni e pubblicazioni per dire cose non interessanti e straordinariamente banali. Insomma, una grande abbuffata.
C’è un libro in particolare che ha fatto scalpore e ha suscitato violente reazioni: gli è stato rimproverato di usare il termine genocidio a proposito di quelle che non sarebbero state altro che «scaramucce politiche di un periodo sanguinoso». Si dà il caso che questo libro l’abbia introdotto proprio lei e se non sbaglio è suo anche il titolo: Vandea, un genocidio franco-francese?
CHAUNU: Si, la parola genocidio ha scioccato quando la usammo all’inizio, ma ora, prove alla mano, non può non essere riconosciuto come tale. Davanti al montare della marea disinformativa che le ho prima descritto, io ed i miei collaboratori ci siamo detti che bisognava intervenire. È stato cosi che storici di valore come Raymond Secher hanno lavorato sotto la mia direzione per riprendere in maniera scientifica un certo numero di dossier storici. Si trattava di documenti scottanti, che parlavano di sconvolgenti massacri di cattolici in Francia, particolarmente nell’Ovest e in Vandea. Fu quest’ultimo un massacro talmente evidente, talmente premeditato, atroce e sistematico — fu impartito l’ordine di liquidare le donne perché non potessero procreare, trucidare i bambini perché non divenissero i futuri «briganti» — che non capisco come si possa evitare di parlare di genocidio. La Vandea fu qualcosa di più che un orrendo massacro; fu il tentativo di sterminare definitivamente una popolazione. Vennero date alle fiamme oltre il 40% delle abitazioni e delle coltivazioni: i morti furono centinaia di migliaia su 600.000 abitanti.
Nei libri recentemente apparsi sulla storia della Rivoluzione come quello di Secher o di Frèdèric Bluche (Settembre 1792, logica di un massacro), quali nuove acquisizioni storiche sono riferite?
CHAUNU: Alcuni argomenti nella storia della Rivoluzione francese, sono stati più che abbondantemente studiati. Si perdono tempo e soldi a riprendere costantemente gli stessi documenti. Ce ne sono altri, invece che sono stati sistematicamente dissimulati, e su essi hanno indagato gli studiosi da lei citati che hanno mostrato l’ampiezza straordinaria dei massacri compiuti sotto la Rivoluzione. E ci sono altri aspetti che vengono abitualmente taciuti. Come il fatto che la Rivoluzione francese ha dichiarato guerra all’insieme dell’Europa e che sono stati i rivoluzionari, non i principi, a volerla. Se si sommano le perdite della guerra e le perdite anteriori, si arriva per un Paese di 27 milioni di abitanti qual’era allora la Francia ad un totale che è nell’ordine di milioni: due milioni e cinquantamila, secondo i primi calcoli che abbiamo fatto. Sono perdite notevolissime, ancora maggiori di quelle subite dalla Francia nella Prima Guerra Mondiale. Naturalmente tutto questo non ha contribuito alla ricchezza della nazione, senza parlare del fatto che una gran parte delle élites del Paese — e non solo loro — sono state costrette ad emigrare. Per tutte queste ragioni, il bilancio della Rivoluzione è largamente negativo. Personalmente ritengo che si dia troppo spazio ad un avvenimento storico che è durato solo quattro, cinque anni, ma se si vuole a tutti i costi parlarne, allora bisogna dire anche queste cose.
La storiografia in questi due secoli ha posto l’accento soprattutto sulle conquiste della Rivoluzione. Secondo quanto lei dice, si tratterebbe di un clamoroso sbaglio: dovuto a malafede, ad errori storiografici, o cosa altro?
CHAUNU: La storia è stata scritta da vincitori o comunque, in larga misura, da ricercatori con spiccate simpatie per l’ideologia rivoluzionaria, studiosi convinti che la storia avanzi a forza di rivoluzioni e rotture. Ma questa è una concezione insana. La storia è un continuum, non è fatta di istanti senza rapporto fra loro. Non ho stima per chi pensa di far avanzare le cose distruggendo le radici, le fondamenta. Le rotture sono delle «asinerie ideologiche» che fanno regredire un popolo. La rivoluzione è stata, in tutti i campi, una regressione della nazione.
In nome di quali principi condanna la Rivoluzione francese? C’è chi la accusa di essere un nostalgico dell’Ancien régime...
