di Carlo Cardia
Un sogno che ha attraversato il Risorgimento, e conosce la sua consunzione nel periodo della Sinistra liberale, riguarda il tentativo di protestantizzare l’Italia. È un sogno piccolo, fatto per lo più da stranieri che sanno poco di storia e geografia, o da qualche inglese che si prende troppo sul serio, tuttavia incontra qualche consenso e suscita simpatie qua e là.
Ed è un sogno che occorre tener distinto dalla conquista della libertà religiosa che riguarda tutti i culti, e opinioni in materia religiosa. Giorgio Spini ricorda che nel cammino verso la libertà religiosa, si stabilisce un collegamento tra i valdesi delle valli piemontesi, gli evangelici toscani, le correnti liberali, al fine di ottenere libertà religiosa ed eguaglianza per tutti i cittadini. Quando, però, la libertà religiosa si afferma, il fronte si divide perché il programma missionario che tende a diffondere il protestantesimo in Italia si scontra con il movimento liberale (cattolico o laico) e con i ceti popolari che non vogliono sentir parlare di una religione diversa da quella cattolica. Un ruolo a parte è svolto dall’Inghilterra che sostiene la causa italiana per più ragioni, per motivi di equilibrio europeo, per indebolire l’Austria ed attenuare l’egemonia francese sulle terre italiane; ma si sostiene anche perché, sulla base di vecchi pregiudizi, ritiene che l’Italia possa liberarsi del cattolicesimo e quasi protestantizzarsi.
Come i cattolici sono malvisti in Inghilterra dopo la liberalizzazione del 1829, altrettanto in Italia non basta la libertà religiosa concessa dal 1848 perché i protestanti si sentano a casa loro, tanto meno realizzino i propri obiettivi missionari. Certo, la libertà religiosa concede a protestanti, ebrei, e chiunque altro, uno statuto di cittadinanza eguale per tutti, pone riparo ai torti storici subiti dai valdesi e dagli ebrei. Si aprono chiese e scuole protestanti in varie città, in Roma è eretto il tempio anglicano in via Nazionale, con una singolarità: nel mosaico del pittore Edward Burne-Jones, sant’Andrea è raffigurato con il volto di Abramo Lincoln, san Giacomo con il volto di Giuseppe Garibaldi, san Patrizio con il volto del generale Ulysses Grant, comandante delle truppe nordiste nella guerra di secessione americana.
Ma l’attività missionaria trova un muro quando si accosta al popolo, al tessuto sociale cattolico più fitto, alla stessa Italia liberale, perché i protestanti prendono atto di una realtà a loro sconosciuta: gli italiani sono rimasti cattolici, o sono diventati laici (liberali, massoni, anticlericali, non importa), ma in entrambi i casi non vogliono sentir parlare di religione protestante: i cattolici perché la considerano eretica, gli altri perché al solo sentir parlare di religione vedono rosso. L’espansione protestante si infrange contro questo blocco sociale e religioso, con episodi minori, o più gravi.
A Roma il 20 luglio 1872, nell’ambito di una manifestazione ostile agli ordini religiosi, un pastore protestante crede di poter fare propaganda per la propria fede e parla alla folla affermando che la religione è fondamento della vita civile. La folla risponde gridando: «Abbasso tutte le religioni, giù tutte le botteghe religiose», e ad un suo tentativo di replica viene sospinto dai dimostranti che tentano di buttarlo nella fontana di Trevi, ma è salvato dai carabinieri. Ben più gravi i fatti che accadono a Barletta nel 1865, quando il predicatore Gaetano Gianni prende casa per avviare l’opera di propaganda religiosa tra la popolazione.
