di Massimo Gramellini
Monsieur Voltaire, ricordi quella volta al bar, doveva essere il 1754, in cui cercavo di convincerti che il Toro era più forte della Juve? Tu rispondesti sereno: «Non condivido niente di quello che dici, ma sarei disposto a dare la vita per difendere il tuo diritto di continuare a dirlo». Ultimamente la situazione si è parecchio incattivita, e mica solo negli stadi. In Austria hanno messo in galera uno storico, Irving, che nega l’Olocausto. La sua è un’opinione sbagliata, oltre che orribile. Ma è un’opinione, non un proiettile, e resta da dimostrare che le opinioni messe in galera generino col tempo meno proiettili di quelle lasciate a piede libero. In Turchia hanno reso la vita impossibile a uno scrittore, Pamuk, che sostiene l’esistenza del genocidio armeno. Per reazione, nella tua Francia della liberté chi non condivide il pensiero di Pamuk commette reato. Questa soluzione legislativa non dispiace a Giorgio Bocca, il quale propone di estenderla all’Italia per trascinare in tribunale chi, come Pansa, osa contestare l’immacolata concezione della Resistenza.
Ora, non so come la pensi tu, ma posso immaginarlo. La Resistenza aveva ragione e i repubblichini torto. Non foss’altro perché, se avessero vinto loro, oggi l’Italia sarebbe un’appendice turistica del Terzo Reich e, per dirla col grande John Belushi, «io odio i nazisti dell’Illinois», figuriamoci gli originali. Questo però non toglie che in ogni guerra civile si consumino abusi e vendette atroci. Persino il miglior antibiotico presenta degli effetti collaterali, e sviscerare anche quelli non significa sminuire il valore provvidenziale della medicina, ma aiutare il corpo a fortificarsi, affinché non si ammali di nuovo. Io almeno la penso così, ma sarei disposto a dare la vita per difendere Bocca e il suo diritto di sostenere che ho scritto una scemenza.
«La Stampa» del 19 ottobre 2006
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