di Vito Punzi
C’è voluto un film, l’anno scorso, il primo lungometraggio di Florian Henckel von Donnersmarck, per sollecitare la coscienza storica di un’intera generazione di occidentali (dunque non dei soli tedeschi). Ci sono voluti quel La vita degli altri e quello sguardo timido e insieme inespressivo di Ulrich Mühe. Un 'caso' tipico, non troppo frequente, d’incontro, in un’opera cinematografica, tra bellezza (arte) e verità (storia). Certo i meritati riconoscimenti ottenuti dal film hanno messo sugli scudi von Donnersmarck, regista e sceneggiatore. Non può essere taciuto tuttavia il lavoro oscuro svolto da quei ricercatori che da anni danno il loro contributo alla ricostruzione di oltre quarant’anni di storia al di là del Muro berlinese. Una storia di libertà e diritti negati, di dittatura 'nazional-socialista' (e la definizione non sembri forzata). Tra questi c’è lo storico Hubertus Knabe, uno dei massimi esperti sulla storia della Ddr e impegnato da tempo, in particolare, per tenere viva la memoria delle vittime del regime della Sed, l’allora Partito comunista della Germania orientale.
Dottor Knabe, come valuta l’attuale governo federale in rapporto a quella memoria?
«È parte dell’esperienza tragica vissuta dalle vittime il fatto che in Germania in questo s’impegni principalmente solo l’opposizione, mentre il governo riesce solo a dichiarare che non ci sono soldi. Dopo una battaglia durata anni è stata introdotta almeno una pensione per coloro che furono vittime della persecuzione di 250 euro mensili, e tuttavia viene riconosciuta solo agli indigenti. Molti di coloro che nella Ddr hanno dimostrato coraggio civile ne pagano ancor oggi le conseguenze ».
Che giudizio dà del Museo del check-point Charlie, il luogo che dovrebbe rappresentare la memoria di quelle vittime?
«Fino ad oggi alle vittime del regime della Ddr è stato dato un tributo insufficiente. E penso non solo ai circa mille morti, ma anche ai tanti feriti e agli oltre settantamila imprigionati. Quando presso il checkpoint Charlie sono stati ricordati i mille morti con altrettante croci di legno, l’area venne sgomberata dalla polizia. Per quei morti non c’è stato ancora alcun risarcimento. Mi sto adoperando per realizzare nel cosiddetto 'Palazzo delle lacrime' – quello che allora era a Berlino l’edificio di disbrigo delle pratiche di confine – un museo che documenti gli orrori provocati dal Muro».
Nel suo ultimo libro,'I carnefici sono tra noi' («Die Täter sind unter uns», Propyläen Verlag, pagine 384), per 'carnefici' intende i quadri e i funzionari della Sed e della Stasi che spesso nell’attuale Germania ricoprono ruoli importanti. Chi sono?«Nel Parlamento tedesco, per il partito La Sinistra siedono molti che allora collaboravano con la Stasi. Con le ultime elezioni è arrivato per la prima volta un personaggio che allora ricopriva un ruolo di particolare rilievo, Lutz Heilmann. Anche nei Land dell’est sono ai vertici di quel partito ex collaboratori della Stasi. Nel Brandeburgo, per esempio, il capo del partito, Thomas Nord, la capogruppo, Kerstin Kaiser e il portavoce per gli affari politici interni, Hans Jürgen Scharfenberg. Questo accade anche nell’ambito economico. A capo della Dresdner Bank di Mosca è per esempio un ex maggiore della Stasi. Ma anche l’ex capo della Sed, Egon Krenz, o l’ultimo capo della Stasi, Wolfgang Schwanitz, vivono completamente indisturbati e nelle sortite pubbliche difendono ancora la Ddr».
Esistono ancor oggi numerosi associazioni che si richiamano alla Stasi e raccolgono circa venticinquemila membri. Nel suo libro, lei afferma che non si tratta di realtà indipendenti, piuttosto «collaborano strettamente con La Sinistra» con uno scopo preciso: la futura immagine della pur decaduta Ddr. Perché pensa che questo sia un problema che in Germania non dovrebbe essere sottovalutato?
«Dal tempo della riunificazione, cioè dal 1990, è cresciuta un’intera generazione che conosce la Ddr solo per averne sentito parlare. Anche i più anziani tendono a rivalutare quel regime. Nel Land di SassoniaAnhalt il 23 per cento della popolazione rivorrebbe la Ddr. Ma la rivalutazione della dittatura della Sed è un problema che riguarda il cuore della società. Il revisionismo storico delle associazioni che si rifanno alla Stasi trova lì un terreno fertile. L’accettazione limitata della democrazia, che si manifesta anche nel successo dei partiti di estrema destra, rappresenta un pericolo molto serio per il sistema democratico tedesco ».
