Bauman teme la «globalizzazione cattiva»
di Giuseppe Galasso
«Questo libro», dice Zygmunt Bauman, «è un inventario delle paure liquido-moderne», e tenta di individuare le loro radici comuni e i modi di vincerle. La «modernità liquida» è per lui il mondo post-moderno, in cui «la vita liquida scorre da una sfida all’altra, da un episodio all’altro, e per la consuetudine che abbiamo con le sfide e gli episodi, essi tendono a non durare a lungo». Per le paure è lo stesso. La speranza illuministica di tagliarne le radici non si è realizzata. Anzi, «nel contesto liquido-moderno la lotta contro le paure si è rivelata un compito a vita», e i pericoli per cui nascono sono diventati «compagni permanenti e inseparabili della vita umana». Preoccupante è poi specialmente la prospettiva politica alla quale per Bauman il dilagare della paura sembra destinare l’umanità del XXI secolo. «La nostra globalizzazione negativa - egli scrive - oscilla tra il togliere la sicurezza a chi è libero e l’offrire sicurezza sotto forma di illibertà». Di più non c’è da sperare, e Bauman, che certo non pecca di incoerenza e non difetta di spirito consequenziario, ne deduce, infatti, che «ciò renderà la catastrofe "ineluttabile"». D’altra parte, egli non si pone, però, come un catastrofista assoluto. Ci lascia una via d’uscita, la cui porta, se eventualmente non si rivelasse comoda, avrebbe sempre il pregio di essere aperta e praticabile. Solo ritenendo ineluttabile la catastrofe, afferma altrettanto categoricamente, solo prendendola davvero sul serio, l’umanità ha speranza «di renderla evitabile». E ciò significa che il secolo in cui siamo appena entrati «può essere un’epoca di catastrofe definitiva», ma anche essere l’epoca «in cui si stringerà e si darà vita a un nuovo patto tra intellettuali e popolo, inteso ormai come umanità». Dalle ceneri del profeta di sciagura, che si augura dalla storia una solenne e liquidatoria smentita delle proprie profezie, viene fuori, così, trepidante, ma sicuro di sé, un neo-illuminista (o almeno un neo-positivista), che vede nella ragione l’arma decisiva per vincere la paura, cioè un atteggiamento per nulla razionale, e pensa con fiducia all’arca di un’alleanza tra philosophes (o scienziati) e popolo, tra la ragione e ciò che vi rilutta e si condanna, così, da sé. E questo scenario, che chiude il libro, non è il coup de théâtre di uno spirito a corto d’argomenti. Si sente a fior di pelle la realtà della scommessa che Bauman intende fare e proporre quando termina esprimendo la speranza «di poter ancora scegliere tra questi due futuri», la catastrofe, cioè, o quell’alleanza. Bauman non è, però, solo un predicatore di alternative estreme. La sua analisi dell’insinuarsi della paura (di innumerevoli paure) nel mondo liquido-moderno per effetto di quella che definisce «globalizzazione negativa» è minuziosa e impressionante, ed è forse ciò che nel suo libro colpisce di più. A suo avviso, questa globalizzazione è, peraltro, l’opera di una «sovraclasse globale», che così «continua a gratificare se stessa su una scala sbalorditiva, senza essere disturbata», e, anzi, con «grandi guadagni» e «scarsissimi rischi». Ma, mi chiedo, non c’è qui un po’troppo di «forze oscure della reazione», operanti nell’ombra per continuare nei loro privilegi? Non si riflette qui, fin troppo, la matrice marxistica di Bauman, con questa visione di una «internazionale del denaro», che fa e disfa tutto a suo vantaggio? Credo di si. E così pure credo che la prevedibilità («uno degli attributi di cui più si avverte la mancanza nel mondo liquido-moderno globalizzato negativamente») sia solo una condizione permanente dell’esperienza umana. Chi, un po’prima, avrebbe previsto la rivoluzione in Francia nel 1789 o, nei primi mesi del 1914, la «grande guerra» in Europa? L’imprevedibilità è solo ciò a cui ci mette di fronte la volontà (distruttiva quanto creativa) delle forze che fanno la storia. Pensare di eliminare imprevedibilità e paure equivale a credere a un’umanità e a uomini diversi da quelli che conosciamo da sempre. Proprio per questo, però, conoscere le paure e considerare l’imprevedibile è essenziale nella vita dei singoli e delle collettività, nonché nell’azione di chi le governa. E su questo piano il libro di Bauman è certo di non comune acume e interesse per ciò che dice delle paure nel mondo da lui definito liquido-moderno (che, però, va pur detto, è un mondo di uomini non diversi da quelli di ogni altro mondo, anche solido, se ve ne sono mai stati).
L’autore: Zygmunt Bauman (1925) sociologo britannico di origini ebraico-polacche, ha insegnato all’Università di Leeds. Tra i suoi saggi: «Vita liquida», «Vite di scarto», «Modus vivendi», «L’Europa è un’avventura» (pubblicati in Italia da Laterza)
«Corriere della Sera» del 14 febbraio 2008
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