Un reportage di Aldo Cazzullo racconta i paradossi e le volgarità di una mercificazione senza limiti
Di Gian Antonio Stella
Di Gian Antonio Stella
Tra animali esotici e riti esoterici, le nuove piazze sono i «non luoghi» del consumo
Avete mai fatto un regalo di Natale al cane? Se la domanda vi appare insensata e forse un po’idiota, non conoscete l’Italia di oggi. C’è un sacco di gente, infatti, che fa regali di Natale al cane. Per l’esattezza, il 57 per cento. Per non dire di quanti, aboliti i vecchi nomi come Bobi o Fido e scartati via via quelli suggeriti dai siti Internet specializzati (ce n’è uno che si vanta di poterne suggerire oltre 10 mila, da Aaron a Zoemi), hanno chiamato la loro amatissima bestiola Mario, Roberta, Giovanni o Emma. Sono o non sono come figli? «Gigliola: a cuccia!». Intendiamoci, questo rapporto con gli animali non è una assoluta novità. Resta indimenticabile, anni fa, una lettera alla Stampa di un certo Cesare Pierbattisti che, a prezioso cesello di una progressiva deriva che vedeva i connazionali acquistare creature sempre più esotiche, dall’anaconda alla tarantola, lanciava un appello alle anime buone: «Chi vuole il mio caimano?» Il suo Ippolito, diceva, aveva un carattere che lo amareggiava: «Fra l’altro non è neanche di compagnia». «E perché mai un coccodrillo dovrebbe essere di compagnia?», gli chiesero. E lui: «Tutti gli animali possono diventarlo. Tutti si affezionano al padrone o a chi dà loro da mangiare. Ippolito no. Lui è una specie di macchina primitiva. Concepita esclusivamente per divorare. Mi viene incontro soltanto quando capisce che è ora di pranzo». Non è il solo, a badare soprattutto alla pancia. Anzi, a leggere il nuovo libro di Aldo Cazzullo, Outlet Italia. Viaggio nel paese in svendita, da domani nelle librerie per Mondadori, viene in mente un aneddoto che racconta Giancarlo Ligabue, grande imprenditore del catering, insaziabile divoratore di cultura e protagonista di decine e decine di spedizioni in giro per il mondo, per conto di varie università del pianeta e del National Geographic. Un giorno, mentre si inoltrava nella jungla amazzonica coi suoi collaboratori e un gruppo di portatori indios, questi ultimi si fermarono di colpo. «Cosa c’è?», chiese al capo, «Qualcuno si è fatto male? Siete stanchi? Volete più soldi?». «No, señor», gli rispose l’indio, «ma camminavamo troppo veloci e le nostre anime non riuscivano a starci dietro». Ecco, l’Italia che descrive Cazzullo è questa. Un Paese che, arricchito troppo in fretta dopo secoli di povertà, pare avere perso per strada l’anima. «Compratevene una nuova», risponderebbero certi protagonisti del reportage dell’inviato del Corriere. E declamerebbero le meraviglie dello scaffale traboccante di nuove religioni, nuovi profeti, nuove sette: «L’Enciclopedia delle religioni in Italia, pubblicata nel 2001 da Elledici, ha tentato un catalogo dei culti e delle sette, ed è arrivata alla considerevole cifra di tredicimila». Roba buona e a buon mercato, direbbe la pubblicità. Così che ognuno possa scegliersi un dio, un messia, una regola su misura. Non gli piacciono più? Butta via tutto e ne prova altri. L’immagine che esce dal libro è quella di un Paese sempre più incapace di riconoscere se stesso e sempre più ruotante intorno alle nuove, impersonali ed enormi agorà: gli outlet. Vale a dire i centri commerciali riverniciati da un nuovo nome, che «suona straniero, quindi accattivante». «L’outlet rappresenta la forma perfetta del "non luogo" teorizzato da Marc Augé: uno spazio né identitario né sociale né storico, perché non vi si costituiscono identità, non si stringono