Fondamentalismo e libertà d’opinione
di Angelo Panebianco
Se alcuni, nel mondo islamico, si dichiarano soddisfatti delle precisazioni del Papa sul suo discorso di Ratisbona, altri pretendono scuse, e molti altri continuano a mostrare i muscoli con manifestazioni di violenza e minacce di morte. Commentando la vicenda, Vittorio Messori, sul Corriere di ieri, ha scritto cose condivisibili ma ha anche peccato di ottimismo. Messori ha ragione quando dice che la frase estrapolata dal discorso del Papa è stata solo un pretesto per incendiare le piazze islamiche. Come furono un pretesto le vignette su Maometto. In entrambi i casi l’estremismo islamico si è mobilitato per provare la propria capacità di egemonia sul mondo musulmano, mostrare quanto esso sia forte e, per converso, quanto debole e spaventato sia l’Occidente. All’epoca delle vignette l’Europa ha subito la più clamorosa aggressione alla libertà d’espressione dal tempo dei totalitarismi trionfanti e, in sostanza, la vicenda si è conclusa con la vittoria dell’aggressore. L’Europa ha tacitamente accettato che la libertà di satira, d’ora in poi, valga per tutto tranne che per l’islam, di fronte al quale, pare, l’autocensura è doverosa. Ora ci riprovano con un obiettivo più ambizioso: colpire il cuore religioso dell’Occidente, costringerci ad accettare che neppure il Papa sia più libero di riflettere ad alta voce sulla specificità del cristianesimo o su ciò che lo differenzia dall’islam. Dove Messori pecca forse di ottimismo è nel credere che non si ripeterà fra gli europei, credenti compresi, quanto accadde a suo tempo col marxismo. Se l’Europa flirtò con quel giudeo-cristianesimo secolarizzato che era il marxismo, non potrà farlo, pensa Messori, col fondamentalismo islamico. Per la sua incompatibilità con il pensiero «politicamente corretto» da noi egemone. Temo si sbagli. Non solo perché ci sono diversi europei che già flirtano con l’estremismo islamico, consapevoli di condividere con esso i nemici principali, Stati Uniti e Israele. Niente predispone alla solidarietà più della condivisione del nemico. Ma soprattutto perché l’Europa ha paura, è spaventata a morte, e la paura spinge più di qualunque altro sentimento a blandire il prepotente, a dargli ragione per tenerlo buono. Oriana Fallaci parlava di Eurabia. Basta guardare a tante reazioni occidentali al discorso del Papa per capire che Eurabia, forse, è già tra noi. Non parlo tanto dei teologi improvvisati che hanno spiegato a Ratzinger cosa sia davvero il cristianesimo (anche nelle situazioni più tragiche l’uomo è in grado di dare vita a siparietti di irresistibile comicità). Parlo dei tantissimi che hanno accusato il Papa di non essersi censurato. Guardandosi intorno, sembra condivisibile il pessimismo di Bernard Lewis che prevede un’Europa sconfitta e sottomessa. C’è un rapporto fra la paura europea e la capacità di egemonia che l’islam politico, l’islam che usa la religione per fini politici, sa esercitare, nei momenti di crisi, sul mondo musulmano. Una egemonia così forte da rendere flebili, quasi inesistenti, le voci musulmane ragionevoli. Le implicazioni politiche sono tante e gli statisti sono tenuti a saperlo. Il premier italiano Romano Prodi, per esempio, ha annunciato che incontrerà a New York il presidente iraniano Ahmadinejad, in ragione del ruolo che l’Iran svolge in Medio Oriente. È lecito invitarlo alla prudenza nei rapporti con un regime che vuole distruggere Israele e che è in prima linea (con Al Qaeda) nell’aizzare le masse islamiche contro il Papa?
«Corriere della sera» del 19 settembre 2006
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