Degli Antoni: la Rete è in cambiamento continuo impossibile imbrigliarla, salviamo almeno la privacy
di Diego Motta
Si chiude oggi a Pisa l'Internet governance forum italiano, che ha discusso della futura gestione della Rete In che modo la necessità di uno sviluppo regolato si coniuga con le esigenze di Facebook, Twitter & C.?
La rivolta di piazza in Iran, il successo di Obama nella corsa alla Casa Bianca, i tentativi di censura di Pechino ai Giochi del 2008: non c’è fatto della storia recente che non sia stato anticipato, raccontato e commentato su Interneto o abbia avuto Internet stesso come protagonista. Tutti «filtrano» tutto: informazione e dossier riservati, scoperte e business, amicizia e crimine. Solo nell’ultimo mese, per dire, Facebook, il social network più cliccato al mondo, ha superato la soglia dei 300 milioni di iscritti mentre è nato il primo motore di ricerca musulmano. « La ragione di questo successo è sempre la stessa: l’uomo», sintetizza Gianni Degli Antoni, professore di Informatica applicata all’Università degli Studi di Milano, già direttore dell’Istituto di Cibernetica dal 1977 al 1985. « Adesso è come se su Internet fosse in atto una mutazione genetica: la Rete è l’utente e viceversa. E chi progetta e organizza i contenuti, al contrario, conta sempre di meno». Da un lato c’è l’opportunità unica di comunicare con il mondo, dall’altro il rischio di utilizzare questa libertà in modo irresponsabile. È possibile uscire da questa eterna contraddizione?
E come? La rivoluzione che, almeno da 20 anni, appassiona gli addetti ai lavori e da un decennio ha cambiato relazioni e abitudini della società occidentale (e non solo) è stata in questi giorni all’esame dell’Internet governance forum italiano, che si è aperto lunedì a Pisa e si chiuderà oggi.
Professor Degli Antoni, il dibattito sul governo di Internet è aperto da tempo. Nell’ultima settimana si è parlato della possibilità che l’Icann, l’organismo che assegna i maggiori domini Internet, possa passare dal controllo del governo Usa a un’autorità indipendente. Che ne pensa?
Penso che la partita sulla gestione della Rete non debba distrarci dalla vera sfida che abbiamo davanti. Interrogarsi sulla governance è importante, ma un conto è il monitoraggio sugli indirizzi web, senz’altro efficace e utile, un altro è comprendere quel che sta succedendo. Internet oggi è un fenomeno che cambia di minuto in minuto, è la crescita esponenziale delle comunità dentro altre comunità, è una miriade di linguaggi che nascono e insieme identificano gruppi diversi. Senza questa premessa epistemologica, qualsiasi ragionamento sulle regole è inutile.
Non c’è il rischio che un eccesso di libertà nella produzione di idee e contenuti possa essere controproducente anche per gli stessi utenti?
Le rispondo con un’altra domanda: è possibile controllare qualcosa che si moltiplica in continuazione? Che si tratti di contatti, di relazioni o di semplici applicazioni informatiche, la crescita cui stiamo assistendo è così forte che pensare di imbrigliarla non ha senso. Mentre noi stiamo parlando, circa 250mila persone stanno giocando a poker online. Possiamo fermarli? No. Ciò non vuol dire che non debbano essere pensati strumenti regolatori e autoregolatori.
In quali casi?
Pensi solo al fenomeno delle banche dati in Rete: i nostri nominativi circolano in continuazione, per di più a nostra insaputa. Una protezione va data e lo stesso discorso vale per quelle persone, gli autori, che utilizzano Internet per veicolare i propri contenuti originali. Nello stesso tempo, va garantito l’accesso a banda larga a tutti, mentre è necessario evitare una diffusione eccessiva dello strumento delle e-mail, come dimostra il fenomeno negativo dello spamming. Detto questo, però, bisogna evitare il rischio opposto, quello dell’eccesso di legislazione che si trasforma, fatalmente, in burocrazia.
A dir la verità, la capacità, soprattutto dei giovani, di utilizzare la Rete aggirando con fantasia e furbizia i possibili ostacoli, sembra scongiurare lo scenario di un gigante che domani abbia le mani legate.
Le comunità virtuali si potrebbero paragonare alle catacombe. In questo senso, i giovani già stanno anticipando, dagli Usa alla Cina all’Africa, quel che potrà succedere. Non sono più solo utenti, ma produttori, sono liberi e anarchici eppure portano cultura e innovazione. Quando decideranno di uscire allo scoperto, la loro rivoluzione sarà completa.
