Chiare e forti sono state le parole che Benedetto XVI ha pronunciato nella sua recente visita in Calabria. «A volte – ha detto il Papa – il clima che si respira nelle nostre società non è salubre».
di Bruno Forte *
«È inquinato - ha detto il Papa - da una mentalità che non è cristiana e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune». La denuncia si è unita alla proposta, avanzata nell'omelia tenuta a Lamezia Terme il 9 ottobre scorso: «Auspico vivamente… una nuova generazione di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune».
Uno sguardo anche rapido alla situazione dell'Italia d'oggi mostra con evidenza quanto il Papa abbia ragione. Quelli che emergono sono i tratti di un Paese stanco e diviso. La stanchezza si profila non solo nei segni preoccupanti di recessione economica, nella perdita di competitività di molte delle nostre aziende, nella diffusa incapacità a elaborare e perseguire una progettualità di largo respiro, ma anche nella mancanza di carica utopica, riscontrabile specialmente fra i giovani, nella penuria di speranza che si avverte tanto nella vita personale, quanto nell'impresa collettiva, nella disaffezione all'impegno politico, diventato - anche grazie a una pessima legge elettorale - sempre più monopolio di una casta, che si riproduce per clonazione e spesso al ribasso.
L'Italia di oggi appare più che mai un Paese bisognoso di cambiamenti profondi e di protagonisti nuovi. La novità dovrà prodursi anzitutto nel campo della mentalità, della "visione del mondo", dello stile dell'impegno sociale e politico. Quali caratteristiche dovranno avere quanti intenderanno porsi al servizio del bene comune? Vorrei richiamare alcune qualità umane e spirituali, sottese anche alle riflessioni che hanno impegnato il Forum dell'associazionismo cattolico di ieri a Todi, e che mi sembrano irrinunciabili per chi vorrà contribuire al superamento della stanchezza e delle divisioni del Paese.
La prima caratteristica è uno sguardo capace di spingersi in alto e lontano. La paura e l'abdicazione si vincono guardando a mete grandi, ardue, ma possibili. Occorrono testimoni di speranza, che diano soffio e slancio all'azione politica, donne e uomini capaci di pensare in grande, di osare per una meta bella, di pagare il prezzo anche a livello personale per il conseguimento di un fine che valga la pena per tutti. Per il cristiano questo vuol dire tenere desta la speranza della fede, che impedisce di arrendersi di fronte agli interessi di corto raggio degli egoismi personali o collettivi. Come diceva Dom Hélder Câmara, il vescovo caro a tanti poveri del Sud del mondo: «Beati coloro che sognano: porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato». E Benedetto XVI nell'Enciclica Spe salvi afferma: «Il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (n. 1).
C'è bisogno di protagonisti capaci di misurarsi costantemente con l'assolutezza dei giudizi etici, con le esigenze dell'amore e della giustizia più grandi, riconosciute nello spazio vivificante dell'adorazione. Affermava il gesuita tedesco Alfred Delp, morto martire della barbarie nazista in campo di concentramento: «Il pane è importante, la libertà è più importante, ma la cosa più importante di tutte è la fedeltà mai tradita e l'adorazione vera». Abbiamo bisogno di uomini e donne disposti a riconoscere la verità, a obbedire ad essa, pronti a non cedere al compromesso morale, decisi nel rifiutare la menzogna e il vantaggio egoistico. Donne e uomini eticamente impegnati, che non sbandierino valori non vissuti in prima persona, almeno sul piano della tensione e dello sforzo onesto.
Una seconda condizione indispensabile per un autentico impegno al servizio del bene comune è l'essere disinteressati, non attaccati al denaro e al potere, umili e senza pretese: «Chi è troppo attaccato al denaro - scriveva don Sturzo - non faccia l'uomo politico né aspiri a posti di governo. L'amore del denaro lo condurrà a mancare gravemente ai propri doveri» (Il manuale del buon politico). E Desmond Tutu, vescovo anglicano del Sudafrica, premio Nobel per la pace, affermava: «Potere e forza non sono finalizzati al conseguimento del proprio tornaconto personale, non sono strumenti di dominio, non devono servire ad accrescere la nostra autorità, in spregio a qualsiasi legge o convenzione... Il vero potere lo si scopre donando la propria vita, servendo il più debole, il più indifeso» (Anche Dio ha un sogno. Una speranza per il nostro tempo).
