Le ricadute dei tagli all'istruzione
di Roberto Mussapi
La filosofa statunitense Martha C. Nassbaum, docente all’università di Chicago, pubblica sul Times Literary Supplement un lungo e interessante articolo sulla situazione degli studi umanistici a livello internazionale (cui aveva parlato anche in una recente intervista ad Avvenire).
Il ben documentato studio è incentrato sul tema della crisi che riguarda gran parte del mondo, crisi notoriamente economica ma, a parere (fondato) della Nassbaum, crisi culturale, spirituale, che se non arrestata rischia di precipitare in crisi morale, ontologica, insomma in una voragine autodistruttiva. L’autrice si riferisce a tre aree molto vaste: l’Europa, l’Asia (con maggiore attenzione all’India, perché più simile all’Occidente per tradizioni scolastiche) e gli Stati Uniti.
Parla di una crisi appunto molto più ampia di quella puramente economica, e prosegue: «Sono in corso cambiamenti radicali in quello che le società democratiche insegnano ai giovani, e su questi cambiamenti non si riflette abbastanza. Attirati dal profitto, molti Paesi, e i loro sistemi scolastici stanno escludendo alcuni saperi indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza continuerà, gli Stati di tutto il mondo produrranno generazioni di macchine docili, utili e tecnicamente qualificate, invece di cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da soli, mettere in discussione le consuetudini, e comprendere le sofferenze e i successi degli altri». L’inseguimento esclusivo dei beni materiali , che il grande poeta indiano Tagore definisce il nostro 'rivestimento', va a scapito dell’immaginazione che rende umani. La conoscenza non è garanzia di buona condotta, prosegue l’autrice, ma l’ignoranza garantisce una condotta cattiva. Il taglio agli studi umanistici si è registrato con l’apparire della crisi economica, taglio drastico in Asia ed Europa, meno grave ma serio negli Stati Uniti.
L’immaginazione, che si coltiva con gli studi umanistici considerati optional, è ingrediente fondamentale per resistere e rinascere. «Un elenco di fatti, senza la capacità di valutarli, può essere dannoso quanto l’ignoranza».
La Nussbaum prosegue indicando come il taglio all’istruzione umanistica, agli studi sulla letteratura, la poesia, e l’arte, sia generale e cieco, quasi a estirpare un’erba inutile, la cui bellezza persino ormai tende a sfuggire. La sua preoccupazione non è poetica: non è un artista che difende il proprio mondo. Il che sarebbe legittimo, ma meno significativo. È uno studioso della società che ne vede l’incancrenirsi.
Vede la crisi culturale e spirituale come causa prima di tutto. È un’analisi precisa e chiara. Si taglia l’immaginazione per salvare l’economia, e si manda a picco il mondo. La versione concreta, valutabile, di un fenomeno più profondo e subliminale, che ne è a mio parere alla base: l’oblio, lo sgretolamento del sacro, che caratterizza il Novecento, il secolo alle spalle. Dove non a caso le punte di resistenza sono poeti, artisti, o grandi figure religiose. La studiosa americana sottolinea con precisione una tendenza perversa e suicida dei governi di tre quarti del mondo a tagliare l’immaginazione che ci fa liberi, a tagliarla di fatto, concretamente, nei programmi di insegnamento. E predice, giustamente, rovina.
Un anno fa il Pontefice riceveva noi artisti perché da tempo la Chiesa aveva compreso questo nodo di importanza assoluta: la difesa dell’immaginazione significa difesa dello spirito, della libertà, condizioni essenziali perché gli uomini possano degnamente lottare per la vita, anche nei suoi sacrosanti aspetti pratici ed economici.
Il ben documentato studio è incentrato sul tema della crisi che riguarda gran parte del mondo, crisi notoriamente economica ma, a parere (fondato) della Nassbaum, crisi culturale, spirituale, che se non arrestata rischia di precipitare in crisi morale, ontologica, insomma in una voragine autodistruttiva. L’autrice si riferisce a tre aree molto vaste: l’Europa, l’Asia (con maggiore attenzione all’India, perché più simile all’Occidente per tradizioni scolastiche) e gli Stati Uniti.
Parla di una crisi appunto molto più ampia di quella puramente economica, e prosegue: «Sono in corso cambiamenti radicali in quello che le società democratiche insegnano ai giovani, e su questi cambiamenti non si riflette abbastanza. Attirati dal profitto, molti Paesi, e i loro sistemi scolastici stanno escludendo alcuni saperi indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza continuerà, gli Stati di tutto il mondo produrranno generazioni di macchine docili, utili e tecnicamente qualificate, invece di cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da soli, mettere in discussione le consuetudini, e comprendere le sofferenze e i successi degli altri». L’inseguimento esclusivo dei beni materiali , che il grande poeta indiano Tagore definisce il nostro 'rivestimento', va a scapito dell’immaginazione che rende umani. La conoscenza non è garanzia di buona condotta, prosegue l’autrice, ma l’ignoranza garantisce una condotta cattiva. Il taglio agli studi umanistici si è registrato con l’apparire della crisi economica, taglio drastico in Asia ed Europa, meno grave ma serio negli Stati Uniti.
L’immaginazione, che si coltiva con gli studi umanistici considerati optional, è ingrediente fondamentale per resistere e rinascere. «Un elenco di fatti, senza la capacità di valutarli, può essere dannoso quanto l’ignoranza».
La Nussbaum prosegue indicando come il taglio all’istruzione umanistica, agli studi sulla letteratura, la poesia, e l’arte, sia generale e cieco, quasi a estirpare un’erba inutile, la cui bellezza persino ormai tende a sfuggire. La sua preoccupazione non è poetica: non è un artista che difende il proprio mondo. Il che sarebbe legittimo, ma meno significativo. È uno studioso della società che ne vede l’incancrenirsi.
Vede la crisi culturale e spirituale come causa prima di tutto. È un’analisi precisa e chiara. Si taglia l’immaginazione per salvare l’economia, e si manda a picco il mondo. La versione concreta, valutabile, di un fenomeno più profondo e subliminale, che ne è a mio parere alla base: l’oblio, lo sgretolamento del sacro, che caratterizza il Novecento, il secolo alle spalle. Dove non a caso le punte di resistenza sono poeti, artisti, o grandi figure religiose. La studiosa americana sottolinea con precisione una tendenza perversa e suicida dei governi di tre quarti del mondo a tagliare l’immaginazione che ci fa liberi, a tagliarla di fatto, concretamente, nei programmi di insegnamento. E predice, giustamente, rovina.
Un anno fa il Pontefice riceveva noi artisti perché da tempo la Chiesa aveva compreso questo nodo di importanza assoluta: la difesa dell’immaginazione significa difesa dello spirito, della libertà, condizioni essenziali perché gli uomini possano degnamente lottare per la vita, anche nei suoi sacrosanti aspetti pratici ed economici.
«Avvenire» del 30 novembre 2010
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