Riflessioni Intellettuali e collaboratori del «Foglio» si confrontano sul destino e sull’aldilà
Di Antonio Carioti
Credenti e scettici di fronte alla grande domanda rimossa: esiste un «dopo»?
Di Antonio Carioti
Credenti e scettici di fronte alla grande domanda rimossa: esiste un «dopo»?
Se la morte è una certezza indiscutibile, sulle sue conseguenze regna invece il mistero. O meglio, ne conosciamo abbastanza bene gli effetti sul piano biologico, ma nulla possiamo dire di verificabile sul destino che attende la coscienza in cui risiede la nostra identità personale. Però non possiamo evitare d’interrogarci, di cercare una risposta almeno provvisoria. Ciascuno a modo suo, inevitabilmente. Mettere per iscritto queste riflessioni, farne patrimonio condiviso, è ciò che Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, ha chiesto a numerosi autori (perlopiù firme del suo giornale, ma c’è anche un assaggio del nuovo romanzo di Enzo Bettiza in uscita da Mondadori), nella convinzione che sia utile ogni tanto spezzare con provocazioni inquietanti la superficialità del discorrere sugli eventi quotidiani. Ne è scaturita una serie di quasi cinquanta interventi (per l’esattezza 47, numero in tema con la morte nella Smorfia napoletana), poi raccolti nel volume Appunti per il dopo, che è stato messo in vendita con Il Foglio ed è andato rapidamente esaurito in parecchie edicole. Un successo che certamente è indice di curiosità, come suggerisce la breve introduzione del libro, ma forse anche di un bisogno inappagato. Oggi il problema del «dopo» attira l’attenzione perché viene spesso semplicemente accantonato e rimosso, o comunque trascurato: a volte, denunciano nei loro contributi due credenti di orientamento tradizionalista come Francesco Agnoli e Gianni Baget Bozzo, persino nell’ambito delle istituzioni religiose. Eppure, sottolinea Ruggero Guarini, anche da una prospettiva non confessionale l’aldilà «non si può escludere», tanto meno sostenendo che la ragione non riesce a concepirlo, perché in realtà «assolutamente irragionevole è anche l’aldiquà», cioè l’esistenza della vita intelligente su un minuscolo corpo celeste come la terra, sperduto nell’universo. Allo stesso modo, è l’esperienza stessa del pensiero scientifico, osserva Giorgio Israel, che ci pone a confronto di continuo con il problema dell’infinito, che si tratti dei numeri, del tempo o degli spazi siderali. Un problema non solo conoscitivo ma etico, perché ciò che maggiormente caratterizza la condizione umana, prosegue lo studioso, «è la dolorosa coscienza della finitezza della nostra vita, in un tempo che non riusciamo a pensare altrimenti che infinito, e il desiderio di felicità e giustizia in un arco temporale che non consente la sua realizzazione piena». D’altronde anche l’idea di un giudizio finale che ristabilisca i torti e le ragioni risulta sempre meno plausibile per la mentalità contemporanea, tanto che lo stesso cristianesimo, sostiene il laico e radicale Angiolo Bandinelli, parla sempre più del dopo «come il tempo del trionfo dell’amore, dell’amore luminoso in cui l’anima si dissolve per fondersi con Dio». Una visione che affascina anche il cronista politico Stefano Di Michele, lontano da ogni ortodossia religiosa, ma convinto che, come sosteneva San Martino, Dio ci ami attraverso le creature terrestri che ci vogliono bene. In fondo dice qualcosa di analogo Francesco Ventorino, sacerdote del movimento di Comunione e liberazione, quando sostiene che il «dopo» si trova già «nel presente, nella grandezza del desiderio» di infinito, «ma anche nella bellezza della realtà». Ovviamente, se viene naturale definire il paradiso «posto dell’amore», come fa il direttore di Tempi Luigi Amicone, più arduo è immaginare quale forma possa assumere la dannazione eterna, della quale infatti nel volume del Foglio non si parla molto. D’altronde ci sono teologi, come Hans Urs von Balthasar, secondo cui l’inferno esiste, ma è vuoto. Pensiero consolante, che però a Giuliano Zincone suggerisce, nella chiusa del suo intervento, un’idea impertinente, cioè che ad essere vuoto sia anche il paradiso. Meno convenzionale la prospettiva sostenuta dallo scrittore Walter Siti, secondo il quale non bisogna ragionare in termini di sorte individuale né di singole religioni rivelate. A suo parere, «esiste l’anima collettiva proiettata dalla specie umana sull’universo, ed esistono gli dei che la declinano secondo grammatiche settoriali». D’altronde anche il cattolico Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1, scrive che nell’aldilà gli piacerebbe «incontrare un induista», che possa spiegargli «qualcosa della loro fede e delle loro divinità. Senza impegno e senza il problema del proselitismo. Tanto a quel punto i giochi sarebbero fatti». Ecco, se un timido appunto si può muovere al ricchissimo mosaico di «appunti» messo insieme dal Foglio, è proprio la mancanza di voci collocate al di fuori della cultura occidentale, giudaico-cristiana, laico-secolarista o neopaganeggiante. In fondo non c’è nulla di più universale della morte. Qualche incursione in Oriente, verso l’islam come fra i culti politeisti e le filosofie asiatiche, avrebbe arricchito il panorama. Forse anche alle tradizioni dell’Africa, sempre dimenticata, sarebbe stato possibile chiedere qualche lume. Ma le occasioni di tornare sull’argomento non mancheranno. Delle domande sul «dopo» ci si libera solo quando finisce il «prima».
