Per la prima volta svelati i dati sulle interruzioni delle nascite
di Fabio Cavalera
Il governo ammette: «Emergenza nazionale»
Il quotidiano governativo China Daily riporta, fra le righe di un commento pubblicato in una pagina interna, un dato preoccupante e nuovo: nell’ultimo anno ci sono stati «almeno dieci milioni di aborti». Il numero è elevatissimo e se la fonte non fosse ufficiale ci sarebbe da dubitare. Invece, questa è la realtà presentata con giustificato allarme dai ginecologi cinesi e dagli esperti di pianificazione demografica e di controllo delle nascite. Il caso non ha nulla a che vedere con la «one child policy», la politica del figlio unico, e con la determinazione precoce del sesso che è una consuetudine vietata ma ugualmente molto diffusa nelle aree rurali, avendo lo scopo odioso di sopprimere il feto femmina in quanto il lavoro nei campi ha bisogno di braccia forti. Parliamo di altro. È possibile confondere e sommare due questioni - il cosiddetto «aborto selettivo» e l’aborto effettuato per totale negazione del desiderio di maternità e paternità o per colpevole ignoranza - che hanno come denominatore comune l’assenza di un sostegno pubblico alla modernizzazione della cultura familiare, rigidamente patriarcale, strutturata autoritariamente attorno alla figura maschile e poco disposta per tradizione a condividere e trasmettere la conoscenza di una sessualità dolce e matura. L’articolo del China Daily affronta una diversa «emergenza». L’interruzione volontaria della gravidanza è la faccia nascosta di un problema sociale che sta emergendo ovunque, nelle campagne povere quanto nelle città mediamente benestanti e istruite, e che riguarda soprattutto i giovani: l’assenza di una efficace e puntuale educazione sulla contraccezione che pure è indicata come strumento primario per la programmazione dei trend di crescita della popolazione. L’intimità, per gli adolescenti cinesi, è un passaggio della vita che viene esplorato senza che prima vi sia da parte dei padri e delle madri, della scuola e tanto meno delle strutture sanitarie un intervento o un supporto utile alla loro consapevole appropriazione dell’eros. Si viola il mistero nel più incosciente e anche nel più rischioso dei modi. Con la conseguenza che ragazze ancora minorenni si ritrovano costrette a subire, non una ma addirittura due o tre volte, l’intervento con le gravi ricadute di carattere psicologico che ciò determina. Due ricerche sono state condotte per approfondire la comprensione del fenomeno. A Pechino su 8846 donne, che avevano abortito in dieci ospedali della capitale e avevano accettato di rispondere al test, il 36 per cento ha ammesso di avere interrotto la gravidanza in più occasioni. A Shanghai un numero verde, istituito per offrire un aiuto di base, ha fugato qualsiasi perplessità: sono arrivate 20 mila telefonate, quasi tutte di studentesse, fra i 15 e 20 anni, rimaste incautamente incinte perché a digiuno - al pari dei loro partner - di una minima conoscenza del cosa fare e come fare. «Il microcosmo di una questione nazionale». Il commento del China Daily, apparso ieri senza firma dunque approvato dalle autorità, titola: l’educazione sessuale è necessaria. «Sebbene le ragioni dietro agli aborti differiscano, il fattore principale è la mancanza di conoscenza sull’"autoprotezione" e una educazione insufficiente, specie fra i giovani». Poi due ammissioni che sono una fotografia drammatica: ragazzi e ragazze «affrontano la tematica dell’aborto come se dovessero trattare un raffreddore», inoltre molte ragazze ammettono di «avere avuto relazioni con maschi dei quali ignoravano persino il nome, amicizie nate semplicemente via internet» e morte nel giro di brevissimo tempo dopo qualche incontro fugace. La conclusione è: «Il Paese e la società devono porre rimedio a questa situazione perché minaccia la salute delle donne e provoca problemi sociali». È dunque indispensabile che le scuole facciano della educazione sessuale una loro priorità. Non vi è dubbio che la consapevolezza di una «emergenza nazionale» sia già un segnale positivo per la sua gestione. Ma quali ne sono le cause? Il commento del China Daily va in una direzione precisa, forse scontata: è colpa dei «contenuti volgari che da Internet entrano nei cervelli» dei giovani. Come se il male fosse sempre e solo uno.
«Corriere della sera» del 28 ottobre 2007
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