Giovanni Reale ripropone tutti i «Frammenti» Anche quelli «metafisici», finora ignorati in Italia
di Francesco Tomatis
Aristotele li chiamò «fisici» o «naturalisti». Ma la nostra fisica e gli scienziati hanno poco a che vedere con loro, benché senza di loro non esisterebbero, come peraltro nemmeno la filosofia, la matematica, l'astronomia, la medicina attuali, anzi tutto il pensiero europeo, la scienza e la civiltà occidentale, naturalmente con l'innesto successivo, sulla filosofia greca, della rivelazione cristiana. Nietzsche li fece assurgere a dignità filosofica e ne individuò la ricerca disinteressata della verità come segno di grandezza, esclusivamente propria all'epoca tragica dei Greci nella quale apparvero. Ispirandosi a lui Giorgio Colli avviò nel 1977, presso Adelphi, un'ambiziosa raccolta dei loro testi e pensieri, La sapienza greca, purtroppo rimasta incompiuta.
Fu un grande filologo tedesco vissuto nella seconda metà dell'Ottocento, Hermann Diels, che ebbe l'ardire, la capacità, il rigore di approntare un'edizione critica complessiva di tutti i frammenti delle opere e delle testimonianze relative alla vita e al pensiero dei filosofi, ma anche dei sapienti, che vissero precedentemente a Socrate. Nel 1903 vide la luce un'opera monumentale, I frammenti dei Presocratici, con più di quattrocento autori, che spazia dagli inizi teologico-poetici, ad esempio con Orfeo ed Esiodo, ai Sette sapienti, e si distende amplissimamente con i filosofi del VI e V secolo a. C.. L'opera fu più volte aggiornata anche grazie a Walther Kranz, fedele allievo di Diels.
Giovanni Reale, filologo espertissimo e filosofo egli stesso, rende oggi omaggio a quest'opera capitale rendendola disponibile anche al pubblico italiano presso Bompiani, con testo originale greco e traduzione italiana, integrale in ogni suo aspetto (I Presocratici, pagine 2080, euro 38,00). Uscì già nel 1969, curata da Gabriele Giannantoni per Laterza, una traduzione italiana dei Presocratici, riferentesi al testo Diels-Kranz, carente tuttavia non solo per l'assenza dell'originale greco a fronte, imprescindibile, ma per la deliberata esclusione di tutti gli autori costituenti la parte dedicata agli inizi del pensiero e di molti altri considerati minori.
Conclusa la encomiabile fatica, Reale s'è permesso l'interrogativo sul perché di questa grave manomissione, che ha segnato la cultura italiana per quasi mezzo secolo. Come ha riferito intelligentemente Armando Torno sul Corriere della Sera (21 e 24 novembre), espungere le origini teologiche, misteriche, metafisiche del pensiero europeo significa non solo impedire di comprendere appieno i percorsi successivi, ma tentare di appiattire a materialismo o al più a naturalismo dialettico l'inizio greco. La polemica è infuriata. Reale ha forse commesso due scelte imperdonabili: il pensiero rigoroso frutto di filologia e la fede cattolica. Anzi, forse il viverle entrambe nella propria singolare persona. Ma lasciamo la parola a Reale, per capire davvero la straordinaria importanza dei primissimi pensatori europei, i cui brevi frammenti vanno approfonditi con cura anziché cestinati quando non collimino con l'evoluzione sancita da miopi ideologie.
Nel saggio introduttivo al volume, Reale rammenta come l'Europa (e con essa l'Occidente) sia nata con la creazione della filosofia da parte dei Greci. Il senso della filosofia sta nel porsi i problemi ultimi, nel ricercare il perché e il principio delle cose, di tutte le cose che sono, nella loro totalità. Questa ricerca filosofica sui principi delle cose è quindi già metafisica anche quando, come nel caso dei primi pensatori greci, riguardi principalmente l'interrogarsi sulla natura e sul suo principio. Ma non ci si deve confondere, riducendo le loro riflessioni a concezioni materialistiche. La natura è indagata nel suo principio o inizio: arché. Ed il principio della totalità non ha una priorità meramente cronologica né soltanto mitica, da interpretativamente narrare. L'iniziale principio del tutto naturale è fisico e tangibile con la ragione, ma in un senso superiore, meta-fisico, al di qua e al di sopra di riduzionistiche dicotomie fra materia e spirito, oggettività e soggettività, natura e sovranatura. Tutto ciò che è grande ha un grande inizio, diceva Heidegger. L'inizio greco della civiltà occidentale è grande in quanto indaga il perché della natura penetrandone le profondità più metafisiche.