Applicando questo criterio alle figure caricate di maggiore responsabilità politica, Tutu aggiungeva: «I veri leaders devono prima o poi convincere i loro seguaci che non si sono buttati nella mischia per interesse personale ma per amore degli altri. Niente può testimoniarlo in modo più convincente della sofferenza». Com'è nobile, oltre che doveroso e utile a tutti, farsi da parte quando si sa che non si è più in grado di garantire il bene maggiore della comunità al cui servizio si è stati chiamati!
Un simile impegno nel servizio sociale e politico esige un corrispondente stile di vita. Questo non s'improvvisa, va maturato anzi in un lungo cammino, alla scuola di modelli veri e significativi. Questi modelli non sono mancati nella storia del cattolicesimo democratico e sociale: basti pensare a figure come quelle di Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira! Che cosa essi ci insegnano? Dall'esperienza quotidiana di Dio, dalla scelta convinta del primato del servizio al bene comune, i testimoni della politica vissuta come forma alta della carità hanno attinto la forza del loro disinteresse verso il denaro e il potere e l'autorevolezza morale, riconosciuta anche da chi non la pensava come loro.
E hanno testimoniato quel senso della mondialità, che abbraccia inseparabilmente il locale e il globale e che è oggi più che mai necessario: «Ogni 3,6 secondi - scrive ancora Desmond Tutu - qualcuno muore di fame, e in tre casi su quattro si tratta di bambini al di sotto dei cinque anni. Se comprendessimo di essere una sola famiglia, non consentiremmo che a nostro fratello o a nostra sorella accada una cosa del genere». Gente che pensa in grande, con cuore umile e attento, in un continuo impegno di rinnovamento etico: è quella di cui abbiamo bisogno! Affermava Charles Péguy: «La rivoluzione o sarà morale o non sarà affatto». Ed Emmanuel Mounier aggiungeva: «Si pretende che la rivoluzione sia uno sconvolgimento di fiamme e di fuoco. No, la rivoluzione è un tumulto ben più profondo. Mutate il cuore del vostro cuore.
E, nel mondo, muterete tutto quello che è stato da esso contaminato… In questo mondo inerte, indifferente, incrollabile, la santità è ormai la sola politica valida e l'intelligenza, se vuole accompagnarla, deve conservare la purezza del lampo».
A costo di parere ingenuo e sognatore, chiedo a Dio di suscitare politici santi al servizio della nostra Italia. Vorrei chiederlo insieme a quanti queste condivideranno mie parole, perché so bene che «chi sogna da solo, è un sognatore; ma se si sogna insieme, il sogno può diventare realtà».
Uno sguardo anche rapido alla situazione dell'Italia d'oggi mostra con evidenza quanto il Papa abbia ragione. Quelli che emergono sono i tratti di un Paese stanco e diviso. La stanchezza si profila non solo nei segni preoccupanti di recessione economica, nella perdita di competitività di molte delle nostre aziende, nella diffusa incapacità a elaborare e perseguire una progettualità di largo respiro, ma anche nella mancanza di carica utopica, riscontrabile specialmente fra i giovani, nella penuria di speranza che si avverte tanto nella vita personale, quanto nell'impresa collettiva, nella disaffezione all'impegno politico, diventato - anche grazie a una pessima legge elettorale - sempre più monopolio di una casta, che si riproduce per clonazione e spesso al ribasso.
L'Italia di oggi appare più che mai un Paese bisognoso di cambiamenti profondi e di protagonisti nuovi. La novità dovrà prodursi anzitutto nel campo della mentalità, della "visione del mondo", dello stile dell'impegno sociale e politico. Quali caratteristiche dovranno avere quanti intenderanno porsi al servizio del bene comune? Vorrei richiamare alcune qualità umane e spirituali, sottese anche alle riflessioni che hanno impegnato il Forum dell'associazionismo cattolico di ieri a Todi, e che mi sembrano irrinunciabili per chi vorrà contribuire al superamento della stanchezza e delle divisioni del Paese.
La prima caratteristica è uno sguardo capace di spingersi in alto e lontano. La paura e l'abdicazione si vincono guardando a mete grandi, ardue, ma possibili. Occorrono testimoni di speranza, che diano soffio e slancio all'azione politica, donne e uomini capaci di pensare in grande, di osare per una meta bella, di pagare il prezzo anche a livello personale per il conseguimento di un fine che valga la pena per tutti. Per il cristiano questo vuol dire tenere desta la speranza della fede, che impedisce di arrendersi di fronte agli interessi di corto raggio degli egoismi personali o collettivi. Come diceva Dom Hélder Câmara, il vescovo caro a tanti poveri del Sud del mondo: «Beati coloro che sognano: porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato». E Benedetto XVI nell'Enciclica Spe salvi afferma: «Il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (n. 1).