relazioni, non si sedimenta storia; l’uomo si ritrova solo ed è spinto al passaggio veloce, al provvisorio, all’effimero». Un luogo «di consumo del presente» dove passare le giornate e dove trovare tutto, dal braccio meccanico al grasso di foca, meno gli orologi. Meglio: quelli in vendita ci sono, ma non quelli alle pareti ad uso dei clienti: all’outlet «il tempo è sospeso». «La svendita di beni immateriali», dalla cultura alle tradizioni, dal pudore al rispetto di se stessi, scrive l’autore, «rende l’intera Italia un immenso outlet, dove di tutto si fa commercio e nulla conserva il valore che aveva». «Non luoghi» sterminati di decine di ettari e centinaia di negozi e finte piazze di paese e finte fontane e finte case antiche. Dove abbandonare i bambini che una volta si abbandonavano alle porte dei conventi. Dove lasciarsi abbindolare dalla necessità assoluta di bere beveroni propagandati da slogan demenziali: «Sorge l’energia, tramonta lo stress». Dove rubare: spariscono ogni anno merci per due miliardi e 618 milioni di euro e vengono beccati centomila ladri, dal magazziniere napoletano, che metodicamente sottraeva una bottiglia al giorno di Dom Perignon millesimato, alle suorine che cercavano di andarsene con decine di lamette da barba: «Ma che ve ne fate?», «Sono per i carcerati». Outlet della danza, come la più grande discoteca del pianeta, alle porte di Roma, che sventola un nome cacofonico («Palacavicchi»), ma offre nei suoi sette hangar musica per tutti i gusti. Outlet della salute, dove resistono le «vecchie terme, pensione completa e anziani in fila con il bicchiere in mano alla fonte dell’acqua curativa», ma per adeguarsi al mercato «anche i centri termali più antichi hanno dovuto intercettare la moda new age e riconvertirsi in centri benessere» e cioè in Spa: non Società per azioni ma «Salus per aquam». Posti dove forse il vero obiettivo «non è godere ma leopardianamente smettere di soffrire. Sottoporre il proprio corpo a ogni sorta di pressione, frizione, trattamento, unzione fino a non sentirlo più, a sospendere ogni tensione vitale, e precipitare in uno stato di atarassia, di vuoto, di torpore, di penombra. Quasi una condizione prenatale». Il tutto grazie a «Shiatsu Stretching. Thai. Reiky. Dipu. Tokui-do. E ancora: Netra, antica tecnica indiana per eliminare il grigiore del viso. Shintai, trattamento cinese per sciogliere la tensione muscolare. Riflessologia plantare nelle due varianti Pada e Zu». E poi outlet della politica, della fede popolare dove si svende tutto, delle metropoli alla deriva, delle piccole patrie smarrite, della televisione demente, dei treni dove capita di essere morsi da una zecca e perfino da uno scorpione. E outlet del rogo estivo e della resa all’illegalità di massa dimostrata dal fatto che a proposito della patente a punti «su 8.157 comuni ben 4.340 non hanno mai comunicato al ministero una sola sanzione». La mancanza di gusto in quello che racconta a se stesso di essere il Paese del buon gusto: ecco la sintesi del reportage. Che diverte, con le sue carrellate di assurdità e di contraddizioni, almeno quanto spaventa.
S’intitola «Outlet Italia. Viaggio nel paese in svendita» (pagine 289, 16) il nuovo libro di Aldo Cazzullo, edito da Mondadori, in uscita domani L’autore, nato ad Alba nel 1966, è inviato del «Corriere della Sera» e ha scritto diversi volumi Tra le opere precedenti di Cazzullo: «I ragazzi di via Po» (Mondadori), «I ragazzi che volevano fare la rivoluzione» (Sperling & Kupfer), «I torinesi» (Laterza), «Italia-Germania 2 a 0» (Fazi).
«Corriere della sera» del 22 ottobre 2007
Nessun commento:
Posta un commento