Un «archivio» di filmati gratuiti e fai da te che ha già superato i 100 milioni: 65.000 novità al giorno e più di venti milioni di visitatori al mese. Sono i dati di quello che in un anno è diventato un nuovo punto di riferimento nella Rete: una vera rivoluzione mediatica
di Elena Nieddu
Quello di Martin Harris è stato per giorni il filmato più selezionato: un uomo di 86 anni racconta all'obiettivo fisso di una videocamera storie della seconda guerra mondiale con la voce incrinata dei ricordi. In un altro video i ragazzi della seconda E documentano l'ora dell'intervallo, urla e corse nei corridoi di un liceo. Un collage di servizi della Cnn sovrappone fatti e opinioni sulla questione del nucleare in Corea del Nord. E due ragazze, Lita e Adi, cantano e ballano davanti allo specchio di una normalissima abitazione privata.
Questo è YouTube, il fenomeno Internet del momento. Un sito che raccoglie ogni tipo di filmati amatoriali, di qualunque provenienza, argomento e qualità audiovisiva. Uno zibaldone di immagini dell'era contemporanea, un gigantesco mercatino dell'usato, con più di 100 milioni di video a disposizione gratuitamente, ogni giorno.
Il funzionamento di YouTube è molto semplice. Chiunque può girare un filmato e «riversarlo» sul sito. Qui diventa automaticamente accessibile agli altri utenti, che possono a loro volta rispondere con altri video o commentare le immagini attraverso messaggi scritti.
Dal febbraio 2005, da quando due ex dipendenti della società di pagamenti on line PayPal lanciarono questo nuovo spazio di comunicazione, YouTube è la realtà della Rete in in più forte espansione, con 65mila nuovi filmati aggiunti ogni 24 ore, più di 20 milioni di visitatori al mese. Una platea che fa gola ai pubblicitari e, ancora una volta a sei anni dall'esplosione della bolla della new economy, attira capitali. Come quelli del motore di ricerca Google, l'indice più utilizzato nella Rete, che ha recentemente acquistato YouTube per 16,5 miliardi di dollari. Un investimento da capogiro per un ambiente che offre ampie praterie di visibilità agli strateghi della pubblicità, in tutte le sue molteplici forme. Anche se c'è chi è scettico a questo riguardo. «Chi pensa di guadagnarci sbaglia», avvertono le Cassandre, mettendo gli investitori davanti a un'amara verità: Internet è il mondo del «freeware», del gratis a tutti i costi. Follia sarebbe far pagare i video scaricati. E ricordano quello che successe a Napster, famosissimo sito di condivisione di file musicali, che appena diventò a pagamento fallì tristemente.
Su YouTube, dicevamo, si trova di tutto. Ma per non lasciare l'utente solo davanti al mare magnum del visibile, il sito è ben organizzato: in sottocartelle che segnalano quali sono i video più cliccati del momento e quali i più commentati. C'è anche un sistema di ricerca che permette di trovare subito tutti i filmati su un determinato argomento, siano le teorie del complotto sull'attentato dell'11 settembre 2001 o il piccolo Jacopo che insegue i piccioni in piazza del Duomo. E se un video non piace, si può scrivere all'autore, presentando le proprie rimostranze. Il sistema funziona con la logica della segnalazione: ovvero, trovo un filmato interessante e lo consiglio a un amico, che a sua volta si precipita a vederlo, aumentando il numero degli accessi e quindi rendendo il sito ancor più visibile. Così si creano veri e propri «casi», che rimbalzano nel sistema dei media tradizionali, sulle agenzie di stampa: come quello delle due ragazze israeliane che semplicemente ballando davanti alla webcam hanno ottenuto in pochi minuti 10 milioni di contatti e sono finite su un dispaccio della Reuters. O quello di Martin Harris, che ha raccontato agli youtubers la sua esperienza come militare nella campagna di Francia durante la seconda guerra mondiale, suscitando i commenti di altri veterani in tutto il mondo.
Ma almeno due problemi sono dietro l'angolo. Il primo è quello dei diritti: nonostante sia esplicitamente vietato, sono numerosissimi i contributi protetti da copyright che vengono immessi nel sistema. Per questo recentemente abbiano protestato 23 aziende giapponesi, tra le quali emittenti televisive, case discografiche e cinematografiche, che hanno chiesto a YouTube di oscurare 30mila video, accusan do i gestori del sito di violazione delle leggi nipponiche del diritto d'autore. Il secondo, non meno grave, è l'esposizione di un pubblico fatto prevalentemente di adolescenti a visioni potenzialmente inadatte: per quanto molti browser (i programmi che consentono di navigare su Internet) si siano attrezzati con sistemi che bloccano la visione di siti porno o violenti, il controllo rischia di essere sempre insufficiente. E allora? Come ogni novità nel campo della comunicazione, YouTube dev'essere perfezionato. Ma chi dovrà progettare correttivi, dovrà pensare a non deludere - almeno apparentemente - le aspettative della generazione nata e cresciuta sulla Rete: la possibilità di partecipare, e la sensazione di libertà. Se di vera libertà e di vera partecipazione si tratta, saranno i posteri a dircelo.
