TECNOLOGIA - La loro missione quotidiana è quella di intercettare e rendere disponibili a tutti gratuitamente i prodotti sfornati dalla grande industria dell’intrattenimento. Inafferrabili, sparsi per il pianeta, capaci di violare ogni manufatto digitale, sono loro a incentivare una migliore blindatura della rete
Di Stefano Gulmanelli
Di Stefano Gulmanelli
Sono clandestini in quello stesso underground cibernetico in cui si muovono anonimi e furtivi al riparo della curiosità dei navigatori, anche i più esperti. Nel gergo della Rete sono conosciuti come «The Scene» (la Scena) e sono i membri della ristretta comunità di hacker la cui attività precipua - quasi una missione - è intercettare e rendere disponibili on line a tutti e gratuitamente software, film e musica appena sfornati dalla grande industria dell'infotainment, il grande calderone in cui converge in modo ormai massiccio la produzione di informazione e intrattenimento.
Divisa in gruppetti (dalla natura dell'oggetto da predare o dal caso di una militanza in Rete che li ha così riuniti), la Scena è in pratica il terzo livello di quel gigantesco movimento di diffusione illegale di materiale coperto da copyright - quello che lo slang di Internet chiama «warez» - e che ha i suoi canali di distribuzione al dettaglio nei network di file-sharing quali i vari Kazaa, BitTorrent, LimeWire et similia. «Sono gruppi gerarchizzati, con leadership molto forti, ma i cui membri - pur frequentandosi virtualmente da anni - non conoscono le rispettive identità anagrafiche. Ne consegue una difficoltà estrema nel contrastarli», dice John Malcom, l'uomo che dà loro la caccia in nome e per conto della Motion Picture Association of America (Mpaa), che riunisce gli Studios hollywoodiani, uno dei bersagli preferiti dalla Scena.
Ma la struttura "da cani sciolti", seppur con un proprio capo-muta, è solo una delle spiegazioni del fatto che, salvo rarissimi casi, nessuno dei gruppi warez appartenenti alla Scena è mai stato individuato e assicurato alla giustizia. A renderli inafferrabili - anche concettualmente, almeno per gli uomini dei business colpiti dalla loro attività - è il fatto che nulla di quanto fanno è motivato dalla possibilità di trarne un vantaggio economico. Questo implica che una volta impossessatisi del file proibito non devono cercare di venderlo né hanno bisogno di cre are un sistema per ottenere un corrispettivo per quanto riversano in Rete. Il che nega ai segugi che li braccano la più feconda delle tracce: quella lasciata dai pagamenti o dai siti, veri o virtuali, su cui far convergere i soldi.
La molla dei protagonisti della Scena è di natura diversa da quella - ormai usuale - del profitto. Per certi aspetti The Scene è un'istantanea della pancia profonda di Internet e di un cyberspazio idealista, come quello di un tempo, prima dell'avvento del business anche sulla Rete. Con hacker-Davide impegnati a vincere sfide impossibili contro corporation-Golia. In uno scontro in cui più le seconde si ingegnano per blindare i propri manufatti digitali e più diventa intrigante per i primi cimentarsi a scardinare le protezioni di ultimissima generazione.
«Furto? No. È un gioco, un hobby. Tutt'al più un atto di terrorismo digitale ma senza spargimento di sangue» si legge in un forum contiguo all'ambiente, «ma è soprattutto il fatto di essere il primo ad avere qualcosa che gli altri non hanno ancora».
Già, perché il tempo in questa porzione di cybermondo è tutto: l'importante è arrivare prima. Magari, per gioco, prima dei membri del proprio gruppo; certamente prima dei warez concorrenti; ma soprattutto prima che l'oggetto del desiderio di turno divenga di pubblico e ordinario dominio. Per questo è importante riuscire a scaraventare in Rete il software, il film o la canzone più attesa dell'anno prima della sua release ufficiale (al riguardo ci si affida a qualche insider nella catena logistico-produttiva che per qualche soldo o per simpatia ideologica fornisce copie pre-lancio dell'opera). Il gruppo che mette a segno uno «0-day warez» o, addirittura, un «negative-day warez» - la distribuzione parallela al giorno di lancio o in data persino anteriore - vede decollare la sua reputazione. E nella Scena, in mancanza di profitto, la reputazione è tutto. È grazie ad essa che gruppi quali Razor 1911, Dod, Pirates With Attitude (Pwa) sono veri e propri miti fra i frequentatori più giovani del cyberspazio - quello underground ma non solo. Tanto che ormai si producono serie di episodi-video per la Rete incentrati sulle gesta di un gruppo warez.
Una volta che la Scena ha colpito e il file galoppa incontrollato nelle praterie digitali aperte dai network P2P, alla corporation legittima proprietaria non resta che cercare di portare in tribunale il maggior numero di utenti finali o, come fa l'industria discografica, inondare quegli stessi canali di distribuzione finale con file corrotti e falsi per complicare l'esistenza allo scaricatore di turno. Strategie poco popolari e comunque del tutto ininfluenti sulla Scena. Contro la quale l'unica possibilità sembra essere il duro controllo preventivo - tecnologico e legislativo - per dissuadere i pirati. Un'impresa però dal sapore disperato. Anche perché per ognuno di coloro che lasciano il mondo warez - perché cresciuto, stanco o, più banalmente, perché individuato dai cacciatori di pirati assoldati dalle corporation - ce ne sono decine pronti a sostituirlo. «Molti di noi sono ormai adulti con famiglia» ha rivelato in una rarissima intervista uno dei protagonisti della Scena in procinto di calare il suo sipario, «per anni i nostri figli hanno sbirciato da dietro le nostre spalle curve sullo schermo. Imparando ciò che facevamo. È inevitabile: saranno loro i futuri semi-dei del warez».
«Avvenire» del 16 luglio 2006
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