Computer ovunque. È il futuro
di Giuseppe O. Longo
Gli sviluppi della scienza e soprattutto della tecnologia cui abbiamo assistito negli ultimi decenni sono dovuti in buona parte ai calcolatori, o computer. Le discipline che si occupano della costruzione e dell’impiego dei calcolatori, della loro programmazione e del loro collegamento in rete vanno sotto il nome complessivo di 'informatica'. Essa si divide in due grandi settori, dedicati rispettivamente all’hardware, cioè alla struttura fisica, e al software, cioè ai programmi. Un calcolatore funziona solo se è programmato, e poiché i programmi che possono girare su un computer sono tantissimi, un calcolatore non è una macchina, ma è tantissime macchine, che fanno tantissime cose, ciascuna gestita da un diverso programma. Nati intorno alla metà del secolo scorso, i computer hanno compiuto progressi impressionanti di potenza e velocità, mentre i costi e le dimensioni si sono ridotti enormemente. Oggi sono ovunque: non soltanto nei centri scientifici dove sono adibiti a calcoli di grande complessità (per esempio nei grandi acceleratori di particelle, oppure nei centri di biologia molecolare per il sequenziamento del genoma), ma anche nei grandi impianti industriali, per il controllo e la regolazione di complicati processi chimici.
Essi poi regolano il traffico ferroviario, aereo e delle metropolitane, dosano i componenti dei prodotti alimentari, verificano la qualità di molti beni di consumo. Ai calcolatori è affidata la distribuzione dell’energia elettrica sulle reti nazionali e sono i computer che decidono di sospendere l’erogazione in caso di incidenti o di sovraccarico. Gli aerei di linea sono dotati di raffinati impianti di pilotaggio automatico gestiti da calcolatori e ai calcolatori sono affidati il lancio, la navigazione e l’atterraggio dei veicoli spaziali.
Ma anche i veicoli più ordinari, le automobili, sono governate da computer piccoli e potenti, che regolano il flusso di carburante in base alle condizioni di marcia per ottenere il massimo rendimento e forniscono al conducente una quantità di informazioni utili, dal consumo istantaneo all’itinerario più conveniente. I computer sono indispensabili nella progettazione architettonica e ingegneristica di edifici, macchine, strade, ponti e stanno già entrando nelle nostre case per regolarne tutte le apparecchiature, funzioni e condizioni, dalla temperatura alla cottura dei cibi. Tutte queste applicazioni e molte altre sono consentite dagli straordinari progressi della microelettronica, per cui il numero di transistori per chip raggiunge oggi i due miliardi. Ma sono in vista altri progressi: riduzione delle dimensioni dei componenti elementari e impiego del carbonio in luogo del silicio come elemento base, con un ulteriore aumento della velocità e della potenza. Ci si può domandare perché si voglia dotare i computer di una potenza sempre mag- giore: in parte ciò risponde agli impieghi sempre più impegnativi dei computer, ma in parte è un’esigenza commerciale, perché ogni progresso rende obsolete le macchine e costringe gli utenti ad acquistarne sempre di nuove. Nella tecnologia informatica, come nell’ambito dei telefoni cellulari, da tempo l’offerta supera largamente la domanda.
Altre utilizzazioni riguardano l’intelligenza artificiale (IA), una disciplina che prende il computer a modello della mente umana e si propone di stilare programmi che, girando nella macchina, inducono comportamenti 'umani'. Tra i successi dell’IA annoveriamo la risoluzione di problemi di matematica e di logica, la costruzione di programmi scacchistici che oggi riescono a battere anche i grandi maestri, la rappresentazione delle conoscenze, la pianificazione automatica, l’apprendimento. Se al computer si fornisce un corpo artificiale, aprendo la strada ai robot, allora l’IA si può estendere alla percezione, alla comunicazione in base a codici condivisi, all’azione in ambienti particolari e così via.
La ricerca attuale in IA si orienta verso la costruzione di 'algoritmi genetici', che vengono generati a caso e poi vagliati in base a criteri di efficienza, imitando un po’ i meccanismi darwiniani di selezione. I risultati sono piuttosto promettenti nel progetto di particolari dispositivi, per esempio le antenne elettromagnetiche. È opportuno sottolineare come i computer siano utilissimi anche nella progettazione di computer migliori, in una sorta di circolo virtuoso che si autoalimenta.
Un’altra direzione di ricerca in IA riguarda la rappresentazione delle emozioni: nell’uomo le capacità cognitive (razionali e computanti) sono strettamente intrecciate agli aspetti affettivi, mentre l’IA finora ha costruito programmi puramente cognitivi, privi di connotati emotivi. I ricercatori stanno tentando di comprendere e generare nelle macchine stati emotivi per il momento simulati, ma riconoscibili dall’esterno, e in futuro soggettivamente percepiti da una sorta di 'coscienza artificiale' che rappresenta per ora l’orizzonte ultimo della ricerca.