Ma questa provoca gravi disordini che portano il 19 maggio a una specie di linciaggio con il quale sono devastati i locali della sotto-prefettura e uccise sei persone (tra cui un cattolico). L’anno successivo i giudici condannano severamente 28 aggressori. Il sogno protestante affiora, sia pur confusamente, in personalità come Francesco Crispi, il quale dichiara alla Camera nel 1866 che «il cattolicesimo finirà; ed allora il cristianesimo, che falsi ministri deturpano, purgandosi dei vizi della Chiesa romana, riprenderà l’antico prestigio e diventerà facilmente la religione dell’Umanità. Ma finché in Roma ci saranno il papa e i cardinali, finché in Roma papa e cardinali avranno un potere politico, cotesta riforma non sarà possibile».
Queste previsioni non si avverano, è sconfitto il disegno di «protestanti e massoni di tutto il mondo, convinti che, crollato il potere temporale dei papi, anche quello spirituale abbia i giorni contati». Le ragioni sono sostanzialmente due. La prima, indicata da Giorgio Spini, ha natura politica, perché «di novità in fatto di cristianesimo la Terza Italia non voleva saperne: a meno che non si trattasse del culto nuovo della Madonna di Pompei, iniziato giusto in quegli anni da Bartolo Longo e coronato subito di trionfo immenso.
Alla Destra storica l’Italia evangelica tornava sgradita in quanto ostile all’ordine tradizionale di cose: alla Sinistra restava incomprensibile e peggio per la sua ostinazione veramente assurda a preferire il Vangelo al verbo positivista o all’Inno a Satana. Non sembrava davvero che le restasse molto da fare, fuorché togliere l’incomodo e scomparire insieme a tanti altri sogni risorgimentali». L’altra ragione è più di sostanza, perché il cattolicesimo ha permeato in profondità la spiritualità e la cultura egli italiani.
Per quanto ci si impegni ad aprire chiese protestanti, e diffondere la Riforma, ci si accorge che nulla è più alieno dalla sensibilità popolare dell’individualismo nato in Paesi lontani che cancella dalla religione i segni esteriori, la consuetudine con il divino, i legami che uniscono la Chiesa alla vita quotidiana, familiare, personale; così come la venatura pessimistica protestante collide con l’ottimismo cattolico che scende nell’intimo, e rassicura la coscienza con gioiosa serenità. I passaggi ad altra Chiesa si registrano ma l’influenza protestante rimane sotto una soglia minima, quasi esistano anticorpi che salvaguardano l’anima popolare cattolica.
Ed è un sogno che occorre tener distinto dalla conquista della libertà religiosa che riguarda tutti i culti, e opinioni in materia religiosa. Giorgio Spini ricorda che nel cammino verso la libertà religiosa, si stabilisce un collegamento tra i valdesi delle valli piemontesi, gli evangelici toscani, le correnti liberali, al fine di ottenere libertà religiosa ed eguaglianza per tutti i cittadini. Quando, però, la libertà religiosa si afferma, il fronte si divide perché il programma missionario che tende a diffondere il protestantesimo in Italia si scontra con il movimento liberale (cattolico o laico) e con i ceti popolari che non vogliono sentir parlare di una religione diversa da quella cattolica. Un ruolo a parte è svolto dall’Inghilterra che sostiene la causa italiana per più ragioni, per motivi di equilibrio europeo, per indebolire l’Austria ed attenuare l’egemonia francese sulle terre italiane; ma si sostiene anche perché, sulla base di vecchi pregiudizi, ritiene che l’Italia possa liberarsi del cattolicesimo e quasi protestantizzarsi.
Come i cattolici sono malvisti in Inghilterra dopo la liberalizzazione del 1829, altrettanto in Italia non basta la libertà religiosa concessa dal 1848 perché i protestanti si sentano a casa loro, tanto meno realizzino i propri obiettivi missionari. Certo, la libertà religiosa concede a protestanti, ebrei, e chiunque altro, uno statuto di cittadinanza eguale per tutti, pone riparo ai torti storici subiti dai valdesi e dagli ebrei. Si aprono chiese e scuole protestanti in varie città, in Roma è eretto il tempio anglicano in via Nazionale, con una singolarità: nel mosaico del pittore Edward Burne-Jones, sant’Andrea è raffigurato con il volto di Abramo Lincoln, san Giacomo con il volto di Giuseppe Garibaldi, san Patrizio con il volto del generale Ulysses Grant, comandante delle truppe nordiste nella guerra di secessione americana.
