Insulti e spintoni al festival Parolario di Como. Annullato l'incontro sui Diari del Duce. Dopo Pansa ormai lo squadrismo culturale è un'abitudine. Cronaca di un pomeriggio irreale
di Luigi Mascheroni
Ieri la stupidità e l’intolleranza hanno espugnato un’altra piazza d’Italia, Paese nel quale notoriamente l’uso politico della storia e i processi pubblici ai politici raggiungono livelli di faziosità altrove impensabili. A Como un gruppo di contestatori ha impedito a Marcello Dell’Utri di tenere una conferenza sui diari di Mussolini (veri e presunti, in questo caso poco importa): l’incontro, calpestando la volontà di ascoltare della maggior parte dei presenti, è stato annullato. E così hanno trionfato la più folle delle censure preventive e il più pericoloso dei divieti, quello di parola.
Parlare in pubblico, esprimendo le proprie idee, è uno dei più sacri fra i diritti costituzionali. E chi limita tale diritto si macchia di un crimine vergognoso. Hanno diritto di parola i politici di destra come quelli di sinistra, gli intellettuali progressisti come quelli conservatori, i cattolici come gli atei, un missino come un partigiano, gli ex brigatisti come i neo-fascisti. E un uomo pubblico, che ha la facoltà di parlare davanti al Senato della Repubblica italiana, non può parlare nella piazza di un festival letterario? È concesso- e giustamente - il diritto di parola e persino di esprimere giudizi morali a chi è stato condannato in via definitiva per aver rapito e ucciso Aldo Moro, o per aver armato la mano agli assassini di un commissario di polizia, però non si permette a un politico condannato per mafia di leggere le pagine di un libro. Strano Paese, l’Italia. Strano e incomprensibile davvero.
E ancora più strano e incomprensibile se si riflette sul fatto che a voler vietare un diritto costituzionale come la libertà di espressione sia stato il «Comitato per la difesa della Costituzione» e che coloro che hanno boicottato la manifestazione pubblica (e tutte le associazioni conniventi che hanno firmato il volantino di boicottaggio che girava ieri a Como, tra le quali l’Anpi, l’Acli, l’Arci, Cgil, il «Senato delle Donne»...) lo hanno fatto in nome del più calpestato degli insegnamenti di Bertolt Brecht: «Felice il Paese che non ha bisogno di eroi». E ancora più felice quello che può fare a meno degli ignoranti e dei fondamentalisti. Come, appunto, sono coloro che scambiano la lettura pubblica di una pagina dei diari del Duce per una apologia di fascismo, che è come accusare di nazismo un professore universitario che legga in classe un passo del Mein Kampf . O come se si incarcerasse, per istigazione al delitto, chi ieri pomeriggio gridava contro Dell’Utri «Devi essere appeso per piedi».
Da piazzale Loreto sono passati invano 65 anni. E invano, a risentire slogan come «Lotta dura senza paura», è passato anche il Sessantotto. A non riuscire a passare invece sono purtroppo la tolleranza e il dialogo, gli unici veri antidoti al fanatismo politico e intellettuale, che come si sa è il peggiore preludio alla violenza. Come dimostrò lo stesso Mussolini, che in fatto di censure e regimi non scherzava, prima si proibisce a qualcuno di parlare in pubblico, poi se necessario - come nel caso Matteotti- lo si mette a tacere in segreto.
Chi è più fascista e mafioso? Dell’Utri invitato da una amministrazione cittadina a parlare dei diari di Mussolini o i contestatori che glielo proibiscono con insulti o minacce? E chi era più fascista e mafioso? Lo storico Giampaolo Pansa o le bande di vecchi e giovani «partigiani» che, assetate ieri come oggi del sangue dei vinti, lo hanno pedinato per anni a ogni presentazione pubblica dei suoi libri «revisionisti »? Chi era più fascista e mafioso? Lo scrittore Roberto Saviano o i giovani «imprenditori» che non volevano che presentasse il suo Gomorra a Casal di Principe, in terra dei Casalesi? Chi era più fascista e mafioso? Il giornalista Antonio Carioti o gli estremisti di sinistra che a San Giuliano Terme e a Livorno gli negarono la sala consigliare per presentare il suo libro Gli orfani di Salò , che non avevano neppure letto, credendolo un testo che esaltava la Rsi? Chi era più infantile e ridicolo? Federico Moccia o gli studenti romani che il marzo scorso lo hanno contestato, zittendolo, in quanto scrittore- spazzatura? Chi si dimostrò più intollerante e fanatico? Papa Ratzinger o i professori e i loro allievi che lo obbligarono, nel 2008, ad annullare il suo discorso alla Sapienza?
