Vangeli & tradizione
di Lorenzo Fazzini
Natale, una leggenda edificante o il racconto di una storia particolare? Sulla nascita di Gesù di Nazareth i Vangeli riferiscono narrazioni fantastiche miste a pii commenti oppure si tratta di resoconti interpretativi vicini alla realtà dei fatti? Insomma, leggendo i brani biblici sulla vicenda del Cristo nascente bisogna procedere con la falce della demitizzazione («un falso problema») o incedere con circospezione alla ricerca delle pepite d’oro dei fatti storici? Se lo chiede - e si premura di rispondere, con dovizia di particolari - uno dei più grandi biblisti viventi, il francescano belga Frédéric Manns, per anni direttore dello Studium Biblicum Francescanum di Gerusalemme, il sancta sanctorum della ricerca archeologica in Terra Santa.
Manns ha appena dato alle stampe, per le edizioni Vita & Pensiero, una sorta di 'bignami esegetico' sui Vangeli dell’infanzia, utilissimo passepartout per entrare con profitto nei testi di Matteo e Luca sul periodo immediatamente prima, durante e dopo la Natività del Divino Bambino. Trenta domande (e trenta risposte) su Maria e la nascita di Gesù si intitola il volumetto (pagine 144, euro 14) che, nell’epoca delle baggianate alla Dan Brown sulla non storicità dei Vangeli, condensa nell’accattivante forma del botta e risposta la sterminata conoscenza biblica dello studioso seguace del Poverello.
Certo, quando si parla dei racconti neotestamenti sull’infanzia di Cristo non siamo davanti a resoconti di cronaca, ma si tratta di testi «storici nel senso che si interessano anzitutto alla storia della Salvezza» che, inoltre, «sono profondamente radicati nella storia giudica». La vicenda del Cristo nascente si dipana soprattutto in ambito giudaico: ecco quindi la necessità di una genealogia di discendenza davidica di Gesù, realtà attestata nel periodo in questione: «Nel primo secolo esistevano ancora discendenti di Davide - annota il francescano belga - . Su un ossario di Gerusalemme è incisa un’iscrizione: Appartenente alla famiglia di Davide».
Che Gesù sia nato a Betlemme, sono di assoluto rilievo evidenzia Manns - i dati storici che lo confermano: già Giustino di Nablus, nel suo Dialogo di Trifone del 135 (quindi ad un secolo dalla morte di Cristo), lo attesta con certezza. E anche il Contra Celsum di Origene del 248, scritto mentre l’autore si trovava in Palestina, riporta che la città di Davide ha visto nascere il Figlio di Dio. Sono poi convergenti le testimonianze dell’apocrifo Protovangelo di Giacomo e le successive attestazioni del 335 di Eusebio di Cesarea, il primo grande storico della Chiesa, nonché quelle più tarde di Cirillo di Gerusalemme e di san Gerolamo.
La datazione del Natale però, come noto, è artificiosa: l’annata fu ricostruita in maniera sbagliata dal monaco Dionigi il Piccolo del VI secolo. In verità, secondo Matteo, Gesù nacque sotto Erode il Grande, che regnò dal 37 al 4 a.
C. E quindi la notte del primo vagito di Cristo si deve situare intorno al 6 a. C. E il 25 dicembre? Qui la scelta deriverebbe - secondo Manns - dal 'simbolismo solare' diffuso in Palestina: se i seguaci del culto del dio Mitra festeggiavano in quella data la nascita del dio del sole Mitra, ecco che papa Liberio nel 254 scelse il solstizio d’inverno per celebrare la nascita del vero astro, Gesù.
Indizi storici, si diceva: sono quelli, ad esempio, dello storico Giuseppe Flavio che situa negli ultimi anni della vita di Erode - uccisore dei suoi propri figli - una rivolta «a motivo della diffusione di voci sulla sua morte». Quindi, il racconto di Matteo non è alieno da agganci con le vicende storiche del tempo, sebbene - annota Manns - all’autore biblico interessi di più il riferimento alla vicenda scritturistica di Mosè, visto che Gesù viene descritto come il nuovo Mosè. E pure la venuta dei Magi dall’Oriente non ha niente di spiritualista: secondo lo stesso Giuseppe Flavio, questi sacerdoti del culto persiano di Zoroastro avevano contatti con Gerusalemme; inoltre è da considerare una particolare congiunzione astronomica avvenuta tra il 6 e il 7 a. C., indizio che alcuni storici collegano con 'la stella' che fa da guida ai Re Magi. Il loro tradizionale numero di 3 fu individuato dagli apocrifi successivi ai vangeli canonici, come il Vangelo armeno dell’infanzia, che li 'battezzerà' anche in Gaspare, Baldassarre, Melchiorre.
