Derive dei nostri giorni
di Pieangelo Sequeri
Mille dèi sbagliati – siano idoli muti, o superuomini loquaci, o forse domani robottini sapientini – non fanno un uomo giusto. E quanti ne abbiamo di 'dèi sbagliati'? Molti, purtroppo, e il fenomeno è in crescita. Una certa modernità occidentale ha 'scoperto' – e sembra che ne vada molto fiera – che il divino in quanto tale è un prodotto (illusorio) dell’uomo: chiunque può farsi un 'dio', secondo i suoi bisogni. E all’occorrenza farsi 'padreterno' per i suoi simili. Molti filosofi e ideologi dell’Occidente hanno civettato con la costruzione e la decostruzione 'razionale' del divino, dove la ragione dell’uomo si scopre capace di creare e distruggere anche 'dio', proprio come se fosse Dio ( così è sembrato, almeno). L’impresa del vaglio critico del teismo ha un suo senso, naturalmente. La cultura biblica, qualche millennio prima, in controtendenza con l’intero mondo delle religioni naturalistiche, aveva lanciato la sua raffinata e acuminata critica dell’idolatria. Il discernimento del retto pensiero del divino, del resto, rimane un compito sacrosanto della teologia: nessuno è fuori pericolo. Una parte della critica ateistica con ambizione umanistica, tuttavia, senza percepire il pericolo di diventare a sua volta vittima dell’illusione che denunciava, ha incorporato anche una certa assuefazione al sentimento di potenza ' teologica' che scaturiva dalla caccia alle false divinità. Invece di fare un passo indietro, per mettersi in ricerca del mistero di Dio ' non fatto da mano d’uomo', il pensiero ateistico ha forzato la pura riduzione della religione a proiezione delirante, creando un ambiente favorevole alla sperimentazione dell’onnipotenza divina in proprio, da parte dell’uomo. E non c’è nulla di più rovinoso, appunto, per l’umano (da Adamo in qua). Nell’odierna comunità dei liberi e uguali, tutti presi dalla cura di un rigoroso 'monoteismo del sé' da realizzare ad ogni costo, chiunque – non solo i filosofi e gli scienziati – può ormai comporre e scomporre i suoi 'assoluti'. Senza limiti per la libertà. (Ma anche, a differenza di Dio, senza alcuna preoccupazione per la verità, e senza alcun riguardo per la bontà). Mille piccoli apprendisti stregoni hanno incominciato ad essere allevati nell’idea che l’uomo è all’origine di ogni cosa, si dà da sé le sue regole, è libero di fare e disfare anche se stesso. Punto e basta. Nel tempo dell’ideologia, questo delirio ha prodotto l’utopia negativa e violenta di un organismo collettivo perfetto, volontà di potenza che rappresenta il Tutto, e si annette a forza il governo del mondo. Nell’epoca post-ideologica, l’identico delirio prende la forma dell’assoluta 'libertà di scelta', dove il singolo crea/distrugge la società e il mondo in funzione di sé, come fosse l’Unico. Nell’Angelus della scorsa domenica, il papa Benedetto XVI non ha voluto passare sotto silenzio questa parentela fra le due derive. La grandiosa logica dei Santi – Edith Stein, Massimiliano Kolbe – svuota clamorosamente, facendoci anche vergognare dei nostri sofismi, il delirio dell’onnipotenza che chiamiamo libertà: e versa amore, dissanguandosi, nelle nostre vene inaridite. Nella logica della caritas Dei, la vera benedizione della nostra vita è in questa libertà che viene da Dio. Noi veniamo al mondo ' in debito' con altri, e siamo destinati a vivere 'in favore' di altri. Un solo uomo giusto, una sola donna giusta, che abbiano riconosciuto il vero Dio, ridicolizzano mille dèi sbagliati. E i loro sofismi umanistici.
"Avvenire" dell'11 agosto 2009
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