Tutti i professori sanno parlare d’amore?
di Davide Rondoni
Ai nostri ragazzi impegnati per la maturità quest’anno il Ministero ha proposto, oltre a Svevo per il tema di commento letterario (fin troppo viziato da domande e schemi analitici che uccidono la letteratura), una serie di questioni tra l’esistenziale e il sociologico. Dal problema d’amore, a quello della cosiddetta cultura giovanile, fino al tema dell’innovazione, fino al ruolo dei social network. Parrebbe quasi una ansia di svecchiamento, che ha portato gli inventori delle tracce dei 'saggio breve' o 'articolo' ad affiancare con la disinvoltura tipica dell’era delle ricerche su internet una frase di Alberoni a un brano decontestualizzato di Dante o un pezzo di Leopardi, o le foto di tante icone 'giovanili' dagli anni ’50 a oggi - da Elvis a Facebook, da James Dean ai Rave party. Per l’ambito socio-economico si è dato peso all’Anno della creatività proposto dalla Ue, e tra le altre, una frase del noto 'creativo pubblicitario' A.Testa che invitava a considerare meno banalmente la parola 'creativo'.
A riguardo di storia i ragazzi son stati chiamati a riflettere sul tema dei diversi tipi di regime e della democrazia e della libertà, visti gli anniversari in corso e futuri della caduta del Muro e della Unità d’Italia. Forse volutamente mischiando, o forse volutamente attenendosi alla 'iconografia' più ufficiale e scontata e alla forza degli anniversari, la validità della proposta ministeriale sta nell’aver provato a mettere i ragazzi, in sede di esame di maturità, di fronte a qualcosa che li riguarda. Come a dire: quel che impari a scuola ti riguarda. Niente di strano, anzi quasi 'banalmente' giusto.
Ma non è forse bello avere una scuola 'normale'? Dove, appunto, si legge Dante per scoprire cosa è l’amore? Certo, forse una minor attitudine alla combinazione di elementi tanto difformi e un po’ scontati (l’icona di un rave party indica veramente la cultura giovanile più di una giornata mondiale della gioventù con il Papa? o di un ritrovo in una piazzetta?) o una minor necessità di ricorrere al sociologo, pur ottimo, accanto alla poesia per parlare di amore, avrebbe indicato un coraggio maggiore e una essenzialità più forti. Si ha un po’ l’impressione di aver voluto fare una cosa 'carina', che potesse piacere. Come spesso accade a quelli che fanno le cose 'per' i giovani.
Ma resta il fatto che guardando queste tracce i ragazzi possono aver avuto la conferma, speriamo, che i cinque anni passati a scuola servono a imparare a vivere e non sono un pedaggio alla cosiddetta 'cultura' o alla preparazione tecnica a a un mestiere. Certo, se l’istituzione scolastica si espone a chiedere ai ragazzi di dire la propria su argomenti tanto importanti e delicati, significa anche che è disposta a giocare la propria autorevolezza su questi terreni.
L’esame oggi l’hanno fatto questi ragazzi, ma in qualche modo è un autoesame per tutta la scuola. Ci sono professori che possono parlare d’amore ai ragazzi con la passione e la verità che chiede Dante? E ci sono professori che possono parlare di storia e di libertà con l’autorevolezza che la caduta del Muro e il laborioso processo di unificazione italiana richiedono? Se ci sono lo si vedrà dalla qualità degli elaborati dei ragazzi. Che dunque meriteranno un voto per loro stessi, ma indirettamente lo daranno anche a chi li ha chiamati a questo esame. Oggi la scuola italiana si è messa sotto esame su temi importanti e delicati. E’ un atto di coraggio.
A riguardo di storia i ragazzi son stati chiamati a riflettere sul tema dei diversi tipi di regime e della democrazia e della libertà, visti gli anniversari in corso e futuri della caduta del Muro e della Unità d’Italia. Forse volutamente mischiando, o forse volutamente attenendosi alla 'iconografia' più ufficiale e scontata e alla forza degli anniversari, la validità della proposta ministeriale sta nell’aver provato a mettere i ragazzi, in sede di esame di maturità, di fronte a qualcosa che li riguarda. Come a dire: quel che impari a scuola ti riguarda. Niente di strano, anzi quasi 'banalmente' giusto.
Ma non è forse bello avere una scuola 'normale'? Dove, appunto, si legge Dante per scoprire cosa è l’amore? Certo, forse una minor attitudine alla combinazione di elementi tanto difformi e un po’ scontati (l’icona di un rave party indica veramente la cultura giovanile più di una giornata mondiale della gioventù con il Papa? o di un ritrovo in una piazzetta?) o una minor necessità di ricorrere al sociologo, pur ottimo, accanto alla poesia per parlare di amore, avrebbe indicato un coraggio maggiore e una essenzialità più forti. Si ha un po’ l’impressione di aver voluto fare una cosa 'carina', che potesse piacere. Come spesso accade a quelli che fanno le cose 'per' i giovani.
Ma resta il fatto che guardando queste tracce i ragazzi possono aver avuto la conferma, speriamo, che i cinque anni passati a scuola servono a imparare a vivere e non sono un pedaggio alla cosiddetta 'cultura' o alla preparazione tecnica a a un mestiere. Certo, se l’istituzione scolastica si espone a chiedere ai ragazzi di dire la propria su argomenti tanto importanti e delicati, significa anche che è disposta a giocare la propria autorevolezza su questi terreni.
L’esame oggi l’hanno fatto questi ragazzi, ma in qualche modo è un autoesame per tutta la scuola. Ci sono professori che possono parlare d’amore ai ragazzi con la passione e la verità che chiede Dante? E ci sono professori che possono parlare di storia e di libertà con l’autorevolezza che la caduta del Muro e il laborioso processo di unificazione italiana richiedono? Se ci sono lo si vedrà dalla qualità degli elaborati dei ragazzi. Che dunque meriteranno un voto per loro stessi, ma indirettamente lo daranno anche a chi li ha chiamati a questo esame. Oggi la scuola italiana si è messa sotto esame su temi importanti e delicati. E’ un atto di coraggio.
«Avvenire» del 26 giugno 2009
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