Si intitola «Recensire» (Donzelli). L'autore è Massimo Onofri. Consigli di lettura, spunti, citazioni colte per arrivare a un consiglio tutt'altro che scontato: iniziamo a fornire una sintesi del libro di cui parliamo e facciamolo con parole semplici e alla protata di tutti
di Pier Francesco Borgia
Nelle intenzioni di Massimo Onofri, forse, il libro voleva essere un'utile guida per le nuove leve della critica letteraria. Quella schiera di giovani che si stanno facendo le ossa su blog e riviste semiclandestine col sogno (malcelato) di approdare sulle pagine di Tuttolibri (della «Stampa») o di Alias («Manifesto»). Alcuni magari sognano addirittura di calcare le orme di Lancillotto Mamurio (alias Roberto Cotroneo) che sulle pagine dell'inserto domenicale del «Sole 24 Ore» ha fustigato le debolezze e le contraddizioni degli scrittori italiani nei primi anni Novanta. Il libro-manuale (pubblicato ormai è qualche mese da Donzelli) è intitolato «Recensire» e porta come sottotitolo: «istruzioni per l'uso».
Massimo Onofri (classe 1961) insegna Letteratura italiana contemporanea all'università di Sassari e collabora con numerose riviste e giornali fornendo un contributo costante e autorevole di critico letterario.
Il libro nasce da una domanda alquanto semplice ma non per questo gratuita. «Chi altro è un critico letterario se non un lettore che scrive di quel che legge?» Semplice ma inoppugnabile. Per fortuna Onofri aggiunge una postilla, sempre interrogativa. Altrimenti addio libro (diremmo noi). «C'è o non c'è una differenza significativa, diciamo pure costitutiva, tra un lettore che legge per leggere e basta, che di ciò interamente si appaga, e quel lettore che, invece, si dispone a scrivere proprio per dar conto della sua esperienza di lettura?» Per fortuna il libro nelle sue 147 pagina vola più basso di così. Altrimenti non saremmo qui a parlarne e soprattutto non lo segnaleremmo ai lettori. È vero che Onofri non perde occasione per mostrare tutta la sua granitica cultura letteraria. Cita Barthes, si diletta nel parafrasare Citati e Garboli, allude a Calvino e Raboni. Osa anche lo schematismo («È possibile individuare due atteggiamenti alternativi, se non antitetici, in qualche modo fondativi. Da una parte, quello supremamente deduttivo della Teoria della Letteratura: laddove il testo non è altro che un'estensione logica, apriori, di un concetto di letterarietà, una sua verifica e, nel contempo, una sua conferma. Dall'altra, quello radicalmente induttivo che abbiamo ricondotto all'atto e ai risultati di una concreta lettura e che, un po' alla grossa, abbiamo identificato con l'attività del recensore»), ma per nostra fortuna non rinuncia alla missione di porgere al lettore pagine illuminanti su come fare critica letteraria, come recensire libri, dando anche ghiotti esempi su come non si fanno recensioni, tratti dai più autorevoli giornali, riviste e quotidiani italiani di questi anni.
Ed è per questo che a fine lettura ci consideriamo soddisfatti. Chiedere, ad esempio, al recensore come fa Onofri un sunto del libro da recensire sembra banale, ma non lo è poi tanto nel panorama delle patrie lettere. Molti lettori di giornali sfuggono le recensioni quando si accorgono (e accade più spesso di quanto si pensi) che il recensore usa il libro da segnalare più come pretesto per le sue doti retoriche che per altri motivi eticamente nobili. Intere articolesse, profluvii di parole, che dimostrano la preparazione dell'augusta «firma» ma che lasciano il lettore disorientato se non confuso.
E poi c'è il problema dell'etica. Del senso di responsabilità che dovrebbe sorreggere la penna del recensore nel momento più delicato, vale a dire quello in cui si lancia in giudizi entusiasti per libri che - forse - non valgono dieci ore del nostro tempo e meno che mai il prezzo di copertina. Onofri si prende in pieno la responsabilità di quello che dice facendo anche nomi e cognomi e fornendo al lettore ampi riferimenti per cogliere in fallo i più stimati recensori del momento. È il caso - ad esempio - di Antonio D'Orrico. Il giornalsita cura una sorta di rubrica molto letta e seguita sul magazine del «Corriere della Sera». Per i suoi articoli, Onofri parla di «spazio liturgico», dove si celebra un rito che intende non illuminare i lettori sulle più meritevoli uscite librarie ma esaltare le doti censorie del D'Orrico stesso. Ma, avverte, Onofri, «D'Orrico è uno che la spara sempre grossa, per principio». «Siamo dentro un formidabile paradosso: esercitare la critica privandola dell'unica sua autorevolezza e plausibilità, quelle che solo l'autorevolezza degli argomenti, non certo l'autoritarismo di scrivere col massimo di audience assicurato, può garantire».
Onofri non si tira indietro nemmeno davanti alla spinosa questione della stroncatura. Giusta? Inutile? Gratuito accanimento? Lecito monito? L'autore di «Recensire» offre un salomonico verdetto: la stroncatura è giusta quando viene preso di mira un grande romanziere. Altro discorso per quanto concerne i debuttanti. Inutile - sembra dire Onofri - sparare sulla Croce Rossa. Se si tratta di un debutto infelice, meglio sorvolare che parlarne.
