Esce da Bompiani il «Dizionario della critica militante»: l’evoluzione, negli ultimi due decenni, di una figura-chiave
di Cristina Taglietti
Dall’impegno militante al «recensore-massa»: un’identità sempre più a rischio conformismo
di Cristina Taglietti
Dall’impegno militante al «recensore-massa»: un’identità sempre più a rischio conformismo
Che fine ha fatto il critico militante? Forse è scomparso, forse è diventato «smilitante» (Arbasino), forse si è semplicemente trasformato, lasciando il posto al saggista, allo scrittore, al «recensore-massa», addirittura al «collaudatore». Come tutti i dizionari, anche quello della critica militante ha, insito nel titolo, il programma di offrire una sorta di catalogo. In realtà il piatto forte è composto di due saggi, uno dedicato agli anni Ottanta (curato da Giuseppe Leonelli) e l’altro agli anni Novanta (curato da Filippo La Porta), mentre solo in appendice, «come contorno che insaporisce le due pietanze» si trova un complesso di schede bio bibliografiche, e cioè il dizionario vero e proprio. Il volume quindi è composto di tre parti, slegate tra loro (nella parte bio bibliografica mancano alcuni autori a cui pure sono dedicate pagine e citazioni all’interno dei saggi), e avvertono un po’provocatoriamente gli autori, ognuna di queste parti «risente della personalità, del gusto, dei pregiudizi, degli umori, della sensibilità, fors’anche del segno zodiacale, ascendente compreso, di chi le maneggia». Leonelli comincia dai primi anni Ottanta quando compaiono quelli che definisce gli «artisti della critica» come Cesare Garboli (Geno Pampaloni definì la sua scrittura «racconto recitato») o Pietro Citati che, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta aveva contribuito a liquidare le problematiche neorealiste del dopoguerra e che in questa fase propone un’idea di critica fondata sul mimetismo, sul tentativo di scoprire «quel libro nascosto che si trova sotto la superficie». Dalla fine degli anni Ottanta, il critico è molto diverso da quello dei tempi migliori, quando il suo compito era «onorare il servizio pubblico». È in questi anni che emerge, accanto a una critica che ha nell’università il suo luogo di espressione (Fortini, Baldacci, Mengaldo, Asor Rosa) un’altra categoria, i «critici scrittori o scrittori critici», a cui Leonelli ascrive, per esempio, Roberto Calasso (anche quando raccoglie in volume i più di mille risvolti di copertina scritti per Adelphi dagli anni Sessanta in poi), Claudio Magris, Giovanni Raboni, espressioni, molto diverse tra loro, di un’idea della scrittura in cui «il critico assume una funzione non meno creativa dello scrittore propriamente detto». A questa, Leonelli affianca i critici-giornalisti, Enzo Golino e Paolo Mauri soprattutto, mentre ad Alfonso Berardinelli si deve un’idea di critica incentrata sul rifiuto delle istituzioni, che recupera il saggio come forma alta di polemica. Ma è negli anni Novanta che, scrive La Porta, «una nuova critica sembra consolidarsi e prendere piena coscienza di sé, intrecciando un dialogo più o meno esplicito con alcuni maestri, non soltanto italiani». Dopo un finale di anni Ottanta dove, come sottolinea Cesarani, la critica versa in uno stato di depressione imputabile alla trasformazione della letteratura in merce, avanza un’immagine di critico-individuo, o, come suggerisce Manacorda, una sorta di «monaco guerriero, privo di mezze misure, incline a un rapporto mistico e diretto con le parole, impegnato a formulare giudizi di valore, contrapposto al filologo, schierato invece dalla parte dell’istituzione». Definizione che sembra attagliarsi a un «artista della teoria» come Tommaso Ottonieri, portatore, secondo La Porta, di una innegabile passione intellettuale e di una genuina attitudine sperimentale, che corrono però il rischio di convertire il massimo del radicalismo in un involontario conformismo culturale, ma anche Cesare Garboli e Cesare Segre, che, al termine di percorsi diversissimi hanno riscoperto una tensione di tipo etico e civile per cui la letteratura è rivelazione di una verità che appartiene all’esperienza reale degli individui e si contrappone all’irrealtà del potere. Uso militante delle opere letterarie è anche quello di Giulio Ferroni che cerca con particolare puntiglio «voci discordi dal moto infallibile delle magnifiche sorti e progressive». Alla categoria della «necessità» deve rispondere l’opera letteraria secondo Goffredo Fofi, «critico sregolato e senza scuola» a cui La Porta rimprovera una fede ideologica (di derivazione sessantottina) nella Comunità e nel Cambiamento che ripara dagli esiti più pericolosi della letteratura. In questi anni il giudizio nei confronti di Calvino tende a diventare un vero e proprio discrimine: il consenso alla sua figura conosce alcune incrinature che tendono a metterne in rilievo un «intellettualismo prudente e difensivo» che lo porta a non trovarsi mai nel posto sbagliato, a non mettere mai a disagio i lettori (a lui Carla Benedetti contrappone Pasolini in un acceso pamphlet che anima le discussioni di quegli anni). Gli anni Novanta sono anche gli anni della «democrazia letteraria», dei bestseller di cui, come insiste Spinazzola su Tirature, ci si deve occupare. Un pubblico di massa che, però, secondo La Porta, tende a cercare soprattutto il confortevole midcult cioè un modo livellatore di consumare sia cultura alta sia cultura di massa. E se la critica oggi deve confrontarsi con tutta una serie di «luoghi» diversi in cui legittimamente si esercita, la radio, i blog, Internet, resta fermo il problema dell’antagonismo. «Quali poteri intendiamo combattere - si chiede La Porta -? I cosiddetti poteri forti? La onnipotenza pervasiva dei media? La borghesia? Una presunta ideologia dominante? Un gergo culturale?». Il rischio, avverte La Porta, che corre chi, come Carla Benedetti, Tiziano Scarpa, Emanuele Trevi, parte da un atteggiamento ipercritico verso l’esistente, è di finire col confermarne alcuni elementi di fondo. E il futuro? La scommessa di La Porta è che il Tremila sarà il millennio delle scritture ibride più aperte e flessibili, capaci di rendere l’ambigua molteplicità del reale.
La sfida di Leonelli e La Porta Il «Dizionario della critica militante» (sottotitolo: «Letteratura e mondo contemporaneo») esce domani da Bompiani (pagine 268, 11). Il volume si compone di due saggi: il primo, a cura di Giuseppe Leonelli, è dedicato agli anni Ottanta; il secondo, di Filippo La Porta, ai Novanta. In appendice 58 schede bio bibliografiche (da Alberto Arbasino a Gianni Turchetta), curate da Caterina Marinucci.
«Corriere della sera» del 27 novembre 2007
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