CHAUNU: Non lo sono assolutamente e non sarò certo io a difenderlo. Se l’Ancien régime avesse funzionato bene, non ci sarebbe stata la Rivoluzione. Invece si era immobilizzato, impedendo la normale evoluzione della società. L’Ancien régime è in certa misura responsabile degli errori della Rivoluzione.
I miei principi? Quello che mi interessa nella storia è il progresso dello spirito umano, e in questo senso io sono un uomo dei lumi. I miei referenti per quel periodo sono Chateaubriand, Madame de Staël, Benjamin Constant, cioè la grande tradizione liberale, nella quale mi situo. Ho un rapporto che definirei «caloroso» con Voltaire ed i filosofi dell’Illuminismo; e a dire il vero più con quelli inglesi e tedeschi perché sono cristiani. Ed io sono un giudeo-cristiano, inserito nella grande tradizione protestante. E a partire da questi principi che mi accorgo che l’umanità avanza per evoluzione e non per rivoluzioni. La libertà non è caduta dal cielo con la Rivoluzione, si è costruita nel nostro Paese attraverso i contadini del Medio Evo, coi Comuni, con il Parlamento, con tutta la costituzione giuridica: ebbene, occorre il coraggio di dirlo, lo Stato di diritto nel quale viviamo attualmente non è figlio della Rivoluzione, è figlio della storia, di San Luigi come di Luigi XVI, ed ê anche figlio dei rivoluzionari, come del consolato e dell’impero. Come vede, cerco solo di rimettere le cose al loro posto.
C’è uno stato, o una istituzione che lei indicherebbe come modello e punto di riferimento per il periodo storico concomitante alla Rivoluzione francese?
CHAUNU: Certo, l’Inghilterra. Nello stesso periodo in cui in Francia c’è la rivoluzione, l’Inghilterra ha idee molto più moderne, la sua industria si sviluppa molto più rapidamente, è più competitiva, e sul piano del pensiero guadagna rapidamente terreno rispetto alla Francia. Una constatazione: attualmente nel mondo circa centocinquanta milioni di persone parlano il francese, mentre miliardi parlano l’inglese ed il 70% delle pubblicazioni scientifiche della terra sono pubblicate in questa lingua. Ed è sempre in Inghilterra che è avvenuto quel momento cruciale di passaggio di civiltà che è la Rivoluzione industriale. Quello che è importante nel mondo alla fine del XVIII secolo non è la presa della Bastiglia — nella quale non c’era praticamente nessuno (quattro falsari, due pazzi, uno sbandato), una vera stupidaggine — quello che importa è la scoperta da parte di Jenner nel 1786 del vaccino contro il vaiolo, e Jenner era inglese. Tra Robespierre e Jenner (con buona pace di tutti i Max Gallo che sostengono il contrario) io scelgo Jenner, cioè l’uomo che ha salvato finora un miliardo e mezzo di vite umane.
Non le sembra di trascurare troppo gli sforzi ed i tentativi storici che l’uomo compie per provocare un cambiamento sociale? Le grandi conquiste dei diritti dell’uomo e la nascita della democrazia, abitualmente sono ricondotte dai libri di storia proprio alla Rivoluzione francese...
CHAUNU: È una visione della stona assolutamente falsa. Io sono protestante. Ebbene la libertà religiosa non è stata stabilita in Francia dalla Rivoluzione francese, è stata restaurata dall’editto sulla tolleranza del 1787. Fu allora che i protestanti ricevettero la loro libertà religiosa. E l’hanno perduta, insieme ai cattolici sotto la Rivoluzione, nel 1793, quando furono chiusi tutti i luoghi di culto. Gli ebrei non hanno ottenuto la libertà religiosa nel 1790: l’avevano già in tutto il sud-est della Francia e la Costituente si è semplicemente accontentata di trasformare in legge un editto che era rinnovato regolarmente ad ogni scadenza. Chi era, accanto al re, l’uomo di governo più potente della Francia prerivoluzionaria? Necker, un protestante, il padre di Madame de Stael; e si era nell’Ancien Regime. Mi si permetta di ricordare che la Francia era, nel 1788, il primo Paese nel mondo: non lo è più alla fine della Rivoluzione. In Inghilterra la produzione pro capite è addirittura raddoppiata in quel periodo, mentre in Francia ristagnava. Nel 1789 il 43% dei francesi sapeva leggere e scrivere, un indice sceso a meno del 40% nel 1795. In tutti i campi si verifica una regressione: e si continua a parlarne come di un periodo di progresso...!