Un traguardo più vicino è quello della comprensione dell’umorismo e della sua riproduzione nelle macchine. La capacità di ridere è una caratteristica unicamente umana, le cui pieghe sono ancora da scandagliare. L’umorismo computazionale potrebbe fornirci indicazioni preziose sullo spirito e sulla comicità, e potrebbe essere utile al miglioramento del rapporto comunicativo uomo-macchina. In effetti oggi la comunicazione con il computer, che è rigido e piuttosto 'stupido', è faticosa e poco divertente. Una macchina dotata di senso dell’umorismo e di un grano di follia sarebbe per noi molto più soddisfacente. Ma a quel punto potremmo decidere di comunicare solo con le macchine, che sarebbero comunque meno esigenti degli essere umani e non ci porrebbero tanti problemi... Ma è una prospettiva piuttosto inquietante.
Essi poi regolano il traffico ferroviario, aereo e delle metropolitane, dosano i componenti dei prodotti alimentari, verificano la qualità di molti beni di consumo. Ai calcolatori è affidata la distribuzione dell’energia elettrica sulle reti nazionali e sono i computer che decidono di sospendere l’erogazione in caso di incidenti o di sovraccarico. Gli aerei di linea sono dotati di raffinati impianti di pilotaggio automatico gestiti da calcolatori e ai calcolatori sono affidati il lancio, la navigazione e l’atterraggio dei veicoli spaziali.
Ma anche i veicoli più ordinari, le automobili, sono governate da computer piccoli e potenti, che regolano il flusso di carburante in base alle condizioni di marcia per ottenere il massimo rendimento e forniscono al conducente una quantità di informazioni utili, dal consumo istantaneo all’itinerario più conveniente. I computer sono indispensabili nella progettazione architettonica e ingegneristica di edifici, macchine, strade, ponti e stanno già entrando nelle nostre case per regolarne tutte le apparecchiature, funzioni e condizioni, dalla temperatura alla cottura dei cibi. Tutte queste applicazioni e molte altre sono consentite dagli straordinari progressi della microelettronica, per cui il numero di transistori per chip raggiunge oggi i due miliardi. Ma sono in vista altri progressi: riduzione delle dimensioni dei componenti elementari e impiego del carbonio in luogo del silicio come elemento base, con un ulteriore aumento della velocità e della potenza. Ci si può domandare perché si voglia dotare i computer di una potenza sempre mag- giore: in parte ciò risponde agli impieghi sempre più impegnativi dei computer, ma in parte è un’esigenza commerciale, perché ogni progresso rende obsolete le macchine e costringe gli utenti ad acquistarne sempre di nuove. Nella tecnologia informatica, come nell’ambito dei telefoni cellulari, da tempo l’offerta supera largamente la domanda.
Altre utilizzazioni riguardano l’intelligenza artificiale (IA), una disciplina che prende il computer a modello della mente umana e si propone di stilare programmi che, girando nella macchina, inducono comportamenti 'umani'. Tra i successi dell’IA annoveriamo la risoluzione di problemi di matematica e di logica, la costruzione di programmi scacchistici che oggi riescono a battere anche i grandi maestri, la rappresentazione delle conoscenze, la pianificazione automatica, l’apprendimento. Se al computer si fornisce un corpo artificiale, aprendo la strada ai robot, allora l’IA si può estendere alla percezione, alla comunicazione in base a codici condivisi, all’azione in ambienti particolari e così via.
La ricerca attuale in IA si orienta verso la costruzione di 'algoritmi genetici', che vengono generati a caso e poi vagliati in base a criteri di efficienza, imitando un po’ i meccanismi darwiniani di selezione. I risultati sono piuttosto promettenti nel progetto di particolari dispositivi, per esempio le antenne elettromagnetiche. È opportuno sottolineare come i computer siano utilissimi anche nella progettazione di computer migliori, in una sorta di circolo virtuoso che si autoalimenta.
Un’altra direzione di ricerca in IA riguarda la rappresentazione delle emozioni: nell’uomo le capacità cognitive (razionali e computanti) sono strettamente intrecciate agli aspetti affettivi, mentre l’IA finora ha costruito programmi puramente cognitivi, privi di connotati emotivi. I ricercatori stanno tentando di comprendere e generare nelle macchine stati emotivi per il momento simulati, ma riconoscibili dall’esterno, e in futuro soggettivamente percepiti da una sorta di 'coscienza artificiale' che rappresenta per ora l’orizzonte ultimo della ricerca.
Un traguardo più vicino è quello della comprensione dell’umorismo e della sua riproduzione nelle macchine. La capacità di ridere è una caratteristica unicamente umana, le cui pieghe sono ancora da scandagliare. L’umorismo computazionale potrebbe fornirci indicazioni preziose sullo spirito e sulla comicità, e potrebbe essere utile al miglioramento del rapporto comunicativo uomo-macchina. In effetti oggi la comunicazione con il computer, che è rigido e piuttosto 'stupido', è faticosa e poco divertente. Una macchina dotata di senso dell’umorismo e di un grano di follia sarebbe per noi molto più soddisfacente. Ma a quel punto potremmo decidere di comunicare solo con le macchine, che sarebbero comunque meno esigenti degli essere umani e non ci porrebbero tanti problemi... Ma è una prospettiva piuttosto inquietante.
«Avvenire» del 29 agosto2009
Nessun commento:
Posta un commento