Di Massimo Gramellini
Il Telegraph racconta la storia di una lei e di un lui trentenni, Sana (si fa per dire) e Adnan, che entrano in contatto sul web dietro gli pseudonimi di «Sweetie» e «Prince of Joy». Sposato? Sì e tu? Purtroppo anch’io: mio marito è un disastro, ha fatto questo e quest’altro. Anche mia moglie combina le peggio cose, io non la sopporto più e la tradisco. Ti comprendo, sai, pure io metto le corna a mio marito. Se lo merita, brava! Grazie, caro, tu sì che mi capisci: ah, ti avessi conosciuto prima! Si può sempre rimediare, cara: perché non ci incontriamo?
Si sono incontrati. E hanno scoperto di essere marito e moglie. La pratica, adesso, è in mano agli avvocati. La morale, invece, possiamo trarcela da noi. Oltre a ribadire le ragioni dell’«amore da lontano» cantato dai trovatori, questa storia rivela il grande inganno della Rete. Le persone che non sopportiamo più nella vita reale, in quella immaginaria tornano a essere affascinanti perché non sono logorate dall’usura della verità. Internet è la nuova palestra delle emozioni perché è diventato il luogo dei corteggiamenti, delle aspettative e delle illusioni, anche su se stessi: agli estranei ci si può raccontare migliori di quel che si è. E questa regola si applica a tutti i moti dell’animo che pascolano sul web: politica compresa. Le comunità virtuali, come quella cresciuta intorno a Grillo, fanno sognare finché restano tali. Il giorno in cui prendessero a frequentarsi stabilmente dal vivo, anche i grillini rischierebbero di fare la fine di Sweetie e Prince of Joy, o più banalmente dell’Udeur.
«La Stampa» del 21 settembre 2007
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