Professore insisto, e i diritti dell’uomo, e i principi democratici...?
CHAUNU: Tutti i principi che si trovano nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino erano già formulati, più o meno intelligentemente nella dichiarazione di Jefferson del 1783, e non sono altro che principi giudeo-cristiani. Che tutti gli uomini sono liberi è un principio del Deuteronomio.
E l’insieme della cristianità in Francia, come è stata trattata dal regime rivoluzionario?
CHAUNU: Nel modo più oltraggioso e atroce. La persecuzione religiosa subita dai francesi cattolici durante questo periodo non ha equivalenti nella storia se non le grandi persecuzioni del XX secolo. Di tutte la Rivoluzione francese è stata il modello. La persecuzione religiosa non fu solo persecuzione contro i religiosi ma una rivolta contro il cristianesimo con il preciso intento di decristianizzare la nazione. La maggioranza dei preti è stata assassinata od espulsa, tutte le chiese sono state chiuse per un anno e mezzo ed il loro patrimonio requisito ed incamerato, 250 mila vandeani sono stati massacrati perché volevano andare alla messa e restare fedeli a Roma. Le scuole, gli ospedali, tutte le opere sociali della Chiesa vennero soppresse e non furono rimpiazzate che sulla carta. In Vandea tutte le famiglie, tutte le persone presso le quali si trovasse una cappella, un crocifisso o altro furono fucilate, le loro case incendiate. Certo i cattolici francesi hanno avuto a riguardo della modernità e dell’illuminismo un atteggiamento negativo davvero eccessivo, ma è comprensibile: perseguitare un popolo non favorisce la comprensione e la tolleranza. Quello che non capisco è perché i cattolici francesi di oggi non siano al fianco dei cattolici perseguitati nella storia e soprattutto sotto la Rivoluzione francese. Il perdono non implica l’oblio e nemmeno la collaborazione con i criminali. Non capisco proprio perché e in nome di cosa si neghi la realtà: in Francia ci sono stati centinaia e migliaia di morti, vittime delle loro convinzioni religiose. Hanno lottato, si sono organizzati, ma sono stati massacrati nella maniera pin indegna. Quello contro cui io protesto ê questo tradimento dei principi di libertà e tolleranza, principi positivi che erano all’origine della Rivoluzione francese ma che hanno avuto un risultato catastrofico.
Perché dei principi nobili si sono ribaltati nel loro contrario? In altre parole, il Terrore era evitabile o è inseparabile dal primo periodo rivoluzionario?
CHAUNU: I due periodi sono difficilmente separabili. Molto rapidamente il processo ideologico precipita nella dittatura e nella violenza ma praticamente il bicchiere era rotto fin dall’inizio. Certo si resta tolleranti fino al 1790 ma non lo si è più a partire dalla Costituzione civile del clero; dalla fine dell’inverno 1790 il regime è tirannico. Per la prima volta possiamo osservare in azione una strategia di presa del potere da parte di una infima minoranza ideologica che diverrà il modello di tutti gli analoghi fenomeni del XIX e XX secolo, tra cui la rivoluzione russa.
Come sarebbe il mondo senza la Rivoluzione francese?
CHAUNU: La risposta e semplice. Molto migliore.
E cosa e rimasto di buono della Rivoluzione?
CHAUNU: Quello che non è riuscita a distruggere, ciò che non ha pervertito della tradizione cristiana.
Professore, mancano ancora due anni alle celebrazioni del Bicentenario della Rivoluzione francese. Come mai lei si è gettato a capofitto in queste polemiche?
PIERRE CHAUNU: Sa, la storia della Rivoluzione francese è sempre stata, fin dal suo inizio, costellata di polemiche. Ma quelle attuali non le ho volute io, vi sono stato reclutato indirettamente. Sono state iniziate da persone che, con ingenti mezzi finanziari, hanno tentato di monopolizzare il dibattito, e pretendevano che l’attuale regime socialista preparasse con quasi dieci anni di anticipo le celebrazioni della Rivoluzione francese. Fu proprio Mitterand, nel 1981, a parlare della sua elezione come di una storica «rottura» con il passato, e a dire che, di conseguenza, occorreva celebrare in grande quella «rottura» per eccellenza che era stata la Rivoluzione.
