Si tratta del solito miraggio scientista: tutto quanto c'è di immateriale (questa volta sotto la mannaia dello 'scienziato' è caduta la sofferenza, chissà domani a cosa altro toccherà ...) in realtà si può spiegare alla luce della ragione.
Poveretti questi che si accontentano di spiegazioni di questo genere ...
Poveretti questi che si accontentano di spiegazioni di questo genere ...
Le ultime ricerche svelano i segreti del dna per piacere, fedeltà, ardimento e memoria. E ora si conosce anche il gene del dolore
di Edoardo Boncinelli
«Il dolore… ha una voce e non varia», dice Umberto Saba in una sua celebre lirica ma se il timbro della voce del dolore è sempre lo stesso, la sua intensità può essere molto diversa. C'è chi lo sente attutito, chi lo sente acuito e chi lo prova anche in assenza di una causa apparente. Queste differenze sono mediate da strutture biologiche specifiche che sono controllate a loro volta da un certo numero di geni. Uno di questi è stato ora individuato, direttamente nell'uomo, e possiamo ben dire che con scoperte del genere siamo entrati nell'era della scienza del quotidiano, soprattutto della biologia e della medicina del quotidiano. Vale a dire della scienza di ciò che ci accade tutti i giorni e di ciò di cui si parla tutti i giorni: della fedeltà, della curiosità, del piacere, dell'ardimento, della memoria e adesso del dolore. All'inizio la genetica si è occupata di casi estremi, di malattie ereditarie gravi, invalidanti — disperate e disperanti — ma rare o rarissime. Per penetrare nei segreti del funzionamento del nostro corpo abbiamo dovuto approfittare di circostanze estreme e straordinarie. I nostri geni e tutto il mondo che gira loro intorno non sono lì per farci stare male, ma al contrario per farci stare bene. Ogni gene fa silenziosamente il proprio dovere nel quadro della salute e dello sviluppo generale del nostro corpo. Lo fa tanto silenziosamente che non ci accorgiamo che lo sta facendo. E neppure che esiste. Questo vale ovviamente per tutti i geni presenti nel nostro patrimonio genetico. Se tutti funzionassero sempre bene, senza alcun inconveniente, non ci saremmo probabilmente neppure oggi accorti che esistono. Il fatto è che talvolta, anche se raramente, non fanno fino in fondo il loro dovere — perché mancanti, perché insufficienti o perché alterati — e causano un disturbo più o meno grave. E' allora che ci accorgiamo della loro esistenza. Non esiste infatti il gene per la cecità, ma piuttosto il gene per la non-cecità: solo quando è alterato produce un difetto della vista. Così come non esiste il gene per la distrofia muscolare, ma semmai il gene per la non-distrofia muscolare, che solo quando è alterato conduce ad una distrofia muscolare. Grazie a questi rari incidenti di percorso ci siamo accorti che i geni esistono e abbiamo cominciato a stilarne un elenco e a disegnarne una mappa. Si tratta però di malattie rare e diciamo pure lontane dalla vita di tutti i giorni. Rare, perché fortunatamente nella maggior parte dei casi i geni fanno il loro dovere. Lontane dalla vita di tutti i giorni, perché per poterle osservare occorre che si tratti di quelle rare evenienze nelle quali la disfunzione di un singolo gene produce un effetto rilevabile e macroscopico. Per questa via siamo riusciti però a penetrare a fondo nei segreti del corpo e del suo controllo genetico. La combinazione di genetica, biochimica e biologia molecolare ha prodotto in questi ultimi decenni una messe di conoscenze che ci hanno finalmente permesso di passare allo studio della biologia delle caratteristiche biologiche più comuni e consuete. Conosciamo molti dei segreti del funzionamento dei nostri sensi, della forza muscolare, della digestione, della circolazione del sangue, ma anche della forza e della persistenza della memoria e stiamo cominciando a capire qualcosa delle diverse componenti dell'intelligenza e della sensibilità. Come ad esempio della sensibilità al dolore. Perché il dolore può avere una varietà di cause esterne e interne, ma la sua percezione è un fatto tutto nostro. «In sé non esiste dolore — dice Nietzsche —. Non è la ferita che fa male». Il dolore nasce nel corpo e non è niente al di fuori di esso, come qualsiasi altro moto della sensibilità o dell'emotività. Ed esistono vie specifiche del dolore per le quali la sensazione dolorosa è costretta a passare. Lungo queste vie la sofferenza può essere attutita oppure essere acuita. Una sensazione dolorosa può essere addirittura creata dal niente, come nel cosiddetto dolore neuropatico, una delle peggiori condizioni cliniche conosciute. Per chi ne è vittima, come per chi soffre di altri tipi di sofferenze atroci, ogni nuova conoscenza sul dolore rappresenta una buona novella e una fonte di speranza. Sarà sempre più spesso così. Sapremo sempre di più sulle condizioni e sulle manifestazioni dei fenomeni quotidiani più diversi, normali e patologici: è cominciata la verde stagione della scienza del quotidiano.
«Corriere della sera» del 23 ottobre 2006
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