In quali ambiti l’attuale governo tedesco è condizionato da ex funzionari o ex quadri del regime della Sed?
«Il governo federale non è dominato dagli allora quadri della Ddr, però esiste una propensione molto diffusa ad una posizione acritica verso la dittatura della Sed. Anche la conoscenza di ciò che essa è stata è piuttosto limitata. Molti, per esempio, non sanno che i campi di concentramento di Buchenwald e di Sachsenhausen sono stati utilizzati anche dai comunisti. Il mix di ignoranza e accondiscendenza porta al fatto che si sentono affermazioni che non ci si azzarderebbe mai fare a proposito della dittatura nazista. Per esempio, che gli asili nido o il sistema educativo nel suo complesso siano da apprezzare ancor oggi come modelli».
Perché, rispetto ad altri Paesi europei, negli ultimi anni la Germania è rimasta indietro nel confronto con la dittatura comunista?
«Negli altri Paesi post comunisti, come la Polonia, esiste una maggiore consequenzialità nel rapporto con il passato. Lì, per esempio, i simboli della dittatura comunista sono vietati alla pari di quelli nazisti. Sono stati realizzati grandi musei sulla storia più recente. Il fatto che in Germania questo risulti più difficile non dipende solo dalle nostalgie presenti nei Land dell’est. Anche gli intellettuali della Germania occidentale si sono posti rispetto alla Ddr per la maggior parte in maniera molto acritica. Questa acriticità dipende anche dalla storia precedente il 1945: la Ddr è intesa sempre all’ombra del nazismo e in confronto ad esso viene ritenuta innocua, sebbene sia stata la causa dell’annichilimento di centinaia di migliaia di persone».
CHI È
Lo storico della «Vita degli altri»
Oggi cinquantenne, Hubertus Knabe, è figlio di genitori fuggiti nel 1959 dalla Ddr (la Germania orientale). Dopo alcuni anni di militanza nel partito dei Verdi, co-fondato da suo padre Wilhelm, gli venne interdetto l’accesso nella Ddr dal 1980 al 1987. Dopo aver pubblicato alcuni libri sotto pseudonimo, dopo la riunificazione della Germania, dal 1992 al 2000, su diretto incarico da parte del Parlamento tedesco, ha iniziato a lavorare sui documenti prodotti dal ministero per la Sicurezza statale (Stasi) di Berlino Est. Attraverso la pubblicazione dei risultati delle sue ricerche (almeno una decina di volumi), si è dedicato in particolare alla diffusa presenza degli uomini della Stasi nell’allora Germania Occidentale. Dal 2001 è direttore scientifico del Centro monumentale di BerlinoHohenschönhausen.
Dottor Knabe, come valuta l’attuale governo federale in rapporto a quella memoria?
«È parte dell’esperienza tragica vissuta dalle vittime il fatto che in Germania in questo s’impegni principalmente solo l’opposizione, mentre il governo riesce solo a dichiarare che non ci sono soldi. Dopo una battaglia durata anni è stata introdotta almeno una pensione per coloro che furono vittime della persecuzione di 250 euro mensili, e tuttavia viene riconosciuta solo agli indigenti. Molti di coloro che nella Ddr hanno dimostrato coraggio civile ne pagano ancor oggi le conseguenze ».
Che giudizio dà del Museo del check-point Charlie, il luogo che dovrebbe rappresentare la memoria di quelle vittime?
«Fino ad oggi alle vittime del regime della Ddr è stato dato un tributo insufficiente. E penso non solo ai circa mille morti, ma anche ai tanti feriti e agli oltre settantamila imprigionati. Quando presso il checkpoint Charlie sono stati ricordati i mille morti con altrettante croci di legno, l’area venne sgomberata dalla polizia. Per quei morti non c’è stato ancora alcun risarcimento. Mi sto adoperando per realizzare nel cosiddetto 'Palazzo delle lacrime' – quello che allora era a Berlino l’edificio di disbrigo delle pratiche di confine – un museo che documenti gli orrori provocati dal Muro».
