La lezione di Josh Cohen a Palazzo Grazioli
di Piero Vietti
di Piero Vietti
“Non so se i giornali di carta spariranno, probabilmente molti ridurranno le loro copie o restringeranno gli argomenti trattati, certo è che sempre di più l’informazione dovrà concentrarsi sugli elementi di migliore qualità che ciascun editore sa offrire”. Qualità, qualità, qualità. Potrebbe essere questa la sintesi dell’incontro organizzato ieri da Reti a Palazzo Grazioli in collaborazione con l’Anes, l’associazione nazionale dell’editoria periodica specializzata. Ospite Josh Cohen, responsabile mondiale di Google News, il motore di ricerca che ha rivoluzionato l’informazione sul Web, tanto amato dagli utenti quanto a lungo osteggiato dagli editori che vedono crescere il fatturato pubblicitario di Google grazie ai loro contenuti senza che questi introiti finiscano in qualche modo anche a loro. Cohen si è intrattenuto in un lungo dialogo con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, che ha annunciato per la fine di settembre gli stati generali dell’editoria italiana, sul modello di quelli appena conclusi in Francia da Sarkozy.
Soltanto nel 2008 Google News ha prodotto sei miliardi di dollari di pubblicità, parla ormai 26 lingue e si basa su più di 250 fonti diverse per aggregare ogni tipo di informazione proveniente dal mondo e consegnarla ai lettori sotto forma di link ai siti da cui le informazioni provengono. Sarà la presenza in carne e ossa di quella che per molti è solo la pagina d’apertura del proprio collegamento a Internet, fatto sta che la discussione diventa un dialogo aperto in cui più di un editore presente si dice “soddisfatto” delle parole di Cohen.
D’altra parte se è vero che Google fa il parassita sui contenuti dei siti di informazione, i siti di informazione vedono crescere i loro visitatori grazie a Google News, e non solo. “Google ormai è sinonimo di Internet – sorride sicuro Cohen – Noi abbiamo la tecnologia che voi usate sempre di più: basti pensare a quanti vostri siti usano Google Maps”. Google investe miliardi in nuove tecnologie che poi fanno comodo anche agli editori, insomma. Da come progettare i banner pubblicitari ai sistemi di navigazione. E’ pur vero che il mondo editoriale in questo momento di crisi è “messo male”, per questo suscita interesse in sala la parola “qualità” pronunciata da Cohen: se voi aumentate la qualità delle vostre notizie, fa notare mister Google News, avrete molti vantaggi dal nostro lavoro di “raccolta”. Certo è che “l’editoria ha bisogno di discutere su se stessa – afferma Bonaiuti – stiamo entrando in un mondo nuovo di cui ancora non sappiamo prevedere tutti gli sviluppi”, ed è bene che gli editori tengano conto della necessità di essere sempre più multimediali e forse un po’ meno cartacei. “Inutile discutere di crisi economica e aumento del costo della carta se non si è pronti a contemplare questo aspetto”.
Molti sono incuriositi dal criterio con cui Google “classifica” le notizie e i siti di informazione (per cui ad esempio in Italia il Foglio.it è considerato al terzo posto dopo Corriere e Repubblica). Cohen spiega che “contano le foto e la grandezza del titolo, il contenuto originale o più aggiornato, e i clic dei lettori. In pratica la classifica la fa l’editore con l’importanza che dà alla notizia”. Rimane il problema dei costi: la qualità ha i suoi e non sempre i ricavi tornano lì da dove la notizia è partita. “Vero – dice Cohen – a noi infatti interessa valorizzare soprattutto la qualità”. Ma è pur vero che questa o è messa da chi scrive o è un bel problema. Probabilmente serve un riassetto del mondo dell’informazione per riuscire a dare il meglio in una determinata categoria, suggerisce. Insomma, dalle parole di Cohen sembra di capire che il futuro dell’editoria è in mano a editori e lettori.
Anche nel caso della fine delle news tutte gratis? “Anche. Noi in America già lavoriamo con chi ha articoli a pagamento, non so se questo sia il modello vincente. Come sempre saranno i lettori a deciderlo”. Che evidentemente pagheranno solo per avere materiale di qualità. L’informazione sta cambiando per merito degli utenti, dice: “Un tempo il lettore era passivo, accettava che la notizia del giorno fosse quella in prima pagina del giornale che comprava. Ora è partecipativo, vuole dire la sua: pensate a cosa sta succedendo in Iran, sono i lettori che ne fanno parlare”. Infine, bisogna fare esperimenti. Un giornale del Connecticut ad esempio ha assunto dei giornalisti in India per scrivere di cronaca locale, per vedere se sia possibile. “Non conoscevo questo esperimento – dice Cohen – ma sono d’accordo: la strada è questa, bisogna provare cose nuove, sempre puntando alla qualità dell’informazione”. “Il nostro scopo – dice Cohen – è dare più trasparenza possibile, di mettere le cose in modo tale che il lettore possa esercitare il suo criterio di giudizio nel modo più facile possibile”. Ma quando le fonti saranno migliaia sarà possibile pagare per avere le prime posizioni? “No, assolutamente, quella sarebbe la fine di Google”.