C'è bisogno di protagonisti capaci di misurarsi costantemente con l'assolutezza dei giudizi etici, con le esigenze dell'amore e della giustizia più grandi, riconosciute nello spazio vivificante dell'adorazione. Affermava il gesuita tedesco Alfred Delp, morto martire della barbarie nazista in campo di concentramento: «Il pane è importante, la libertà è più importante, ma la cosa più importante di tutte è la fedeltà mai tradita e l'adorazione vera». Abbiamo bisogno di uomini e donne disposti a riconoscere la verità, a obbedire ad essa, pronti a non cedere al compromesso morale, decisi nel rifiutare la menzogna e il vantaggio egoistico. Donne e uomini eticamente impegnati, che non sbandierino valori non vissuti in prima persona, almeno sul piano della tensione e dello sforzo onesto.
Una seconda condizione indispensabile per un autentico impegno al servizio del bene comune è l'essere disinteressati, non attaccati al denaro e al potere, umili e senza pretese: «Chi è troppo attaccato al denaro - scriveva don Sturzo - non faccia l'uomo politico né aspiri a posti di governo. L'amore del denaro lo condurrà a mancare gravemente ai propri doveri» (Il manuale del buon politico). E Desmond Tutu, vescovo anglicano del Sudafrica, premio Nobel per la pace, affermava: «Potere e forza non sono finalizzati al conseguimento del proprio tornaconto personale, non sono strumenti di dominio, non devono servire ad accrescere la nostra autorità, in spregio a qualsiasi legge o convenzione... Il vero potere lo si scopre donando la propria vita, servendo il più debole, il più indifeso» (Anche Dio ha un sogno. Una speranza per il nostro tempo).
Applicando questo criterio alle figure caricate di maggiore responsabilità politica, Tutu aggiungeva: «I veri leaders devono prima o poi convincere i loro seguaci che non si sono buttati nella mischia per interesse personale ma per amore degli altri. Niente può testimoniarlo in modo più convincente della sofferenza». Com'è nobile, oltre che doveroso e utile a tutti, farsi da parte quando si sa che non si è più in grado di garantire il bene maggiore della comunità al cui servizio si è stati chiamati!
Un simile impegno nel servizio sociale e politico esige un corrispondente stile di vita. Questo non s'improvvisa, va maturato anzi in un lungo cammino, alla scuola di modelli veri e significativi. Questi modelli non sono mancati nella storia del cattolicesimo democratico e sociale: basti pensare a figure come quelle di Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira! Che cosa essi ci insegnano? Dall'esperienza quotidiana di Dio, dalla scelta convinta del primato del servizio al bene comune, i testimoni della politica vissuta come forma alta della carità hanno attinto la forza del loro disinteresse verso il denaro e il potere e l'autorevolezza morale, riconosciuta anche da chi non la pensava come loro.
E hanno testimoniato quel senso della mondialità, che abbraccia inseparabilmente il locale e il globale e che è oggi più che mai necessario: «Ogni 3,6 secondi - scrive ancora Desmond Tutu - qualcuno muore di fame, e in tre casi su quattro si tratta di bambini al di sotto dei cinque anni. Se comprendessimo di essere una sola famiglia, non consentiremmo che a nostro fratello o a nostra sorella accada una cosa del genere». Gente che pensa in grande, con cuore umile e attento, in un continuo impegno di rinnovamento etico: è quella di cui abbiamo bisogno! Affermava Charles Péguy: «La rivoluzione o sarà morale o non sarà affatto». Ed Emmanuel Mounier aggiungeva: «Si pretende che la rivoluzione sia uno sconvolgimento di fiamme e di fuoco. No, la rivoluzione è un tumulto ben più profondo. Mutate il cuore del vostro cuore.
E, nel mondo, muterete tutto quello che è stato da esso contaminato… In questo mondo inerte, indifferente, incrollabile, la santità è ormai la sola politica valida e l'intelligenza, se vuole accompagnarla, deve conservare la purezza del lampo».
A costo di parere ingenuo e sognatore, chiedo a Dio di suscitare politici santi al servizio della nostra Italia. Vorrei chiederlo insieme a quanti queste condivideranno mie parole, perché so bene che «chi sogna da solo, è un sognatore; ma se si sogna insieme, il sogno può diventare realtà».
* Bruno Forte è arcivescovo di Chieti-Vasto
«Il Sole 24 Ore» del 18 ottobre 2011
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