Nel suo ultimo libro,'I carnefici sono tra noi' («Die Täter sind unter uns», Propyläen Verlag, pagine 384), per 'carnefici' intende i quadri e i funzionari della Sed e della Stasi che spesso nell’attuale Germania ricoprono ruoli importanti. Chi sono?«Nel Parlamento tedesco, per il partito La Sinistra siedono molti che allora collaboravano con la Stasi. Con le ultime elezioni è arrivato per la prima volta un personaggio che allora ricopriva un ruolo di particolare rilievo, Lutz Heilmann. Anche nei Land dell’est sono ai vertici di quel partito ex collaboratori della Stasi. Nel Brandeburgo, per esempio, il capo del partito, Thomas Nord, la capogruppo, Kerstin Kaiser e il portavoce per gli affari politici interni, Hans Jürgen Scharfenberg. Questo accade anche nell’ambito economico. A capo della Dresdner Bank di Mosca è per esempio un ex maggiore della Stasi. Ma anche l’ex capo della Sed, Egon Krenz, o l’ultimo capo della Stasi, Wolfgang Schwanitz, vivono completamente indisturbati e nelle sortite pubbliche difendono ancora la Ddr».
Esistono ancor oggi numerosi associazioni che si richiamano alla Stasi e raccolgono circa venticinquemila membri. Nel suo libro, lei afferma che non si tratta di realtà indipendenti, piuttosto «collaborano strettamente con La Sinistra» con uno scopo preciso: la futura immagine della pur decaduta Ddr. Perché pensa che questo sia un problema che in Germania non dovrebbe essere sottovalutato?
«Dal tempo della riunificazione, cioè dal 1990, è cresciuta un’intera generazione che conosce la Ddr solo per averne sentito parlare. Anche i più anziani tendono a rivalutare quel regime. Nel Land di SassoniaAnhalt il 23 per cento della popolazione rivorrebbe la Ddr. Ma la rivalutazione della dittatura della Sed è un problema che riguarda il cuore della società. Il revisionismo storico delle associazioni che si rifanno alla Stasi trova lì un terreno fertile. L’accettazione limitata della democrazia, che si manifesta anche nel successo dei partiti di estrema destra, rappresenta un pericolo molto serio per il sistema democratico tedesco ».
In quali ambiti l’attuale governo tedesco è condizionato da ex funzionari o ex quadri del regime della Sed?
«Il governo federale non è dominato dagli allora quadri della Ddr, però esiste una propensione molto diffusa ad una posizione acritica verso la dittatura della Sed. Anche la conoscenza di ciò che essa è stata è piuttosto limitata. Molti, per esempio, non sanno che i campi di concentramento di Buchenwald e di Sachsenhausen sono stati utilizzati anche dai comunisti. Il mix di ignoranza e accondiscendenza porta al fatto che si sentono affermazioni che non ci si azzarderebbe mai fare a proposito della dittatura nazista. Per esempio, che gli asili nido o il sistema educativo nel suo complesso siano da apprezzare ancor oggi come modelli».
Perché, rispetto ad altri Paesi europei, negli ultimi anni la Germania è rimasta indietro nel confronto con la dittatura comunista?
«Negli altri Paesi post comunisti, come la Polonia, esiste una maggiore consequenzialità nel rapporto con il passato. Lì, per esempio, i simboli della dittatura comunista sono vietati alla pari di quelli nazisti. Sono stati realizzati grandi musei sulla storia più recente. Il fatto che in Germania questo risulti più difficile non dipende solo dalle nostalgie presenti nei Land dell’est. Anche gli intellettuali della Germania occidentale si sono posti rispetto alla Ddr per la maggior parte in maniera molto acritica. Questa acriticità dipende anche dalla storia precedente il 1945: la Ddr è intesa sempre all’ombra del nazismo e in confronto ad esso viene ritenuta innocua, sebbene sia stata la causa dell’annichilimento di centinaia di migliaia di persone».
CHI È
Lo storico della «Vita degli altri»
Oggi cinquantenne, Hubertus Knabe, è figlio di genitori fuggiti nel 1959 dalla Ddr (la Germania orientale). Dopo alcuni anni di militanza nel partito dei Verdi, co-fondato da suo padre Wilhelm, gli venne interdetto l’accesso nella Ddr dal 1980 al 1987. Dopo aver pubblicato alcuni libri sotto pseudonimo, dopo la riunificazione della Germania, dal 1992 al 2000, su diretto incarico da parte del Parlamento tedesco, ha iniziato a lavorare sui documenti prodotti dal ministero per la Sicurezza statale (Stasi) di Berlino Est. Attraverso la pubblicazione dei risultati delle sue ricerche (almeno una decina di volumi), si è dedicato in particolare alla diffusa presenza degli uomini della Stasi nell’allora Germania Occidentale. Dal 2001 è direttore scientifico del Centro monumentale di BerlinoHohenschönhausen.
«Avvenire» del 28 dicembre 2007
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