di Massimo Gramellini
Dando voce al pensiero di molti suoi coetanei di destra e di sinistra, Massimo D'Alema ha riconosciuto in una intervista a «Gente» che nell'Ospizio Italia i giovani sono tagliati fuori da qualsiasi ruolo attivo, ma li ha anche invitati a «combattere per il loro futuro come la nostra generazione, che a partire dal Sessantotto, nel bene e nel male, si è fatta rumorosamente sentire». La Meglio Gioventù che incita alla ribellione la Molle Gioventù. Sarebbe però meschino interpretare l’avverbio «rumorosamente» come un invito alla violenza: quasi che, in questo mortorio di arresi esistenziali, lanciare una molotov o un sampietrino rappresentasse quantomeno una prova di energia.
Il cinquantottenne ministro commette semmai un altro errore, tipico di quelli che provano a immedesimarsi in un'età che non respirano più. Quando lui aveva vent’anni, i giovani sognavano ancora di poter cambiare il mondo con gli strumenti della politica, semplicemente conquistando il potere. Ma i ragazzi del Duemila detestano impegnarsi in politica proprio perché hanno perso quella speranza. E l’hanno persa da quando hanno visto che la generazione dei sessantottini, una volta conquistato il potere, lo ha poi usato come coloro che contestava: senza coraggio e con l’unico obiettivo di conservarlo. Le rivoluzioni politiche annegano gli ideali nell’aceto del compromesso e dell’ambizione. Sono le rivoluzioni spirituali a produrre esiti più interessanti. Ma di quelle ne arriva in media una ogni duemila anni. Chissà, magari fra un po’ ci siamo di nuovo.
«La Stampa» del 9 agosto 2007
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