Blog, da 15 anni voce del web ma coi social è un'altra storia
di Silvio Gulizia
Il 18 luglio del 1997 il primo strumento per "bloggare". Un fenomeno che ha cambiato il modo di fare informazione su internet ma che è stato stravolto dal successo di Facebook e Twitter. Ecco la sua breve ma intensa storia
Il 18 luglio 1997 lo sviluppatore statunitense Dave Winer 1 annunciava il primo strumento per "bloggare", come si sarebbe poi detto. A 15 anni dalla nascita del primo sistema per raccogliere link e pensieri e presentarli dall'ultimo al primo ci sono oggi oltre 181 milioni di blog, secondo l'ultimo studio di NM Incite 2 (gruppo Nielsen). Il 63% degli internauti italiani ha un blog. Uno su dieci ci scrive tutti i giorni, mentre il 43% almeno una volta al mese (dati Mediascope IAB Europe 3).
Il Frontier, questo il nome che Winer dette al suo tool, era un archetipo delle piattaforme di cura dei contenuti poi divenute comuni. Fra queste c'è stata pure Splinder, che in Italia raggiunse i 600mila utenti prima di iniziare il declino schiacciata dall'arrivo nel nostro Paese di Wordpress (2005) e Blogger (2006) e dall'apertura a tutti di Facebook (2007), con il conseguente boom dei social network (2008) che ha stravolto il modo di bloggare.
In questi 15 anni i blog sono decisamente cambiati. E pure molto. Il 18 luglio 1997 in realtà è una data arbitraria. C'è chi sostiene di aver iniziato a scrivere blog prima, come Justin Hall che afferma di aver cominciato links.net 4 nel 1994. Siccome fu sempre Winer a inventare gli Rss, che dal 2000 permisero di seguire facilmente un blog, ed è in parte a lui che si deve la nascita del podcasting (una specie di audio-blog), la ricorrenza sembra fatta apposta per ricordarci come i blog siano cambiati e nel tempo abbiano cambiato il nostro modo di comunicare.
Il termine blog fu usato per la prima volta nel 1999 da Peter Merholz che sul proprio Peterme 5 scrisse: "Per quello che conta, ho deciso di pronunciare la parola weblog come wee-blog. O blog, per brevità". Web-log era stato il termine usato nel 1997 da Jorn Barger, autore di Robot Wisdom 6, uno dei primi siti creati con la piattaforma di Winer. Barger chiamò così la propria "raccolta di link" che intendeva "salvare e condividere". Il termine log indica il giornale di bordo delle navi, ma viene anche usato per indicare il file che raccoglie le attività compiute su un computer.
All'inizio del nuovo millennio si cominciò a parlare di rivoluzione del modo di fare informazione grazie ai blog. Il riferimento fu lo scandalo Lewinsky, inizialmente ignorato dalla stampa e divenuto pubblico grazie a un post sul blog Drudge Report 7. Fra il 1999 e il 2003 nacquero Blogger, LiveJournal, Wordpress e Movable Type, ancora oggi fra le piattaforme più diffuse. Nel 2000 in Italia Dagospia pubblicò il primo post. Il blog in generale divenne una forma d'espressione personale tramite la quale ognuno poteva far sentire la propria voce ed eventi di portata mondiale come la caduta delle Torri Gemelle e la guerra in Iraq contribuirono all'affermazione del mezzo.
Dal 2000 in poi nacquero diversi tipi di blog: personali, multi-autori, dedicati a un tema o aziendali. Declinati in varie forme: testuali, fatti di immagini, video o audio. Nel 2002 si contarono 500 mila blog in giro per la rete, mentre nel 2006 secondo Technorati 8, che dal 2004 monitora lo stato di quella che è stata battezza la Blogosfera, c'erano già 50 milioni di blog. Dal 2004 si diffuse anche il fenomeno del live-blogging, cominciato nella forma di post scritti in tempo reale davanti a un programma tv ed evolutosi in strumento di cronaca usato oggi anche dai giornali on line. Nel 2005 nacque l'Huffington Post come aggregatore di blog e a ruota la Bbc lanciò una piattaforma di blogging per i propri giornalisti. In Italia comparvero gli aggregatori Blogo e Blogosfere e Beppe Grillo aprì il proprio. Nel 2007 il governo italiano tentò invano di normare i blog ed equipararli a testate giornalistiche. Sommersa dalle proteste, la proposta riemerse poi ciclicamente con esito simile.
