Secondo una ricerca di Nomisma un quarto degli studenti degli istituti professionali gioca tutti i giorni. Il 22% partecipa a 5 tipi diversi di «scommesse»
di Nicola Pini
Nel 2008 la spesa è aumentata del 13%, nel 2009 è atteso un altro +11% a quota 53 miliardi di euro: gli italiani sono sempre più coinvolti dai giochi. Molti tentano la fortuna, gli adulti e ancor più i giovanissimi. Nonostante la crisi economica o, forse chissà, anche in ragione della crisi: cala il Pil, il lavoro è in bilico, la scuola sembra inutile e aumentano le puntate, nella speranza del «bingo» risolutivo, quello della svolta. Dal Superlenalotto, alle scommesse sportive, fino ai giochi on line, non c’è recessione che tenga: tutti segni al rialzo. Ma alla fine a brindare, accanto a qualche superfortunato, sono soprattutto le casse pubbliche, con l’Erario che prevede di rastrellare quest’anno dalla tassazione sui giochi la cifra record di oltre 8 miliardi di euro (vedi box). Un bel gruzzolo. Peccato però che sfrutti abitudini non sempre esenti da rischi, comprese le giocate dei minorenni anche in ambiti che sarebbero vietati dalla legge.
A fornire uno spaccato dell’Italia che scommette è una ricerca di Nomisma che ha messo sotto i riflettori sopratutto il mondo dei giovanissimi, tra i quali la propensione al gioco è superiore alla media. Nel 2008 ha puntato soldi almeno una volta il 55% della popolazione con oltre i 15 anni, ovvero 28 milioni di italiani. Percentuale che balza al 68% nel campione di oltre 8500 studenti dell’ultimo biennio delle superiori preso in esame. In pratica, hanno sperimentato il gioco 686mila ragazzi tra i 16 e i 19 anni su 950mila, con una spesa media mensile di 10 euro. Buona parte di loro gioca poco e di rado, ma la tentazione non è uniforme ed è correlata al contesto territoriale, sociale e familiare. Si gioca di più al Sud (75% del campione), tra i maschi (76%) e negli istituti professionali (78%), dove ben un quarto dei giocatori lo fa tutti i giorni. Per gran parte dei ragazzi la puntata è un divertimento occasionale, in genere rivolto a Gratta & Vinci, Superenalotto e Lotto. Ma c’è una fascia di «consumatori a rischio», come l’indagine sottolinea: quel 22% di giocatori che partecipa ad almeno 5 tipi diversi di «scommessa», il 24% che nasconde le sue abitudini ai genitori, il 12% che considera il gioco una dipendenza. Nel 5% dei casi poi questo vizio interferisce sugli impegni scolastici e familiari. I giovani censiti da Nomisma chiedono maggiori informazioni sui rischi connessi al gioco e affermano che i divieti di giocare sono spesso poco chiaro.
Così accade che la propensione a puntare soldi in giochi vietati ai minori sia nei fatti poco simile tra gli adulti e i ragazzi. Ad esempio alle scommesse sportive in agenzia partecipa il 22% dei giocatori senior e il 20% di quelli junior. Alle scommesse on line le percentuali sono vicine all’8% in entrambi i casi. Con le new slot si dilettano il 21% dei grandi ma anche il 14% dei ragazzi. Evidente quindi che i controlli non funzionano a dovere. Come dimostra il fatto che a un vero e proprio gioco d’azzardo come il poker via Internet, regolarizzato nel 2008 e che prevede procedure di riconoscimento on line, hanno partecipato in soli 4 mesi 80mila studenti.
«Il nostro obiettivo non è certo quello di aumentare la propensione al gioco – ha spiegato alla presentazione della ricerca Francesco Rodano, dei Monopoli di Stato –. Il nostro target è rappresentato da chi già giocava in modo illegale o ora può farlo in un contesto con più tutele e controlli». Per Giorgio Rembado, dell’Associazione dirigenti della scuola, occorre però approfondire i rischi del gioco per i giovani, a partire «dalla dipendenza e dalle contiguità e relazioni pericolose che possono instaurarsi con il gioco clandestino e quindi con la criminalità organizzata ».
A fornire uno spaccato dell’Italia che scommette è una ricerca di Nomisma che ha messo sotto i riflettori sopratutto il mondo dei giovanissimi, tra i quali la propensione al gioco è superiore alla media. Nel 2008 ha puntato soldi almeno una volta il 55% della popolazione con oltre i 15 anni, ovvero 28 milioni di italiani. Percentuale che balza al 68% nel campione di oltre 8500 studenti dell’ultimo biennio delle superiori preso in esame. In pratica, hanno sperimentato il gioco 686mila ragazzi tra i 16 e i 19 anni su 950mila, con una spesa media mensile di 10 euro. Buona parte di loro gioca poco e di rado, ma la tentazione non è uniforme ed è correlata al contesto territoriale, sociale e familiare. Si gioca di più al Sud (75% del campione), tra i maschi (76%) e negli istituti professionali (78%), dove ben un quarto dei giocatori lo fa tutti i giorni. Per gran parte dei ragazzi la puntata è un divertimento occasionale, in genere rivolto a Gratta & Vinci, Superenalotto e Lotto. Ma c’è una fascia di «consumatori a rischio», come l’indagine sottolinea: quel 22% di giocatori che partecipa ad almeno 5 tipi diversi di «scommessa», il 24% che nasconde le sue abitudini ai genitori, il 12% che considera il gioco una dipendenza. Nel 5% dei casi poi questo vizio interferisce sugli impegni scolastici e familiari. I giovani censiti da Nomisma chiedono maggiori informazioni sui rischi connessi al gioco e affermano che i divieti di giocare sono spesso poco chiaro.
Così accade che la propensione a puntare soldi in giochi vietati ai minori sia nei fatti poco simile tra gli adulti e i ragazzi. Ad esempio alle scommesse sportive in agenzia partecipa il 22% dei giocatori senior e il 20% di quelli junior. Alle scommesse on line le percentuali sono vicine all’8% in entrambi i casi. Con le new slot si dilettano il 21% dei grandi ma anche il 14% dei ragazzi. Evidente quindi che i controlli non funzionano a dovere. Come dimostra il fatto che a un vero e proprio gioco d’azzardo come il poker via Internet, regolarizzato nel 2008 e che prevede procedure di riconoscimento on line, hanno partecipato in soli 4 mesi 80mila studenti.
«Il nostro obiettivo non è certo quello di aumentare la propensione al gioco – ha spiegato alla presentazione della ricerca Francesco Rodano, dei Monopoli di Stato –. Il nostro target è rappresentato da chi già giocava in modo illegale o ora può farlo in un contesto con più tutele e controlli». Per Giorgio Rembado, dell’Associazione dirigenti della scuola, occorre però approfondire i rischi del gioco per i giovani, a partire «dalla dipendenza e dalle contiguità e relazioni pericolose che possono instaurarsi con il gioco clandestino e quindi con la criminalità organizzata ».
«Avvenire» del 1 ottobre 2009
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