Riflessione che gli adulti non amano
di Giacomo Samek Lodovici
L’agenzia Zenit ha riportato i dati di un recente studio canadese, che ha monitorato le ripercussioni, in termini di spesa sociale e ferite psicologiche, delle separazioni, dei divorzi e delle cessazioni delle convivenze. Ad esempio, per l’anno finanziario 2005/ 2006, l’impatto da esse prodotto sul bilancio del Canada è stato di circa 4,5 miliardi di euro. La ricerca comprende anche casi di madri single o che non vivono con i padri dei loro figli, bensì con altri uomini, e documenta che i figli vivono in condizioni migliori se crescono nel contesto di una famiglia con due genitori sposati, perciò « che le coppie siano sposate o no è un elemento straordinariamente indicativo per prevedere [ mediamente parlando] le condizioni future dei bambini (...), perfino al netto dei fattori economici » : i risultati scolastici ed accademici, lo stato di salute e di felicità, l’uso di droghe possono essere incisivamente influenzati dall’unione/ disunione dei propri genitori. Del resto potremmo citare molti altri monitoraggi. Ad esempio, la ricercatrice R. O’Neill ha registrato i seguenti dati: se il 40% dei bambini inglesi vive in famiglie a basso reddito complessivo, la percentuale sale al 75% tra quelli che vivono con un solo genitore. Tali bambini con un solo genitore, rispetto a quelli che vivono con entrambi, hanno una probabilità tre volte superiore di ottenere cattivi risultati a scuola, il doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la depressione o comportamenti antisociali ed il triplo di probabilità di avere problemi nelle relazioni amicali.
Ancora, M. Fiorin (La fabbrica dei divorzi), si è concentrato sulle ferite psicologiche dei bambini che vivono senza il padre. Uno studio del 1995 ha evidenziato che gli adolescenti che vivevano con un solo genitore soffrivano più frequentemente di problemi psichici rispetto a quelli che vivevano in famiglie intatte ed avevano una probabilità maggiore di abusare di alcool e di usare droghe. Negli anni Ottanta, una ricerca di tre anni sui bambini piccoli del reparto di psichiatria dell’ospedale di New Orleans ha mostrato che nell’ 80% dei casi la patologia era causata dall’assenza del padre. Addirittura, il 90% dei bambini fuggito da casa si era allontanato da nuclei affettivi di questo tipo. Da tali nuclei proveniva anche il 71% degli abbandoni scolastici, il 75% degli adolescenti presi in cura per tossicodipendenza e il 70% dei minorenni internati in istituti. Infine, negli Usa, durante gli anni Ottanta, il 63% dei suicidi dei giovani si è verificato in contesti con il padre assente. Da notare che molte di queste rilevazioni sono state svolte su gruppi di figli omogenei dal punto di vista sociale e del reddito. Sono dati che dovrebbero farci riflettere, perché valgono analogicamente anche per il nostro Paese e ne ricaviamo ( anche se assai brevemente), almeno due suggerimenti. Primo, soltanto nelle famiglie dove i litigi sono gravissimi il bambino trae beneficio dall’eliminazione del conflitto, ma tale tipo di conflittualità è rara ( cfr. una ricerca di P. R. Amato e A. Booth), perciò nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe meglio per i figli se i genitori, invece di dividersi, rimanessero insieme ed affrontassero i loro problemi per cercare di risolverli. Secondo, tutte le forme alternative e concorrenziali al matrimonio ( pacs e simili) indeboliscono il matrimonio, cioè il legame che, pur nella sua attuale crisi, è – anche qui dati alla mano – il più stabile e dunque propizio per i figli.
Ancora, M. Fiorin (La fabbrica dei divorzi), si è concentrato sulle ferite psicologiche dei bambini che vivono senza il padre. Uno studio del 1995 ha evidenziato che gli adolescenti che vivevano con un solo genitore soffrivano più frequentemente di problemi psichici rispetto a quelli che vivevano in famiglie intatte ed avevano una probabilità maggiore di abusare di alcool e di usare droghe. Negli anni Ottanta, una ricerca di tre anni sui bambini piccoli del reparto di psichiatria dell’ospedale di New Orleans ha mostrato che nell’ 80% dei casi la patologia era causata dall’assenza del padre. Addirittura, il 90% dei bambini fuggito da casa si era allontanato da nuclei affettivi di questo tipo. Da tali nuclei proveniva anche il 71% degli abbandoni scolastici, il 75% degli adolescenti presi in cura per tossicodipendenza e il 70% dei minorenni internati in istituti. Infine, negli Usa, durante gli anni Ottanta, il 63% dei suicidi dei giovani si è verificato in contesti con il padre assente. Da notare che molte di queste rilevazioni sono state svolte su gruppi di figli omogenei dal punto di vista sociale e del reddito. Sono dati che dovrebbero farci riflettere, perché valgono analogicamente anche per il nostro Paese e ne ricaviamo ( anche se assai brevemente), almeno due suggerimenti. Primo, soltanto nelle famiglie dove i litigi sono gravissimi il bambino trae beneficio dall’eliminazione del conflitto, ma tale tipo di conflittualità è rara ( cfr. una ricerca di P. R. Amato e A. Booth), perciò nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe meglio per i figli se i genitori, invece di dividersi, rimanessero insieme ed affrontassero i loro problemi per cercare di risolverli. Secondo, tutte le forme alternative e concorrenziali al matrimonio ( pacs e simili) indeboliscono il matrimonio, cioè il legame che, pur nella sua attuale crisi, è – anche qui dati alla mano – il più stabile e dunque propizio per i figli.
«Avvenire» del 30 giugno 2009
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