E cosa c’è che non le piace?
CHAUNU: Primo, non esistono «rotture» benefiche e questa maniera di utilizzare la storia non mi va proprio giù. Poi il governo socialista ha fatto spese folli, ha distribuito posti e prebende per la celebrazione del Bicentenario, ha creato un’infinità di comitati e commissioni, ha elargito sovvenzioni per congressi-bidone. Si sono stampati un’enorme quantità di quaderni e pubblicazioni per dire cose non interessanti e straordinariamente banali. Insomma, una grande abbuffata.
C’è un libro in particolare che ha fatto scalpore e ha suscitato violente reazioni: gli è stato rimproverato di usare il termine genocidio a proposito di quelle che non sarebbero state altro che «scaramucce politiche di un periodo sanguinoso». Si dà il caso che questo libro l’abbia introdotto proprio lei e se non sbaglio è suo anche il titolo: Vandea, un genocidio franco-francese?
CHAUNU: Si, la parola genocidio ha scioccato quando la usammo all’inizio, ma ora, prove alla mano, non può non essere riconosciuto come tale. Davanti al montare della marea disinformativa che le ho prima descritto, io ed i miei collaboratori ci siamo detti che bisognava intervenire. È stato cosi che storici di valore come Raymond Secher hanno lavorato sotto la mia direzione per riprendere in maniera scientifica un certo numero di dossier storici. Si trattava di documenti scottanti, che parlavano di sconvolgenti massacri di cattolici in Francia, particolarmente nell’Ovest e in Vandea. Fu quest’ultimo un massacro talmente evidente, talmente premeditato, atroce e sistematico — fu impartito l’ordine di liquidare le donne perché non potessero procreare, trucidare i bambini perché non divenissero i futuri «briganti» — che non capisco come si possa evitare di parlare di genocidio. La Vandea fu qualcosa di più che un orrendo massacro; fu il tentativo di sterminare definitivamente una popolazione. Vennero date alle fiamme oltre il 40% delle abitazioni e delle coltivazioni: i morti furono centinaia di migliaia su 600.000 abitanti.
Nei libri recentemente apparsi sulla storia della Rivoluzione come quello di Secher o di Frèdèric Bluche (Settembre 1792, logica di un massacro), quali nuove acquisizioni storiche sono riferite?
CHAUNU: Alcuni argomenti nella storia della Rivoluzione francese, sono stati più che abbondantemente studiati. Si perdono tempo e soldi a riprendere costantemente gli stessi documenti. Ce ne sono altri, invece che sono stati sistematicamente dissimulati, e su essi hanno indagato gli studiosi da lei citati che hanno mostrato l’ampiezza straordinaria dei massacri compiuti sotto la Rivoluzione. E ci sono altri aspetti che vengono abitualmente taciuti. Come il fatto che la Rivoluzione francese ha dichiarato guerra all’insieme dell’Europa e che sono stati i rivoluzionari, non i principi, a volerla. Se si sommano le perdite della guerra e le perdite anteriori, si arriva per un Paese di 27 milioni di abitanti qual’era allora la Francia ad un totale che è nell’ordine di milioni: due milioni e cinquantamila, secondo i primi calcoli che abbiamo fatto. Sono perdite notevolissime, ancora maggiori di quelle subite dalla Francia nella Prima Guerra Mondiale. Naturalmente tutto questo non ha contribuito alla ricchezza della nazione, senza parlare del fatto che una gran parte delle élites del Paese — e non solo loro — sono state costrette ad emigrare. Per tutte queste ragioni, il bilancio della Rivoluzione è largamente negativo. Personalmente ritengo che si dia troppo spazio ad un avvenimento storico che è durato solo quattro, cinque anni, ma se si vuole a tutti i costi parlarne, allora bisogna dire anche queste cose.
La storiografia in questi due secoli ha posto l’accento soprattutto sulle conquiste della Rivoluzione. Secondo quanto lei dice, si tratterebbe di un clamoroso sbaglio: dovuto a malafede, ad errori storiografici, o cosa altro?