Che la formula del blog abbia cambiato il modo di fare informazione lo certifica anche il successo di Wordpress, su cui oggi si stima poggi il 16% dei siti web 9. Non solo blog (come Mashable, TechCrunch o BoingBoing), ma anche vere e proprie testate giornalistiche come New York Times, CNN, Forbes o Time.
Fra il 2007 e il 2009 ci fu una rivoluzione che stravolse in parte il blogging. A cambiare il modo in cui si bloggava fino ad allora furono i primi servizi di micro-blogging: Twitter e Tumblr. Con il termine micro-blogging si definiscono queste piattaforme che prevedono post brevissimi sulla scia degli aggiornamenti di status divenuti comuni grazie a Facebook. All'inizio di quest'anno Twitter e Tumblr hanno superato entrambi i cento milioni di utenti attivi. "Una parte dei blogger italiani - spiega Vincenzo Cosenza, autore di Vincos.it 10 e uno dei maggiori esperti di blogging e social network - ha raccolto l'invito al lazy web (web pigro, ndr) di queste piattaforme diradando la scrittura sui blog a favore di messaggi brevi e rilancio di contenuti altrui. Piattaforme come Facebook e Google Plus, che permettono di scrivere status update lunghi, hanno dato la possibilità ai meno esperti di condividere pensieri articolati e intavolare discussioni con altri, dando a tutti la possibilità di essere blogger senza avere un blog".
I blog non sono morti a causa dei social network anche perché questi sono divenuti strumento di amplificazione dei blog-post. Secondo NM Incite, i blog sono addirittura passati da 173 a 181 milioni da ottobre 2011 a marzo 2012. Oggi i blogger più attivi sono donne e giovani tra i 18 e i 34 anni, sette su dieci con una laurea alle spalle. Nel corso del 2011 hanno aggiornato i propri blog più spesso e curato maggiormente i propri siti. Sono divenuti però più auto-referenziali: si parlano fra di loro anziché prendere spunto dalle conversazioni con gli amici. Il numero di persone che bloggano in Italia è cresciuto del 378% dal 2010 (IAB).
Recentemente la piattaforma francese Overblog 11 ha introdotto una nuova forma di blog il cui gli status update dei diversi social network diventano i post di un unico blog per ricucire insieme i frammenti personali dispersi nel web. Nel frattempo sono tornate in auge le raccolte di link attraverso un nuovo fenomeno che oggi si chiama "cura dei contenuti", con piattaforme come Scoop.it 12 o l'italiana Searcheeze 13 che puntano sulla content-curation per creare giornali monotematici.
Il Frontier, questo il nome che Winer dette al suo tool, era un archetipo delle piattaforme di cura dei contenuti poi divenute comuni. Fra queste c'è stata pure Splinder, che in Italia raggiunse i 600mila utenti prima di iniziare il declino schiacciata dall'arrivo nel nostro Paese di Wordpress (2005) e Blogger (2006) e dall'apertura a tutti di Facebook (2007), con il conseguente boom dei social network (2008) che ha stravolto il modo di bloggare.
In questi 15 anni i blog sono decisamente cambiati. E pure molto. Il 18 luglio 1997 in realtà è una data arbitraria. C'è chi sostiene di aver iniziato a scrivere blog prima, come Justin Hall che afferma di aver cominciato links.net 4 nel 1994. Siccome fu sempre Winer a inventare gli Rss, che dal 2000 permisero di seguire facilmente un blog, ed è in parte a lui che si deve la nascita del podcasting (una specie di audio-blog), la ricorrenza sembra fatta apposta per ricordarci come i blog siano cambiati e nel tempo abbiano cambiato il nostro modo di comunicare.
