di Giuseppe O. Longo
La fatica degli enciclopedisti somiglia a quella mostruosa di Sisifo: nel turbine incalzante della cultura odierna, che si gonfia e suddivide come una metastasi, la parola « fine » prelude a una nuova e più ampia stesura, per cui la certosina missione che si assumono i lessicografi, i vocabolaristi e i compilatori è necessaria ma impossibile. Si supplisce all’agognata immutabile perfezione, all’adeguazione definitiva, con annuari e aggiornamenti che fungono da ritocchi, puntelli, rincalzi, ma non possono certo conformarsi alla mareggiata che vorrebbero fissare. Nell’era del libro – che alcuni decretano in bilico – l’enciclopedia, il libro della sapienza, scritto e riscritto continuamente, è un libro di cui nessuno riesce a immaginare la fine, un libro che si può solo scrivere per paragrafi all’interno di un ipotetico testo assoluto, « book in progress » se mai ce n’è stato uno. Con l’avvento della rete, o meglio del www, mezzo mobile e dinamico, insieme causa ed effetto dell’alluvione informazionale, le cose sono cambiate radicalmente: ora è possibile seguire passo passo lo sviluppo delle conoscenze, creando e perfezionando e modificando le voci a misura: l’ « enciclo- pedia in rete » diviene un organismo vivente al pari di ciò che vorrebbe rappresentare. Di qui il successo, ma anche il sospetto: troppo facile, in un certo senso, la compilazione, e quindi discutibile, infida. C’è anche un sentimento di astio, forse d’invidia, in chi abbia sudato tra fogli e schede per costruire un monumento cartaceo e vedersi poi superare in corsa dalla leggerezza dei bit e dalla baluginante velocità dello schermo. Tra le enciclopedie in rete ha avuto e ha grande successo Wikipedia ( dal termine hawaiano « wiki » , che significa « veloce » ): nata nel 2001, la versione più ampia, quella inglese, contiene circa tre milioni di articoli, scritti, controllati e aggiornati dagli stessi utenti. Prodotto quindi della sapienza collettiva e sottoposto a revisione continua, offre un livello di attendibilità mediamente buono. Ebbene, Wikipedia ha rallentato: cala il tasso di immissione di nuovi articoli e di revisione dei vecchi. Inoltre sembra che i redattori anziani siano riluttanti ad accettare i novizi. A me pare che un rallentamento sia fisiologico: all’inizio si trattava di dissodare uno smisurato terreno vergine, ora si tratta di seguire sviluppi incrementali e talora marginali. Gli articoli di grande respiro sui temi fondamentali sono già stati redatti quasi tutti, si tratta di aggiornare e di ritoccare. Inoltre l’effetto novità è svanito e l’entusiasmo ( dei redattori, non credo degli utenti) si è un po’ affievolito, quindi la corsa all’immissione di lemmi nuovi ha rallentato. La costituzione di una « casta » di veterani che tenta di imporre le proprie regole è un fenomeno normale in qualunque organizzazione, anche la più informale e fluttuante: a questo rimedierà il ricambio generazionale. Wikipedia tende a diventare un libro così assoluto da sopprimere gli individui che lo scrivono, da relegarli nell’ombra dell’anonimato, nel « non luogo » più intimo del « non luogo » che è la rete. Sono ottimista.
"Avvenire" dell'11 agosto 2009
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