A questo proposito, come si può rispondere alla sfida educativa che, tramite la Rete, le nuove generazioni stanno lanciando?
Su Internet è tutto più semplice. La ricetta è quella della cooperazione e della collaborazione. Un adolescente che naviga online risponde in fondo a un bisogno di libertà. Per tornare alla metafora delle catacombe, egli vive in comunità virtuali sotterranee, eppure sempre più grandi. Per conoscerlo e incontrarlo, bisogna pensare a un percorso che porti il più in fretta possibile dal virtuale al reale. Per questo, credo che i tempi di uscita dalle catacombe saranno molto brevi.
E come? La rivoluzione che, almeno da 20 anni, appassiona gli addetti ai lavori e da un decennio ha cambiato relazioni e abitudini della società occidentale (e non solo) è stata in questi giorni all’esame dell’Internet governance forum italiano, che si è aperto lunedì a Pisa e si chiuderà oggi.
Professor Degli Antoni, il dibattito sul governo di Internet è aperto da tempo. Nell’ultima settimana si è parlato della possibilità che l’Icann, l’organismo che assegna i maggiori domini Internet, possa passare dal controllo del governo Usa a un’autorità indipendente. Che ne pensa?
Penso che la partita sulla gestione della Rete non debba distrarci dalla vera sfida che abbiamo davanti. Interrogarsi sulla governance è importante, ma un conto è il monitoraggio sugli indirizzi web, senz’altro efficace e utile, un altro è comprendere quel che sta succedendo. Internet oggi è un fenomeno che cambia di minuto in minuto, è la crescita esponenziale delle comunità dentro altre comunità, è una miriade di linguaggi che nascono e insieme identificano gruppi diversi. Senza questa premessa epistemologica, qualsiasi ragionamento sulle regole è inutile.
Non c’è il rischio che un eccesso di libertà nella produzione di idee e contenuti possa essere controproducente anche per gli stessi utenti?
Le rispondo con un’altra domanda: è possibile controllare qualcosa che si moltiplica in continuazione? Che si tratti di contatti, di relazioni o di semplici applicazioni informatiche, la crescita cui stiamo assistendo è così forte che pensare di imbrigliarla non ha senso. Mentre noi stiamo parlando, circa 250mila persone stanno giocando a poker online. Possiamo fermarli? No. Ciò non vuol dire che non debbano essere pensati strumenti regolatori e autoregolatori.
In quali casi?
Pensi solo al fenomeno delle banche dati in Rete: i nostri nominativi circolano in continuazione, per di più a nostra insaputa. Una protezione va data e lo stesso discorso vale per quelle persone, gli autori, che utilizzano Internet per veicolare i propri contenuti originali. Nello stesso tempo, va garantito l’accesso a banda larga a tutti, mentre è necessario evitare una diffusione eccessiva dello strumento delle e-mail, come dimostra il fenomeno negativo dello spamming. Detto questo, però, bisogna evitare il rischio opposto, quello dell’eccesso di legislazione che si trasforma, fatalmente, in burocrazia.
A dir la verità, la capacità, soprattutto dei giovani, di utilizzare la Rete aggirando con fantasia e furbizia i possibili ostacoli, sembra scongiurare lo scenario di un gigante che domani abbia le mani legate.
Le comunità virtuali si potrebbero paragonare alle catacombe. In questo senso, i giovani già stanno anticipando, dagli Usa alla Cina all’Africa, quel che potrà succedere. Non sono più solo utenti, ma produttori, sono liberi e anarchici eppure portano cultura e innovazione. Quando decideranno di uscire allo scoperto, la loro rivoluzione sarà completa.
A questo proposito, come si può rispondere alla sfida educativa che, tramite la Rete, le nuove generazioni stanno lanciando?
Su Internet è tutto più semplice. La ricetta è quella della cooperazione e della collaborazione. Un adolescente che naviga online risponde in fondo a un bisogno di libertà. Per tornare alla metafora delle catacombe, egli vive in comunità virtuali sotterranee, eppure sempre più grandi. Per conoscerlo e incontrarlo, bisogna pensare a un percorso che porti il più in fretta possibile dal virtuale al reale. Per questo, credo che i tempi di uscita dalle catacombe saranno molto brevi.
«Avvenire» del 7 ottobre 2009
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