di Massimo Introvigne
Con Anne Rice, la scrittrice americana di romanzi dell’orrore, non ci si annoia mai. Nata cattolica, è diventata miscredente dopo la morte di leucemia della figlia di sei anni, Michèle, nel 1972. Nel 2005 è tornata pubblicamente nella Chiesa cattolica. Il mese scorso ha abbandonato altrettanto pubblicamente la Chiesa – e il cristianesimo in genere – in nome, ha affermato, della scienza, dell’aborto e dei diritti degli omosessuali. La Rice è diventata famosa nel 1976 con 'Intervista col vampiro' (1976) dove, molto prima di 'Twilight', ha inventato un nuovo accostamento postmoderno ai vampiri, trovando buone ragioni per il loro stile di vita. I vampiri – spiegava – certamente uccidono, ma lo fanno perché questa è la loro natura. E che cosa c’è di meno politicamente corretto che negare a qualunque essere di comportarsi secondo la sua natura? Il vampiro è immorale. Ma nel mondo postmoderno chi mai sa più che cosa sia veramente morale? La Rice tiene a essere considerata non una mera scrittrice d’intrattenimento, ma un’autrice capace di produrre autentica letteratura e perfino una nuova teologia. Le pretese letterarie sono legate a quello che è forse il suo unico capolavoro: 'The Witching Hour' del 1990 ('L’ora delle streghe'), enorme saga di una famiglia di New Orleans le cui primogenite sono dotate di poteri magici, così legata alla città in cui la scrittrice è nata e vive che il paragone con 'Via col vento' per Atlanta non sembra esagerato. Ma la scrittrice considera il suo libro migliore 'Memnoch il diavolo' (1995), che pure ha venduto molto poco, dove il vampiro Lestat incontra il diavolo, che lo conduce nella Palestina dei tempi di Gesù Cristo, in Paradiso e all’Inferno e gli espone una complessa teologia gnostica. Fiasco ripetuto con 'Servant of the Bones' (1996) e 'Violin' (1997): la trama non piace a chi si aspetta semplici romanzi horror e si trova invece di fronte a complesse riflessioni sulla Cabala. La Rice si è trovato nel classico dilemma di una scrittrice popolare che aspira a essere riconosciuta come autrice 'colta'. I suoi romanzi popolari vendono, ma non piacciono ai critici. I suoi romanzi 'colti' sono lodati dai critici, ma non vendono. Sarebbe naturalmente scortese mettere in dubbio la sincerità del suo ritorno al cattolicesimo del 2005. Ma certo è servito a rilanciare una scrittrice in declino. Tuttavia il pubblico cattolico non ha premiato i suoi romanzi a sfondo religioso. Sembrano compitini svolti più o meno di malavoglia, mentre in America non mancano romanzieri cattolici capaci di creare trame appassionanti, da Michael O’Brien all’appena defunto Ralph McInerny. Questi nuovi insuccessi hanno giocato forse un ruolo nella decisione di lasciare la Chiesa sbattendo la porta e tranciando giudizi radicalmente negativi sul cristianesimo. Anne Rice è una scrittrice religiosa, forse da sempre. La sua religione, però, non è mai stata il cristianesimo ma uno gnosticismo radicato nella tradizione esoterica e presentato nei toni 'politicamente corretti' del New Age.
«Avvenire» del 24 agosto 2010
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