Lo squadrismo culturale, come la cronaca troppo frequentemente testimonia, è sempre vigile.E l’arte della intimidazione preventiva non perde occasione di manifestarsi nelle espressioni più curiose e incoerenti. Come quando,nel nome dell’antifascismo, si rifiuta di ascoltare le memorie- vere o verosimili che siano - di chi quel fascismo fondò, gettando una nazione in un regime. Come se chiudendo occhi e orecchie, tutti i crimini ideologici scomparissero d’incanto. Invece che ripetersi in maniera agghiacciante come è accaduto ieri a Como.
Parlare in pubblico, esprimendo le proprie idee, è uno dei più sacri fra i diritti costituzionali. E chi limita tale diritto si macchia di un crimine vergognoso. Hanno diritto di parola i politici di destra come quelli di sinistra, gli intellettuali progressisti come quelli conservatori, i cattolici come gli atei, un missino come un partigiano, gli ex brigatisti come i neo-fascisti. E un uomo pubblico, che ha la facoltà di parlare davanti al Senato della Repubblica italiana, non può parlare nella piazza di un festival letterario? È concesso- e giustamente - il diritto di parola e persino di esprimere giudizi morali a chi è stato condannato in via definitiva per aver rapito e ucciso Aldo Moro, o per aver armato la mano agli assassini di un commissario di polizia, però non si permette a un politico condannato per mafia di leggere le pagine di un libro. Strano Paese, l’Italia. Strano e incomprensibile davvero.
E ancora più strano e incomprensibile se si riflette sul fatto che a voler vietare un diritto costituzionale come la libertà di espressione sia stato il «Comitato per la difesa della Costituzione» e che coloro che hanno boicottato la manifestazione pubblica (e tutte le associazioni conniventi che hanno firmato il volantino di boicottaggio che girava ieri a Como, tra le quali l’Anpi, l’Acli, l’Arci, Cgil, il «Senato delle Donne»...) lo hanno fatto in nome del più calpestato degli insegnamenti di Bertolt Brecht: «Felice il Paese che non ha bisogno di eroi». E ancora più felice quello che può fare a meno degli ignoranti e dei fondamentalisti. Come, appunto, sono coloro che scambiano la lettura pubblica di una pagina dei diari del Duce per una apologia di fascismo, che è come accusare di nazismo un professore universitario che legga in classe un passo del Mein Kampf . O come se si incarcerasse, per istigazione al delitto, chi ieri pomeriggio gridava contro Dell’Utri «Devi essere appeso per piedi».
Da piazzale Loreto sono passati invano 65 anni. E invano, a risentire slogan come «Lotta dura senza paura», è passato anche il Sessantotto. A non riuscire a passare invece sono purtroppo la tolleranza e il dialogo, gli unici veri antidoti al fanatismo politico e intellettuale, che come si sa è il peggiore preludio alla violenza. Come dimostrò lo stesso Mussolini, che in fatto di censure e regimi non scherzava, prima si proibisce a qualcuno di parlare in pubblico, poi se necessario - come nel caso Matteotti- lo si mette a tacere in segreto.
Chi è più fascista e mafioso? Dell’Utri invitato da una amministrazione cittadina a parlare dei diari di Mussolini o i contestatori che glielo proibiscono con insulti o minacce? E chi era più fascista e mafioso? Lo storico Giampaolo Pansa o le bande di vecchi e giovani «partigiani» che, assetate ieri come oggi del sangue dei vinti, lo hanno pedinato per anni a ogni presentazione pubblica dei suoi libri «revisionisti »? Chi era più fascista e mafioso? Lo scrittore Roberto Saviano o i giovani «imprenditori» che non volevano che presentasse il suo Gomorra a Casal di Principe, in terra dei Casalesi? Chi era più fascista e mafioso? Il giornalista Antonio Carioti o gli estremisti di sinistra che a San Giuliano Terme e a Livorno gli negarono la sala consigliare per presentare il suo libro Gli orfani di Salò , che non avevano neppure letto, credendolo un testo che esaltava la Rsi? Chi era più infantile e ridicolo? Federico Moccia o gli studenti romani che il marzo scorso lo hanno contestato, zittendolo, in quanto scrittore- spazzatura? Chi si dimostrò più intollerante e fanatico? Papa Ratzinger o i professori e i loro allievi che lo obbligarono, nel 2008, ad annullare il suo discorso alla Sapienza?
Lo squadrismo culturale, come la cronaca troppo frequentemente testimonia, è sempre vigile.E l’arte della intimidazione preventiva non perde occasione di manifestarsi nelle espressioni più curiose e incoerenti. Come quando,nel nome dell’antifascismo, si rifiuta di ascoltare le memorie- vere o verosimili che siano - di chi quel fascismo fondò, gettando una nazione in un regime. Come se chiudendo occhi e orecchie, tutti i crimini ideologici scomparissero d’incanto. Invece che ripetersi in maniera agghiacciante come è accaduto ieri a Como.
«Il Giornale» del 31 agosto 2010
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