Il volume «Appunti per il dopo. La carne, la morte e il diavolo nella letteratura del "Foglio"» (pagine 394, nelle edicole a 7,90 più il costo del giornale) raccoglie una serie di interventi comparsi nei mesi scorsi sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara
Da Baget Bozzo a Ceronetti una discussione senza tabù. Numerose e variegate sono le voci del libro «Appunti per il dopo». Ci sono nomi famosi come Gianni Baget Bozzo, Enzo Bettiza, Guido Ceronetti, Ruggero Guarini, Saverio Vertone, Giuliano Zincone. Letterati come Oddone Camerana, Alessandro Piperno e Walter Siti. Comici e musicisti come Maurizio Milani e Giovanni Lindo Ferretti. L’ex direttore dell’Ansa Pierluigi Magnaschi. Ampia la rappresentanza cattolica, con Francesco Agnoli, Luigi Amicone, Massimo Camisasca, Giovanni Gennari, Andrea Monda, Lucetta Scaraffia, Aldo Maria Valli, Francesco Ventorino. Ma non mancano gli ebrei, da Giorgio Israel ad Alessandro Schwed. E i laici: Marco Fabio Apolloni, Angiolo Bandinelli, Daniele Capezzone, Filippo Facci, Roberta Tatafiore. Infine le firme del Foglio: Andrea Affaticati, Pialuisa Bianco, Fabio Canessa, Stefano Di Michele, Camillo Langone, Mariarosa Mancuso, Andrea Marcenaro, Lanfranco Pace, Aldo Piccato, Eugenia Roccella, Marina Terragni, Nicoletta Tiliacos, Duccio Trombadori.
Il volume «Appunti per il dopo. La carne, la morte e il diavolo nella letteratura del "Foglio"» (pagine 394, nelle edicole a 7,90 più il costo del giornale) raccoglie una serie di interventi comparsi nei mesi scorsi sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara
Da Baget Bozzo a Ceronetti una discussione senza tabù. Numerose e variegate sono le voci del libro «Appunti per il dopo». Ci sono nomi famosi come Gianni Baget Bozzo, Enzo Bettiza, Guido Ceronetti, Ruggero Guarini, Saverio Vertone, Giuliano Zincone. Letterati come Oddone Camerana, Alessandro Piperno e Walter Siti. Comici e musicisti come Maurizio Milani e Giovanni Lindo Ferretti. L’ex direttore dell’Ansa Pierluigi Magnaschi. Ampia la rappresentanza cattolica, con Francesco Agnoli, Luigi Amicone, Massimo Camisasca, Giovanni Gennari, Andrea Monda, Lucetta Scaraffia, Aldo Maria Valli, Francesco Ventorino. Ma non mancano gli ebrei, da Giorgio Israel ad Alessandro Schwed. E i laici: Marco Fabio Apolloni, Angiolo Bandinelli, Daniele Capezzone, Filippo Facci, Roberta Tatafiore. Infine le firme del Foglio: Andrea Affaticati, Pialuisa Bianco, Fabio Canessa, Stefano Di Michele, Camillo Langone, Mariarosa Mancuso, Andrea Marcenaro, Lanfranco Pace, Aldo Piccato, Eugenia Roccella, Marina Terragni, Nicoletta Tiliacos, Duccio Trombadori.
«Corriere della sera» del 9 dicembre 2007
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