Fu un grande filologo tedesco vissuto nella seconda metà dell'Ottocento, Hermann Diels, che ebbe l'ardire, la capacità, il rigore di approntare un'edizione critica complessiva di tutti i frammenti delle opere e delle testimonianze relative alla vita e al pensiero dei filosofi, ma anche dei sapienti, che vissero precedentemente a Socrate. Nel 1903 vide la luce un'opera monumentale, I frammenti dei Presocratici, con più di quattrocento autori, che spazia dagli inizi teologico-poetici, ad esempio con Orfeo ed Esiodo, ai Sette sapienti, e si distende amplissimamente con i filosofi del VI e V secolo a. C.. L'opera fu più volte aggiornata anche grazie a Walther Kranz, fedele allievo di Diels.
Giovanni Reale, filologo espertissimo e filosofo egli stesso, rende oggi omaggio a quest'opera capitale rendendola disponibile anche al pubblico italiano presso Bompiani, con testo originale greco e traduzione italiana, integrale in ogni suo aspetto (I Presocratici, pagine 2080, euro 38,00). Uscì già nel 1969, curata da Gabriele Giannantoni per Laterza, una traduzione italiana dei Presocratici, riferentesi al testo Diels-Kranz, carente tuttavia non solo per l'assenza dell'originale greco a fronte, imprescindibile, ma per la deliberata esclusione di tutti gli autori costituenti la parte dedicata agli inizi del pensiero e di molti altri considerati minori.
Conclusa la encomiabile fatica, Reale s'è permesso l'interrogativo sul perché di questa grave manomissione, che ha segnato la cultura italiana per quasi mezzo secolo. Come ha riferito intelligentemente Armando Torno sul Corriere della Sera (21 e 24 novembre), espungere le origini teologiche, misteriche, metafisiche del pensiero europeo significa non solo impedire di comprendere appieno i percorsi successivi, ma tentare di appiattire a materialismo o al più a naturalismo dialettico l'inizio greco. La polemica è infuriata. Reale ha forse commesso due scelte imperdonabili: il pensiero rigoroso frutto di filologia e la fede cattolica. Anzi, forse il viverle entrambe nella propria singolare persona. Ma lasciamo la parola a Reale, per capire davvero la straordinaria importanza dei primissimi pensatori europei, i cui brevi frammenti vanno approfonditi con cura anziché cestinati quando non collimino con l'evoluzione sancita da miopi ideologie.
Nel saggio introduttivo al volume, Reale rammenta come l'Europa (e con essa l'Occidente) sia nata con la creazione della filosofia da parte dei Greci. Il senso della filosofia sta nel porsi i problemi ultimi, nel ricercare il perché e il principio delle cose, di tutte le cose che sono, nella loro totalità. Questa ricerca filosofica sui principi delle cose è quindi già metafisica anche quando, come nel caso dei primi pensatori greci, riguardi principalmente l'interrogarsi sulla natura e sul suo principio. Ma non ci si deve confondere, riducendo le loro riflessioni a concezioni materialistiche. La natura è indagata nel suo principio o inizio: arché. Ed il principio della totalità non ha una priorità meramente cronologica né soltanto mitica, da interpretativamente narrare. L'iniziale principio del tutto naturale è fisico e tangibile con la ragione, ma in un senso superiore, meta-fisico, al di qua e al di sopra di riduzionistiche dicotomie fra materia e spirito, oggettività e soggettività, natura e sovranatura. Tutto ciò che è grande ha un grande inizio, diceva Heidegger. L'inizio greco della civiltà occidentale è grande in quanto indaga il perché della natura penetrandone le profondità più metafisiche.
«Avvenire» del 29 novembre 2006
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