La moratoria sugli embrioni
di Eugenia Roccella
« Un’ondata di euforia»: così l’autorevole rivista americana Wired definisce l’effetto che ha avuto sulla comunità scientifica internazionale la scoperta di Shinya Yamanaka. La nuova tecnica inventata dallo scienziato giapponese consente di ottenere cellule staminali «pluripotenti indotte», con caratteristiche quasi identiche a quelle embrionali umane, grazie a un processo di riprogrammazione di cellule somatiche adulte. Dalle notizie pubblicate negli ultimi giorni, sembra inoltre che Yamanaka sia riuscito a condurre nuovi esperimenti senza utilizzare il gene c-Mvc, che causa tumori. Ancora più sicuro, dunque, il suo metodo, che viene salutato come la nuova frontiera degli studi sulle staminali.
I laboratori si riorganizzano, i governi corrono ai ripari, l’intero assetto della ricerca scientifica mondiale si adegua velocemente ai nuovi indirizzi. Già troppo tempo, e troppi soldi, sono stati inghiottiti dal buco nero di quella che su Avvenire abbiamo definito «la ricerca che non trova», cioè il tentativo – mai riuscito – di arrivare alla clonazione terapeutica, una tecnica che prevede di creare embrioni umani per poi distruggerli.
Oggi bisogna riconvertire, e bisogna farlo rapidamente, se si vogliono recuperare il tempo e il denaro perduti. Il Giappone, a due settimane dalla pubblicazione della scoperta di Yamanaka, ha già annunciato che finanzierà lautamente gli studi sulla riprogrammazione delle cellule adulte, mentre Annette Schavan, ministro tedesco della Ricerca, parla di raddoppiare i fondi destinati alle staminali, considerando che la scoperta giapponese «potrebbe aprire una nuova frontiera». Anche la California ha appena stanziato 13 milioni di dollari da investire nel 2008 su tecniche che non distruggano embrioni umani. Sì, parliamo proprio della California, il medesimo Stato che nel novembre 2004 votò con un referendum esattamente in senso contrario, destinando ben 3 miliardi di dollari in 10 anni alla sperimentazione sulle staminali embrionali. Dietrofront, dunque, e subito, prima che gli elettori protestino contro chi li ha illusi che quell’enorme investimento avrebbe trasformato il loro Stato nel leader assoluto della ricerca americana. E dire che il radicale Marco Cappato aveva commentato l’esito del referendum californiano come «una lezione per i clericali e i fondamentalisti nostrani »: laicità vorrebbe che oggi si prendesse atto delle nuove scoperte, e che Cappato, con tutta l’Associazione Luca Coscioni, sostenesse con entusiasmo la nostra proposta di moratoria sulla distruzione degli embrioni.
Ma la laicità troppo spesso in Italia diventa un’ideologia cieca, e non un approccio liberamente critico alla conoscenza. Così, mentre nel mondo tutti si adeguano, da noi c’è chi maschera a fatica, o non maschera affatto, il malumore per lo scippo dell’embrione: su cosa potranno impiantare le loro polemiche? Le discussioni intorno alle linee guida sulla legge 40 o alla distribuzione dei fondi per la ricerca rischiano di essere poco coinvolgenti, ora che la ricerca scientifica si muove in un’altra direzione.
A tutti, laici e cattolici, di destra e di sinistra, noi rivolgiamo il nostro invito: superiamo le vecchie divisioni, e sospendiamo la distruzione inutile di nuovi embrioni. Non vogliamo fermare un treno in corsa, non chiediamo di interrompere i progetti di ricerca già finanziati dall’ultimo programma quadro europeo. Chiediamo solo di rallentare il treno, visto che la stazione d’arrivo non c’è più. Ci sono già 400 linee staminali embrionali certificate a disposizione dei laboratori: non andiamo oltre, e mettiamo in atto la moratoria sugli embrioni. Proviamoci.
I laboratori si riorganizzano, i governi corrono ai ripari, l’intero assetto della ricerca scientifica mondiale si adegua velocemente ai nuovi indirizzi. Già troppo tempo, e troppi soldi, sono stati inghiottiti dal buco nero di quella che su Avvenire abbiamo definito «la ricerca che non trova», cioè il tentativo – mai riuscito – di arrivare alla clonazione terapeutica, una tecnica che prevede di creare embrioni umani per poi distruggerli.
Oggi bisogna riconvertire, e bisogna farlo rapidamente, se si vogliono recuperare il tempo e il denaro perduti. Il Giappone, a due settimane dalla pubblicazione della scoperta di Yamanaka, ha già annunciato che finanzierà lautamente gli studi sulla riprogrammazione delle cellule adulte, mentre Annette Schavan, ministro tedesco della Ricerca, parla di raddoppiare i fondi destinati alle staminali, considerando che la scoperta giapponese «potrebbe aprire una nuova frontiera». Anche la California ha appena stanziato 13 milioni di dollari da investire nel 2008 su tecniche che non distruggano embrioni umani. Sì, parliamo proprio della California, il medesimo Stato che nel novembre 2004 votò con un referendum esattamente in senso contrario, destinando ben 3 miliardi di dollari in 10 anni alla sperimentazione sulle staminali embrionali. Dietrofront, dunque, e subito, prima che gli elettori protestino contro chi li ha illusi che quell’enorme investimento avrebbe trasformato il loro Stato nel leader assoluto della ricerca americana. E dire che il radicale Marco Cappato aveva commentato l’esito del referendum californiano come «una lezione per i clericali e i fondamentalisti nostrani »: laicità vorrebbe che oggi si prendesse atto delle nuove scoperte, e che Cappato, con tutta l’Associazione Luca Coscioni, sostenesse con entusiasmo la nostra proposta di moratoria sulla distruzione degli embrioni.
Ma la laicità troppo spesso in Italia diventa un’ideologia cieca, e non un approccio liberamente critico alla conoscenza. Così, mentre nel mondo tutti si adeguano, da noi c’è chi maschera a fatica, o non maschera affatto, il malumore per lo scippo dell’embrione: su cosa potranno impiantare le loro polemiche? Le discussioni intorno alle linee guida sulla legge 40 o alla distribuzione dei fondi per la ricerca rischiano di essere poco coinvolgenti, ora che la ricerca scientifica si muove in un’altra direzione.
A tutti, laici e cattolici, di destra e di sinistra, noi rivolgiamo il nostro invito: superiamo le vecchie divisioni, e sospendiamo la distruzione inutile di nuovi embrioni. Non vogliamo fermare un treno in corsa, non chiediamo di interrompere i progetti di ricerca già finanziati dall’ultimo programma quadro europeo. Chiediamo solo di rallentare il treno, visto che la stazione d’arrivo non c’è più. Ci sono già 400 linee staminali embrionali certificate a disposizione dei laboratori: non andiamo oltre, e mettiamo in atto la moratoria sugli embrioni. Proviamoci.
«Avvenire» del 6 dicembre 2007
Nessun commento:
Posta un commento