CHAUNU: La storia è stata scritta da vincitori o comunque, in larga misura, da ricercatori con spiccate simpatie per l’ideologia rivoluzionaria, studiosi convinti che la storia avanzi a forza di rivoluzioni e rotture. Ma questa è una concezione insana. La storia è un continuum, non è fatta di istanti senza rapporto fra loro. Non ho stima per chi pensa di far avanzare le cose distruggendo le radici, le fondamenta. Le rotture sono delle «asinerie ideologiche» che fanno regredire un popolo. La rivoluzione è stata, in tutti i campi, una regressione della nazione.
In nome di quali principi condanna la Rivoluzione francese? C’è chi la accusa di essere un nostalgico dell’Ancien régime...
CHAUNU: Non lo sono assolutamente e non sarò certo io a difenderlo. Se l’Ancien régime avesse funzionato bene, non ci sarebbe stata la Rivoluzione. Invece si era immobilizzato, impedendo la normale evoluzione della società. L’Ancien régime è in certa misura responsabile degli errori della Rivoluzione.
I miei principi? Quello che mi interessa nella storia è il progresso dello spirito umano, e in questo senso io sono un uomo dei lumi. I miei referenti per quel periodo sono Chateaubriand, Madame de Staël, Benjamin Constant, cioè la grande tradizione liberale, nella quale mi situo. Ho un rapporto che definirei «caloroso» con Voltaire ed i filosofi dell’Illuminismo; e a dire il vero più con quelli inglesi e tedeschi perché sono cristiani. Ed io sono un giudeo-cristiano, inserito nella grande tradizione protestante. E a partire da questi principi che mi accorgo che l’umanità avanza per evoluzione e non per rivoluzioni. La libertà non è caduta dal cielo con la Rivoluzione, si è costruita nel nostro Paese attraverso i contadini del Medio Evo, coi Comuni, con il Parlamento, con tutta la costituzione giuridica: ebbene, occorre il coraggio di dirlo, lo Stato di diritto nel quale viviamo attualmente non è figlio della Rivoluzione, è figlio della storia, di San Luigi come di Luigi XVI, ed ê anche figlio dei rivoluzionari, come del consolato e dell’impero. Come vede, cerco solo di rimettere le cose al loro posto.
C’è uno stato, o una istituzione che lei indicherebbe come modello e punto di riferimento per il periodo storico concomitante alla Rivoluzione francese?
CHAUNU: Certo, l’Inghilterra. Nello stesso periodo in cui in Francia c’è la rivoluzione, l’Inghilterra ha idee molto più moderne, la sua industria si sviluppa molto più rapidamente, è più competitiva, e sul piano del pensiero guadagna rapidamente terreno rispetto alla Francia. Una constatazione: attualmente nel mondo circa centocinquanta milioni di persone parlano il francese, mentre miliardi parlano l’inglese ed il 70% delle pubblicazioni scientifiche della terra sono pubblicate in questa lingua. Ed è sempre in Inghilterra che è avvenuto quel momento cruciale di passaggio di civiltà che è la Rivoluzione industriale. Quello che è importante nel mondo alla fine del XVIII secolo non è la presa della Bastiglia — nella quale non c’era praticamente nessuno (quattro falsari, due pazzi, uno sbandato), una vera stupidaggine — quello che importa è la scoperta da parte di Jenner nel 1786 del vaccino contro il vaiolo, e Jenner era inglese. Tra Robespierre e Jenner (con buona pace di tutti i Max Gallo che sostengono il contrario) io scelgo Jenner, cioè l’uomo che ha salvato finora un miliardo e mezzo di vite umane.
Non le sembra di trascurare troppo gli sforzi ed i tentativi storici che l’uomo compie per provocare un cambiamento sociale? Le grandi conquiste dei diritti dell’uomo e la nascita della democrazia, abitualmente sono ricondotte dai libri di storia proprio alla Rivoluzione francese...