Alla fine di tutto, questo agile manualetto può davvero risultare utile agli aspiranti recensori (offre un know-how di tutto rispetto), ma sarà ancor più utile per tutti quei lettori che invero vorrebbero semplicemente essere illuminati sugli acquisti editoriali, che vorrebbero avere facili strumenti d'appoggio per quella pratica - la lettura - che giorno per giorno diventa sempre più elitaria.
Massimo Onofri (classe 1961) insegna Letteratura italiana contemporanea all'università di Sassari e collabora con numerose riviste e giornali fornendo un contributo costante e autorevole di critico letterario.
Il libro nasce da una domanda alquanto semplice ma non per questo gratuita. «Chi altro è un critico letterario se non un lettore che scrive di quel che legge?» Semplice ma inoppugnabile. Per fortuna Onofri aggiunge una postilla, sempre interrogativa. Altrimenti addio libro (diremmo noi). «C'è o non c'è una differenza significativa, diciamo pure costitutiva, tra un lettore che legge per leggere e basta, che di ciò interamente si appaga, e quel lettore che, invece, si dispone a scrivere proprio per dar conto della sua esperienza di lettura?» Per fortuna il libro nelle sue 147 pagina vola più basso di così. Altrimenti non saremmo qui a parlarne e soprattutto non lo segnaleremmo ai lettori. È vero che Onofri non perde occasione per mostrare tutta la sua granitica cultura letteraria. Cita Barthes, si diletta nel parafrasare Citati e Garboli, allude a Calvino e Raboni. Osa anche lo schematismo («È possibile individuare due atteggiamenti alternativi, se non antitetici, in qualche modo fondativi. Da una parte, quello supremamente deduttivo della Teoria della Letteratura: laddove il testo non è altro che un'estensione logica, apriori, di un concetto di letterarietà, una sua verifica e, nel contempo, una sua conferma. Dall'altra, quello radicalmente induttivo che abbiamo ricondotto all'atto e ai risultati di una concreta lettura e che, un po' alla grossa, abbiamo identificato con l'attività del recensore»), ma per nostra fortuna non rinuncia alla missione di porgere al lettore pagine illuminanti su come fare critica letteraria, come recensire libri, dando anche ghiotti esempi su come non si fanno recensioni, tratti dai più autorevoli giornali, riviste e quotidiani italiani di questi anni.
Ed è per questo che a fine lettura ci consideriamo soddisfatti. Chiedere, ad esempio, al recensore come fa Onofri un sunto del libro da recensire sembra banale, ma non lo è poi tanto nel panorama delle patrie lettere. Molti lettori di giornali sfuggono le recensioni quando si accorgono (e accade più spesso di quanto si pensi) che il recensore usa il libro da segnalare più come pretesto per le sue doti retoriche che per altri motivi eticamente nobili. Intere articolesse, profluvii di parole, che dimostrano la preparazione dell'augusta «firma» ma che lasciano il lettore disorientato se non confuso.
E poi c'è il problema dell'etica. Del senso di responsabilità che dovrebbe sorreggere la penna del recensore nel momento più delicato, vale a dire quello in cui si lancia in giudizi entusiasti per libri che - forse - non valgono dieci ore del nostro tempo e meno che mai il prezzo di copertina. Onofri si prende in pieno la responsabilità di quello che dice facendo anche nomi e cognomi e fornendo al lettore ampi riferimenti per cogliere in fallo i più stimati recensori del momento. È il caso - ad esempio - di Antonio D'Orrico. Il giornalsita cura una sorta di rubrica molto letta e seguita sul magazine del «Corriere della Sera». Per i suoi articoli, Onofri parla di «spazio liturgico», dove si celebra un rito che intende non illuminare i lettori sulle più meritevoli uscite librarie ma esaltare le doti censorie del D'Orrico stesso. Ma, avverte, Onofri, «D'Orrico è uno che la spara sempre grossa, per principio». «Siamo dentro un formidabile paradosso: esercitare la critica privandola dell'unica sua autorevolezza e plausibilità, quelle che solo l'autorevolezza degli argomenti, non certo l'autoritarismo di scrivere col massimo di audience assicurato, può garantire».
Onofri non si tira indietro nemmeno davanti alla spinosa questione della stroncatura. Giusta? Inutile? Gratuito accanimento? Lecito monito? L'autore di «Recensire» offre un salomonico verdetto: la stroncatura è giusta quando viene preso di mira un grande romanziere. Altro discorso per quanto concerne i debuttanti. Inutile - sembra dire Onofri - sparare sulla Croce Rossa. Se si tratta di un debutto infelice, meglio sorvolare che parlarne.
Alla fine di tutto, questo agile manualetto può davvero risultare utile agli aspiranti recensori (offre un know-how di tutto rispetto), ma sarà ancor più utile per tutti quei lettori che invero vorrebbero semplicemente essere illuminati sugli acquisti editoriali, che vorrebbero avere facili strumenti d'appoggio per quella pratica - la lettura - che giorno per giorno diventa sempre più elitaria.
«Il Giornale» del 13 ottobre 2009
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