Ma l’attività missionaria trova un muro quando si accosta al popolo, al tessuto sociale cattolico più fitto, alla stessa Italia liberale, perché i protestanti prendono atto di una realtà a loro sconosciuta: gli italiani sono rimasti cattolici, o sono diventati laici (liberali, massoni, anticlericali, non importa), ma in entrambi i casi non vogliono sentir parlare di religione protestante: i cattolici perché la considerano eretica, gli altri perché al solo sentir parlare di religione vedono rosso. L’espansione protestante si infrange contro questo blocco sociale e religioso, con episodi minori, o più gravi.
A Roma il 20 luglio 1872, nell’ambito di una manifestazione ostile agli ordini religiosi, un pastore protestante crede di poter fare propaganda per la propria fede e parla alla folla affermando che la religione è fondamento della vita civile. La folla risponde gridando: «Abbasso tutte le religioni, giù tutte le botteghe religiose», e ad un suo tentativo di replica viene sospinto dai dimostranti che tentano di buttarlo nella fontana di Trevi, ma è salvato dai carabinieri. Ben più gravi i fatti che accadono a Barletta nel 1865, quando il predicatore Gaetano Gianni prende casa per avviare l’opera di propaganda religiosa tra la popolazione.
Ma questa provoca gravi disordini che portano il 19 maggio a una specie di linciaggio con il quale sono devastati i locali della sotto-prefettura e uccise sei persone (tra cui un cattolico). L’anno successivo i giudici condannano severamente 28 aggressori. Il sogno protestante affiora, sia pur confusamente, in personalità come Francesco Crispi, il quale dichiara alla Camera nel 1866 che «il cattolicesimo finirà; ed allora il cristianesimo, che falsi ministri deturpano, purgandosi dei vizi della Chiesa romana, riprenderà l’antico prestigio e diventerà facilmente la religione dell’Umanità. Ma finché in Roma ci saranno il papa e i cardinali, finché in Roma papa e cardinali avranno un potere politico, cotesta riforma non sarà possibile».
Queste previsioni non si avverano, è sconfitto il disegno di «protestanti e massoni di tutto il mondo, convinti che, crollato il potere temporale dei papi, anche quello spirituale abbia i giorni contati». Le ragioni sono sostanzialmente due. La prima, indicata da Giorgio Spini, ha natura politica, perché «di novità in fatto di cristianesimo la Terza Italia non voleva saperne: a meno che non si trattasse del culto nuovo della Madonna di Pompei, iniziato giusto in quegli anni da Bartolo Longo e coronato subito di trionfo immenso.
Alla Destra storica l’Italia evangelica tornava sgradita in quanto ostile all’ordine tradizionale di cose: alla Sinistra restava incomprensibile e peggio per la sua ostinazione veramente assurda a preferire il Vangelo al verbo positivista o all’Inno a Satana. Non sembrava davvero che le restasse molto da fare, fuorché togliere l’incomodo e scomparire insieme a tanti altri sogni risorgimentali». L’altra ragione è più di sostanza, perché il cattolicesimo ha permeato in profondità la spiritualità e la cultura egli italiani.
Per quanto ci si impegni ad aprire chiese protestanti, e diffondere la Riforma, ci si accorge che nulla è più alieno dalla sensibilità popolare dell’individualismo nato in Paesi lontani che cancella dalla religione i segni esteriori, la consuetudine con il divino, i legami che uniscono la Chiesa alla vita quotidiana, familiare, personale; così come la venatura pessimistica protestante collide con l’ottimismo cattolico che scende nell’intimo, e rassicura la coscienza con gioiosa serenità. I passaggi ad altra Chiesa si registrano ma l’influenza protestante rimane sotto una soglia minima, quasi esistano anticorpi che salvaguardano l’anima popolare cattolica.
«Avvenire» del 24 novembre 2011
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