CHAUNU: È una visione della stona assolutamente falsa. Io sono protestante. Ebbene la libertà religiosa non è stata stabilita in Francia dalla Rivoluzione francese, è stata restaurata dall’editto sulla tolleranza del 1787. Fu allora che i protestanti ricevettero la loro libertà religiosa. E l’hanno perduta, insieme ai cattolici sotto la Rivoluzione, nel 1793, quando furono chiusi tutti i luoghi di culto. Gli ebrei non hanno ottenuto la libertà religiosa nel 1790: l’avevano già in tutto il sud-est della Francia e la Costituente si è semplicemente accontentata di trasformare in legge un editto che era rinnovato regolarmente ad ogni scadenza. Chi era, accanto al re, l’uomo di governo più potente della Francia prerivoluzionaria? Necker, un protestante, il padre di Madame de Stael; e si era nell’Ancien Regime. Mi si permetta di ricordare che la Francia era, nel 1788, il primo Paese nel mondo: non lo è più alla fine della Rivoluzione. In Inghilterra la produzione pro capite è addirittura raddoppiata in quel periodo, mentre in Francia ristagnava. Nel 1789 il 43% dei francesi sapeva leggere e scrivere, un indice sceso a meno del 40% nel 1795. In tutti i campi si verifica una regressione: e si continua a parlarne come di un periodo di progresso...!
Professore insisto, e i diritti dell’uomo, e i principi democratici...?
CHAUNU: Tutti i principi che si trovano nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino erano già formulati, più o meno intelligentemente nella dichiarazione di Jefferson del 1783, e non sono altro che principi giudeo-cristiani. Che tutti gli uomini sono liberi è un principio del Deuteronomio.
E l’insieme della cristianità in Francia, come è stata trattata dal regime rivoluzionario?
CHAUNU: Nel modo più oltraggioso e atroce. La persecuzione religiosa subita dai francesi cattolici durante questo periodo non ha equivalenti nella storia se non le grandi persecuzioni del XX secolo. Di tutte la Rivoluzione francese è stata il modello. La persecuzione religiosa non fu solo persecuzione contro i religiosi ma una rivolta contro il cristianesimo con il preciso intento di decristianizzare la nazione. La maggioranza dei preti è stata assassinata od espulsa, tutte le chiese sono state chiuse per un anno e mezzo ed il loro patrimonio requisito ed incamerato, 250 mila vandeani sono stati massacrati perché volevano andare alla messa e restare fedeli a Roma. Le scuole, gli ospedali, tutte le opere sociali della Chiesa vennero soppresse e non furono rimpiazzate che sulla carta. In Vandea tutte le famiglie, tutte le persone presso le quali si trovasse una cappella, un crocifisso o altro furono fucilate, le loro case incendiate. Certo i cattolici francesi hanno avuto a riguardo della modernità e dell’illuminismo un atteggiamento negativo davvero eccessivo, ma è comprensibile: perseguitare un popolo non favorisce la comprensione e la tolleranza. Quello che non capisco è perché i cattolici francesi di oggi non siano al fianco dei cattolici perseguitati nella storia e soprattutto sotto la Rivoluzione francese. Il perdono non implica l’oblio e nemmeno la collaborazione con i criminali. Non capisco proprio perché e in nome di cosa si neghi la realtà: in Francia ci sono stati centinaia e migliaia di morti, vittime delle loro convinzioni religiose. Hanno lottato, si sono organizzati, ma sono stati massacrati nella maniera pin indegna. Quello contro cui io protesto ê questo tradimento dei principi di libertà e tolleranza, principi positivi che erano all’origine della Rivoluzione francese ma che hanno avuto un risultato catastrofico.
Perché dei principi nobili si sono ribaltati nel loro contrario? In altre parole, il Terrore era evitabile o è inseparabile dal primo periodo rivoluzionario?
CHAUNU: I due periodi sono difficilmente separabili. Molto rapidamente il processo ideologico precipita nella dittatura e nella violenza ma praticamente il bicchiere era rotto fin dall’inizio. Certo si resta tolleranti fino al 1790 ma non lo si è più a partire dalla Costituzione civile del clero; dalla fine dell’inverno 1790 il regime è tirannico. Per la prima volta possiamo osservare in azione una strategia di presa del potere da parte di una infima minoranza ideologica che diverrà il modello di tutti gli analoghi fenomeni del XIX e XX secolo, tra cui la rivoluzione russa.
Come sarebbe il mondo senza la Rivoluzione francese?
CHAUNU: La risposta e semplice. Molto migliore.
E cosa e rimasto di buono della Rivoluzione?
CHAUNU: Quello che non è riuscita a distruggere, ciò che non ha pervertito della tradizione cristiana.
«30Giorni» del gennaio 1987
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