Il rapporto del pittore russo con il mare Mediterraneo. L'esposizione Centocinquanta opere tra dipinti, sculture e lito
di Wanda Lattes
I colori della Provenza, il mito della Grecia e la spiritualità della TerrasantaQuei paesaggi marini inondati di sole mutarono il profilo interiore di un artista cresciuto nel gelo
Che cosa direbbe Marc Chagall se, ancora vivo all'età di oltre centodieci anni, potesse venire a Pisa per visitare la mostra che, nel Palazzo Blu, presenta 150 sue opere, tra dipinti, sculture, ceramiche e litografie? Quale sarebbe la reazione di fronte all'impresa che ha spinto gli ordinatori, Claudia Beltramo Ceppi e Meret Meyer, a trovare un titolo tanto ambizioso come Chagall e il Mediterraneo? Indagherebbe, con quella sua intelligente, colta curiosità, sulla storia che permette a Pisa di considerarsi, anche ora che è preziosa terraferma, una capitale di quel mare cui allude il titolo? E si commuoverebbe ancora una volta al ricordo del primo lontanissimo incontro con il mare, lui ventiseienne figlio del gelo di una steppa russa, lui che nella cultura trovava la forza di attraversare l'Europa per conoscere «l'azzurro ineffabile» cantato da Puskin? L' attenzione richiesta dalla mostra, allestita sul lungarno pisano, non può essere affrontata con un opportuno animo critico se non si lascia bruciare, almeno per un poco, il fuoco delle domande nate di fronte al titolo stesso. Quando nel 1972 si inaugurò a Nizza la mostra dei suoi 17 dipinti ispirati dalla Bibbia, Chagall disse, sicuro e netto ad André Malraux: «Il testo sacro è la più grande fonte di poesia di tutti tempi». E infatti a quella fonte continuò sempre a ritornare, in tante opere fondamentali sparse per l'Occidente. Del mare, però, l' artista non ha mai parlato esplicitamente. Come potrebbe commentare, dunque, questa rassegna pisana che suggerisce una lunga passione per un mondo che non è il suo? Un mondo che non sembra naturale per il colto ebreo russo divenuto parigino, tanto lontano dal suo cosmopolitismo sensuale quanto da quella isba dell' infanzia, immersa nel gelo invernale, a Vitebsk in Bielorussia, dove la luce era poca e il pane nero aiutava appena ad apprezzare le aringhe affumicate (la stessa isba rievocata tante e tante volte, con amore ossessivo)? Che cosa c' entra, insomma, Chagall, con il nostro mare? La mostra Chagall e il Mediterraneo non può quindi non provocare, sulle prime, un certo smarrimento. Presto superato grazie alle spiegazioni dei curatori che, attraverso un ordinamento rigoroso delle opere e un catalogo (edito da Giunti) ricco di informazioni e commenti, conducono per mano il visitatore nel Mediterraneo, in Grecia, in Israele sulle orme dell' artista. A capire l' amore di Chagall per la Grecia e per il suo cielo, il suo mare, la sua luce - un amore dapprima legato soltanto al valore dell' arte antica - ci aiuta il racconto dell' amicizia con l'autore-editore greco Triade, e il soggiorno ad Atene, Delfi, Poros. I quadri, e poi le litografie, ci trasmettono infatti il sogno di Icaro, il mito di Dafni e Cloe, ma anche gli innamorati di Vitebsk, uniti nella fantasia della luce. Senza dimenticare l' idillio di Chagall con la Terra Santa, raggiunta - guardacaso - con un viaggio in nave sul Mediterraneo, che lo porta a riconoscere e interpretare Il Muro del Pianto, o il Sacrificio di Isacco, ma anche a ricordare la Sinagoga di Vilno bruciata dai nazisti. Il viaggio sulle onde e nella luce che la mostra cerca di teorizzare approderà al Mediterraneo della sua casa a Nizza, e alla Costa azzurra, passando tra meravigliosi mazzi di fiori, sogni dell'unica donna veramente amata, la sua Bella, e rievocazioni di quello che ora chiameremmo l'imprinting, l'Adamo nudo, o il Mosè che abbraccia le Tavole. Linee libere, colori decisi, quasi sempre «schiaffati», senza incertezze, su quello sfondo blu che il pennello di Moshe Segal, in arte Marc Chagall, offre inesauribile, intarsiandolo spesso con figurine oniriche. Il mare, il Mediterraneo, si muove per decenni davanti a quegli occhi chiari, all'interno di quella testa piccola e aggraziata che la vecchiaia non sciuperà. È dentro al sogno, incessante, di un una stirpe esule, deportata, ma non schiava dell' oblio. Anche se, forse, il mare lo vediamo raffigurato soltanto in uno dei quadri in mostra, in una scena tranquilla, sulla costa italiana, a Petra Cava.
La guida «Chagall e il Mediterraneo», fino al 17 gennaio a Blu Palazzo d' Arte e Cultura, a Pisa (Lungarno Gambacorti 9). In mostra 150 opere, tra dipinti, sculture, ceramiche, litografie. Orari: da martedì a domenica 10-19. Biglietti: intero 8 euro. Info: 199285141, www.chagallpisa.it.
Il catalogo (Giunti Arte mostre musei, 240 pag) costa 30 euro
La guida «Chagall e il Mediterraneo», fino al 17 gennaio a Blu Palazzo d' Arte e Cultura, a Pisa (Lungarno Gambacorti 9). In mostra 150 opere, tra dipinti, sculture, ceramiche, litografie. Orari: da martedì a domenica 10-19. Biglietti: intero 8 euro. Info: 199285141, www.chagallpisa.it.
Il catalogo (Giunti Arte mostre musei, 240 pag) costa 30 euro
La vita di Chagall
Primo di nove figli di una famiglia di religione ebraica, Di origine ebraica, Marc Chagall nasce a Vitebsk (Bielorussia) nel 1887. A Parigi dal 1910, si afferma come artista e conosce il Fauvismo e il Cubismo. Quindi il primo matrimonio e una figlia. Nel '17 partecipa alla rivoluzione russa. Di nuovo a Parigi nel '23, con il nazismo è costretto a fuggire. Nel '41 è negli Usa. La morte della moglie per malattia lo getta nella depressione. Due anni dopo il ritorno in Europa, l' amore per Virginia Haggard, un nuovo figlio, gli fa riscoprire i colori brillanti. Si sposa due volte. Muore a Saint-Paul de Vence nel 1985 I fiori in Francia Forse perché sono stato povero, da me non c'erano fiori. La prima a portarmene è stata Bella. Poi, in Francia... Si può riflettere e pensare a lungo sul senso dei fiori, ma per me sono la vita stessa nella sua smagliante felicità. La luminosità greca La Grecia è ancora l'Europa e però è già l'Oriente. Laggiù tutto è luce. Una luce unica, di un nitore e di una dolcezza indicibile. Ero felice di calpestare quel suolo famoso, di contemplare i resti della sua grandezza.
«Corriere della Sera» del 28 ottobre 2009
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