L'esperimento a princeton, ateneo dove studiò bezos fondatore di amazon
di Elvira Pollina
Studiare sull'e-book risulta faticoso e poco produttivo: non si può sottolineare e scrivere le note è difficile
Niente più dispense da fotocopiare o tomi pesantissimi da trasportare per i corridoi, da un corso all’altro. A giugno l’università di Princeton, uno degli atenei più prestigiosi degli Stati Uniti, aveva annunciato l’avvio di un progetto pilota che avrebbe consentito agli studenti di alcuni corsi di laurea di studiare su edizioni elettroniche dei libri di testo.
Un esperimento che punta al risparmio della carta, simile ad altri già avviati in alcune università statunitensi, tra cui Berkley e Yale. Come previsto, due settimane fa, alla ripresa delle lezioni, ad una cinquantina di studenti e professori , resisi disponibili per la prova, sono stati consegnati i lettori Kindle, prodotti dalla Amazon, fondata proprio da un ex allievo, Jeff Bezos, laureatosi a Princeton nel 1986.
Un po’ inaspettatamente, come racconta il Daily Princetonian, il giornale online di ateneo, la rivoluzione dell’e-book è stata accolta in maniera piuttosto tiepida, anche se i riscontri positivi non mancano. Gli studenti riconoscono l’indubbia comodità del Kindle, che consente di avere sempre a portata di mano una mole impensabile di libri di testo e di poter condividere in maniera agevole appunti e dispense. Qualcuno è entusiasta: una professoressa ammette di trovare la lettura su Kindle estremamente agevole e non stancante per la vista.
I problemi iniziano quando dalla semplice consultazione e dalla lettura “senza impegno” si passa allo studio. «Gran parte del mio apprendimento dipende dall'interazione fisica con il testo: segnalibri, sottolineature, appunti a margine per segnare i passaggi più importanti», ha spiegato Aaron Horvath, studente del corso di Società Civile e Politica Pubblica. Una serie di trucchi per favorire la memorizzazione e la concentrazione, ben conosciuti da chi ha passato ore sui libri. «Non sono un luddista – spiega ancora Horvath – ma questa tecnologia non mi sembra ancora pronta per un uso accademico». Una perplessità condivisa anche dagli insegnanti. «Lo studio richiede una lettura intensa, quasi fisica, e io incoraggio i miei studenti a sottolineare i concetti più importanti e ad annotare le parole chiave a margine. Con il Kindle si può fare tutto questo, ma è meno immediato rispetto alla carta», conferma un professore.
Altro inconveniente: le versioni elettroniche dei libri non hanno i numeri di pagina: «È qualcosa che spiazza e rende difficile rapportarsi al testo e citarlo», continua lo stesso insegnante. Non è finita: un’allieva ha lamentato diversi problemi nel trovare il giusto settaggio dello schermo e difficoltà nel passare velocemente da un punto all’altro dei testi, cosa che gli studenti fanno molto spesso, per ripassare i concetti principali prima di un esame.
Il risultato è che in molti si sono ridotti a stampare i capitoli da studiare ed alcuni hanno preferito riconsegnare l’e-reader e ritornare al libro analogico. E l’università ha fatto sapere che alla sperimentazione del lettore digitale, per ora, non seguirà l’adozione di massa. Con buona pace dell’illustre ex alunno.
Princeton è dunque un covo di tecnofobi, incapaci di sfruttare a pieno i vantaggi offerti dal Kindle? La questione è un’altra. Nelle aule universitarie di oggi siedono ragazzi che, nonostante abbiano sempre sottomano laptop e smartphone, sono cresciuti studiando sui libri di carta, dalle elementari in poi. Per loro, passare all’e-reader significa ripensare al modo con cui si apprendono nozioni e concetti. Uno sforzo non indifferente, che aumenta il livello di stress legato allo studio.
Probabilmente il libro elettronico sarà apprezzato a pieno dagli universitari che da bambini abbiano imparato a leggere su supporto digitale. Ma ci vorrà ancora del tempo: fino ad allora si continuerà a studiare sulle “sudate carte”.
Un esperimento che punta al risparmio della carta, simile ad altri già avviati in alcune università statunitensi, tra cui Berkley e Yale. Come previsto, due settimane fa, alla ripresa delle lezioni, ad una cinquantina di studenti e professori , resisi disponibili per la prova, sono stati consegnati i lettori Kindle, prodotti dalla Amazon, fondata proprio da un ex allievo, Jeff Bezos, laureatosi a Princeton nel 1986.
Un po’ inaspettatamente, come racconta il Daily Princetonian, il giornale online di ateneo, la rivoluzione dell’e-book è stata accolta in maniera piuttosto tiepida, anche se i riscontri positivi non mancano. Gli studenti riconoscono l’indubbia comodità del Kindle, che consente di avere sempre a portata di mano una mole impensabile di libri di testo e di poter condividere in maniera agevole appunti e dispense. Qualcuno è entusiasta: una professoressa ammette di trovare la lettura su Kindle estremamente agevole e non stancante per la vista.
I problemi iniziano quando dalla semplice consultazione e dalla lettura “senza impegno” si passa allo studio. «Gran parte del mio apprendimento dipende dall'interazione fisica con il testo: segnalibri, sottolineature, appunti a margine per segnare i passaggi più importanti», ha spiegato Aaron Horvath, studente del corso di Società Civile e Politica Pubblica. Una serie di trucchi per favorire la memorizzazione e la concentrazione, ben conosciuti da chi ha passato ore sui libri. «Non sono un luddista – spiega ancora Horvath – ma questa tecnologia non mi sembra ancora pronta per un uso accademico». Una perplessità condivisa anche dagli insegnanti. «Lo studio richiede una lettura intensa, quasi fisica, e io incoraggio i miei studenti a sottolineare i concetti più importanti e ad annotare le parole chiave a margine. Con il Kindle si può fare tutto questo, ma è meno immediato rispetto alla carta», conferma un professore.
Altro inconveniente: le versioni elettroniche dei libri non hanno i numeri di pagina: «È qualcosa che spiazza e rende difficile rapportarsi al testo e citarlo», continua lo stesso insegnante. Non è finita: un’allieva ha lamentato diversi problemi nel trovare il giusto settaggio dello schermo e difficoltà nel passare velocemente da un punto all’altro dei testi, cosa che gli studenti fanno molto spesso, per ripassare i concetti principali prima di un esame.
Il risultato è che in molti si sono ridotti a stampare i capitoli da studiare ed alcuni hanno preferito riconsegnare l’e-reader e ritornare al libro analogico. E l’università ha fatto sapere che alla sperimentazione del lettore digitale, per ora, non seguirà l’adozione di massa. Con buona pace dell’illustre ex alunno.
Princeton è dunque un covo di tecnofobi, incapaci di sfruttare a pieno i vantaggi offerti dal Kindle? La questione è un’altra. Nelle aule universitarie di oggi siedono ragazzi che, nonostante abbiano sempre sottomano laptop e smartphone, sono cresciuti studiando sui libri di carta, dalle elementari in poi. Per loro, passare all’e-reader significa ripensare al modo con cui si apprendono nozioni e concetti. Uno sforzo non indifferente, che aumenta il livello di stress legato allo studio.
Probabilmente il libro elettronico sarà apprezzato a pieno dagli universitari che da bambini abbiano imparato a leggere su supporto digitale. Ma ci vorrà ancora del tempo: fino ad allora si continuerà a studiare sulle “sudate carte”.
«Corriere della sera» del 1 ottobre 2009
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