Questo è YouTube, il fenomeno Internet del momento. Un sito che raccoglie ogni tipo di filmati amatoriali, di qualunque provenienza, argomento e qualità audiovisiva. Uno zibaldone di immagini dell'era contemporanea, un gigantesco mercatino dell'usato, con più di 100 milioni di video a disposizione gratuitamente, ogni giorno.
Il funzionamento di YouTube è molto semplice. Chiunque può girare un filmato e «riversarlo» sul sito. Qui diventa automaticamente accessibile agli altri utenti, che possono a loro volta rispondere con altri video o commentare le immagini attraverso messaggi scritti.
Dal febbraio 2005, da quando due ex dipendenti della società di pagamenti on line PayPal lanciarono questo nuovo spazio di comunicazione, YouTube è la realtà della Rete in in più forte espansione, con 65mila nuovi filmati aggiunti ogni 24 ore, più di 20 milioni di visitatori al mese. Una platea che fa gola ai pubblicitari e, ancora una volta a sei anni dall'esplosione della bolla della new economy, attira capitali. Come quelli del motore di ricerca Google, l'indice più utilizzato nella Rete, che ha recentemente acquistato YouTube per 16,5 miliardi di dollari. Un investimento da capogiro per un ambiente che offre ampie praterie di visibilità agli strateghi della pubblicità, in tutte le sue molteplici forme. Anche se c'è chi è scettico a questo riguardo. «Chi pensa di guadagnarci sbaglia», avvertono le Cassandre, mettendo gli investitori davanti a un'amara verità: Internet è il mondo del «freeware», del gratis a tutti i costi. Follia sarebbe far pagare i video scaricati. E ricordano quello che successe a Napster, famosissimo sito di condivisione di file musicali, che appena diventò a pagamento fallì tristemente.
Su YouTube, dicevamo, si trova di tutto. Ma per non lasciare l'utente solo davanti al mare magnum del visibile, il sito è ben organizzato: in sottocartelle che segnalano quali sono i video più cliccati del momento e quali i più commentati. C'è anche un sistema di ricerca che permette di trovare subito tutti i filmati su un determinato argomento, siano le teorie del complotto sull'attentato dell'11 settembre 2001 o il piccolo Jacopo che insegue i piccioni in piazza del Duomo. E se un video non piace, si può scrivere all'autore, presentando le proprie rimostranze. Il sistema funziona con la logica della segnalazione: ovvero, trovo un filmato interessante e lo consiglio a un amico, che a sua volta si precipita a vederlo, aumentando il numero degli accessi e quindi rendendo il sito ancor più visibile. Così si creano veri e propri «casi», che rimbalzano nel sistema dei media tradizionali, sulle agenzie di stampa: come quello delle due ragazze israeliane che semplicemente ballando davanti alla webcam hanno ottenuto in pochi minuti 10 milioni di contatti e sono finite su un dispaccio della Reuters. O quello di Martin Harris, che ha raccontato agli youtubers la sua esperienza come militare nella campagna di Francia durante la seconda guerra mondiale, suscitando i commenti di altri veterani in tutto il mondo.
Ma almeno due problemi sono dietro l'angolo. Il primo è quello dei diritti: nonostante sia esplicitamente vietato, sono numerosissimi i contributi protetti da copyright che vengono immessi nel sistema. Per questo recentemente abbiano protestato 23 aziende giapponesi, tra le quali emittenti televisive, case discografiche e cinematografiche, che hanno chiesto a YouTube di oscurare 30mila video, accusan do i gestori del sito di violazione delle leggi nipponiche del diritto d'autore. Il secondo, non meno grave, è l'esposizione di un pubblico fatto prevalentemente di adolescenti a visioni potenzialmente inadatte: per quanto molti browser (i programmi che consentono di navigare su Internet) si siano attrezzati con sistemi che bloccano la visione di siti porno o violenti, il controllo rischia di essere sempre insufficiente. E allora? Come ogni novità nel campo della comunicazione, YouTube dev'essere perfezionato. Ma chi dovrà progettare correttivi, dovrà pensare a non deludere - almeno apparentemente - le aspettative della generazione nata e cresciuta sulla Rete: la possibilità di partecipare, e la sensazione di libertà. Se di vera libertà e di vera partecipazione si tratta, saranno i posteri a dircelo.
«Avvenire» del 29 ottobre 2006
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