Ancora: il presepe non ha solo una funzione fideistica ma anche 'reale', visto che secondo Manns l’espressione «non c’era posto per loro nell’albergo» va commentata così: «Perché il posto di una partoriente non era nell’albergo».
Per questo motivo Maria, donna osservante della legge, si può essere «ritirata in un luogo discreto per non complicare la vita ad altri».
«Avvenire» del 21dicembre 2007
Manns ha appena dato alle stampe, per le edizioni Vita & Pensiero, una sorta di 'bignami esegetico' sui Vangeli dell’infanzia, utilissimo passepartout per entrare con profitto nei testi di Matteo e Luca sul periodo immediatamente prima, durante e dopo la Natività del Divino Bambino. Trenta domande (e trenta risposte) su Maria e la nascita di Gesù si intitola il volumetto (pagine 144, euro 14) che, nell’epoca delle baggianate alla Dan Brown sulla non storicità dei Vangeli, condensa nell’accattivante forma del botta e risposta la sterminata conoscenza biblica dello studioso seguace del Poverello.
Certo, quando si parla dei racconti neotestamenti sull’infanzia di Cristo non siamo davanti a resoconti di cronaca, ma si tratta di testi «storici nel senso che si interessano anzitutto alla storia della Salvezza» che, inoltre, «sono profondamente radicati nella storia giudica». La vicenda del Cristo nascente si dipana soprattutto in ambito giudaico: ecco quindi la necessità di una genealogia di discendenza davidica di Gesù, realtà attestata nel periodo in questione: «Nel primo secolo esistevano ancora discendenti di Davide - annota il francescano belga - . Su un ossario di Gerusalemme è incisa un’iscrizione: Appartenente alla famiglia di Davide».
Che Gesù sia nato a Betlemme, sono di assoluto rilievo evidenzia Manns - i dati storici che lo confermano: già Giustino di Nablus, nel suo Dialogo di Trifone del 135 (quindi ad un secolo dalla morte di Cristo), lo attesta con certezza. E anche il Contra Celsum di Origene del 248, scritto mentre l’autore si trovava in Palestina, riporta che la città di Davide ha visto nascere il Figlio di Dio. Sono poi convergenti le testimonianze dell’apocrifo Protovangelo di Giacomo e le successive attestazioni del 335 di Eusebio di Cesarea, il primo grande storico della Chiesa, nonché quelle più tarde di Cirillo di Gerusalemme e di san Gerolamo.
La datazione del Natale però, come noto, è artificiosa: l’annata fu ricostruita in maniera sbagliata dal monaco Dionigi il Piccolo del VI secolo. In verità, secondo Matteo, Gesù nacque sotto Erode il Grande, che regnò dal 37 al 4 a.
C. E quindi la notte del primo vagito di Cristo si deve situare intorno al 6 a. C. E il 25 dicembre? Qui la scelta deriverebbe - secondo Manns - dal 'simbolismo solare' diffuso in Palestina: se i seguaci del culto del dio Mitra festeggiavano in quella data la nascita del dio del sole Mitra, ecco che papa Liberio nel 254 scelse il solstizio d’inverno per celebrare la nascita del vero astro, Gesù.
Indizi storici, si diceva: sono quelli, ad esempio, dello storico Giuseppe Flavio che situa negli ultimi anni della vita di Erode - uccisore dei suoi propri figli - una rivolta «a motivo della diffusione di voci sulla sua morte». Quindi, il racconto di Matteo non è alieno da agganci con le vicende storiche del tempo, sebbene - annota Manns - all’autore biblico interessi di più il riferimento alla vicenda scritturistica di Mosè, visto che Gesù viene descritto come il nuovo Mosè. E pure la venuta dei Magi dall’Oriente non ha niente di spiritualista: secondo lo stesso Giuseppe Flavio, questi sacerdoti del culto persiano di Zoroastro avevano contatti con Gerusalemme; inoltre è da considerare una particolare congiunzione astronomica avvenuta tra il 6 e il 7 a. C., indizio che alcuni storici collegano con 'la stella' che fa da guida ai Re Magi. Il loro tradizionale numero di 3 fu individuato dagli apocrifi successivi ai vangeli canonici, come il Vangelo armeno dell’infanzia, che li 'battezzerà' anche in Gaspare, Baldassarre, Melchiorre.
Ancora: il presepe non ha solo una funzione fideistica ma anche 'reale', visto che secondo Manns l’espressione «non c’era posto per loro nell’albergo» va commentata così: «Perché il posto di una partoriente non era nell’albergo».
Per questo motivo Maria, donna osservante della legge, si può essere «ritirata in un luogo discreto per non complicare la vita ad altri».
«Avvenire» del 21dicembre 2007
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