Soltanto nel 2008 Google News ha prodotto sei miliardi di dollari di pubblicità, parla ormai 26 lingue e si basa su più di 250 fonti diverse per aggregare ogni tipo di informazione proveniente dal mondo e consegnarla ai lettori sotto forma di link ai siti da cui le informazioni provengono. Sarà la presenza in carne e ossa di quella che per molti è solo la pagina d’apertura del proprio collegamento a Internet, fatto sta che la discussione diventa un dialogo aperto in cui più di un editore presente si dice “soddisfatto” delle parole di Cohen.
D’altra parte se è vero che Google fa il parassita sui contenuti dei siti di informazione, i siti di informazione vedono crescere i loro visitatori grazie a Google News, e non solo. “Google ormai è sinonimo di Internet – sorride sicuro Cohen – Noi abbiamo la tecnologia che voi usate sempre di più: basti pensare a quanti vostri siti usano Google Maps”. Google investe miliardi in nuove tecnologie che poi fanno comodo anche agli editori, insomma. Da come progettare i banner pubblicitari ai sistemi di navigazione. E’ pur vero che il mondo editoriale in questo momento di crisi è “messo male”, per questo suscita interesse in sala la parola “qualità” pronunciata da Cohen: se voi aumentate la qualità delle vostre notizie, fa notare mister Google News, avrete molti vantaggi dal nostro lavoro di “raccolta”. Certo è che “l’editoria ha bisogno di discutere su se stessa – afferma Bonaiuti – stiamo entrando in un mondo nuovo di cui ancora non sappiamo prevedere tutti gli sviluppi”, ed è bene che gli editori tengano conto della necessità di essere sempre più multimediali e forse un po’ meno cartacei. “Inutile discutere di crisi economica e aumento del costo della carta se non si è pronti a contemplare questo aspetto”.
Molti sono incuriositi dal criterio con cui Google “classifica” le notizie e i siti di informazione (per cui ad esempio in Italia il Foglio.it è considerato al terzo posto dopo Corriere e Repubblica). Cohen spiega che “contano le foto e la grandezza del titolo, il contenuto originale o più aggiornato, e i clic dei lettori. In pratica la classifica la fa l’editore con l’importanza che dà alla notizia”. Rimane il problema dei costi: la qualità ha i suoi e non sempre i ricavi tornano lì da dove la notizia è partita. “Vero – dice Cohen – a noi infatti interessa valorizzare soprattutto la qualità”. Ma è pur vero che questa o è messa da chi scrive o è un bel problema. Probabilmente serve un riassetto del mondo dell’informazione per riuscire a dare il meglio in una determinata categoria, suggerisce. Insomma, dalle parole di Cohen sembra di capire che il futuro dell’editoria è in mano a editori e lettori.
Anche nel caso della fine delle news tutte gratis? “Anche. Noi in America già lavoriamo con chi ha articoli a pagamento, non so se questo sia il modello vincente. Come sempre saranno i lettori a deciderlo”. Che evidentemente pagheranno solo per avere materiale di qualità. L’informazione sta cambiando per merito degli utenti, dice: “Un tempo il lettore era passivo, accettava che la notizia del giorno fosse quella in prima pagina del giornale che comprava. Ora è partecipativo, vuole dire la sua: pensate a cosa sta succedendo in Iran, sono i lettori che ne fanno parlare”. Infine, bisogna fare esperimenti. Un giornale del Connecticut ad esempio ha assunto dei giornalisti in India per scrivere di cronaca locale, per vedere se sia possibile. “Non conoscevo questo esperimento – dice Cohen – ma sono d’accordo: la strada è questa, bisogna provare cose nuove, sempre puntando alla qualità dell’informazione”. “Il nostro scopo – dice Cohen – è dare più trasparenza possibile, di mettere le cose in modo tale che il lettore possa esercitare il suo criterio di giudizio nel modo più facile possibile”. Ma quando le fonti saranno migliaia sarà possibile pagare per avere le prime posizioni? “No, assolutamente, quella sarebbe la fine di Google”.
«Il Foglio» del 2 luglio 2009
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