Il termine blog fu usato per la prima volta nel 1999 da Peter Merholz che sul proprio Peterme 5 scrisse: "Per quello che conta, ho deciso di pronunciare la parola weblog come wee-blog. O blog, per brevità". Web-log era stato il termine usato nel 1997 da Jorn Barger, autore di Robot Wisdom 6, uno dei primi siti creati con la piattaforma di Winer. Barger chiamò così la propria "raccolta di link" che intendeva "salvare e condividere". Il termine log indica il giornale di bordo delle navi, ma viene anche usato per indicare il file che raccoglie le attività compiute su un computer.
All'inizio del nuovo millennio si cominciò a parlare di rivoluzione del modo di fare informazione grazie ai blog. Il riferimento fu lo scandalo Lewinsky, inizialmente ignorato dalla stampa e divenuto pubblico grazie a un post sul blog Drudge Report 7. Fra il 1999 e il 2003 nacquero Blogger, LiveJournal, Wordpress e Movable Type, ancora oggi fra le piattaforme più diffuse. Nel 2000 in Italia Dagospia pubblicò il primo post. Il blog in generale divenne una forma d'espressione personale tramite la quale ognuno poteva far sentire la propria voce ed eventi di portata mondiale come la caduta delle Torri Gemelle e la guerra in Iraq contribuirono all'affermazione del mezzo.
Dal 2000 in poi nacquero diversi tipi di blog: personali, multi-autori, dedicati a un tema o aziendali. Declinati in varie forme: testuali, fatti di immagini, video o audio. Nel 2002 si contarono 500 mila blog in giro per la rete, mentre nel 2006 secondo Technorati 8, che dal 2004 monitora lo stato di quella che è stata battezza la Blogosfera, c'erano già 50 milioni di blog. Dal 2004 si diffuse anche il fenomeno del live-blogging, cominciato nella forma di post scritti in tempo reale davanti a un programma tv ed evolutosi in strumento di cronaca usato oggi anche dai giornali on line. Nel 2005 nacque l'Huffington Post come aggregatore di blog e a ruota la Bbc lanciò una piattaforma di blogging per i propri giornalisti. In Italia comparvero gli aggregatori Blogo e Blogosfere e Beppe Grillo aprì il proprio. Nel 2007 il governo italiano tentò invano di normare i blog ed equipararli a testate giornalistiche. Sommersa dalle proteste, la proposta riemerse poi ciclicamente con esito simile.
Che la formula del blog abbia cambiato il modo di fare informazione lo certifica anche il successo di Wordpress, su cui oggi si stima poggi il 16% dei siti web 9. Non solo blog (come Mashable, TechCrunch o BoingBoing), ma anche vere e proprie testate giornalistiche come New York Times, CNN, Forbes o Time.
Fra il 2007 e il 2009 ci fu una rivoluzione che stravolse in parte il blogging. A cambiare il modo in cui si bloggava fino ad allora furono i primi servizi di micro-blogging: Twitter e Tumblr. Con il termine micro-blogging si definiscono queste piattaforme che prevedono post brevissimi sulla scia degli aggiornamenti di status divenuti comuni grazie a Facebook. All'inizio di quest'anno Twitter e Tumblr hanno superato entrambi i cento milioni di utenti attivi. "Una parte dei blogger italiani - spiega Vincenzo Cosenza, autore di Vincos.it 10 e uno dei maggiori esperti di blogging e social network - ha raccolto l'invito al lazy web (web pigro, ndr) di queste piattaforme diradando la scrittura sui blog a favore di messaggi brevi e rilancio di contenuti altrui. Piattaforme come Facebook e Google Plus, che permettono di scrivere status update lunghi, hanno dato la possibilità ai meno esperti di condividere pensieri articolati e intavolare discussioni con altri, dando a tutti la possibilità di essere blogger senza avere un blog".
I blog non sono morti a causa dei social network anche perché questi sono divenuti strumento di amplificazione dei blog-post. Secondo NM Incite, i blog sono addirittura passati da 173 a 181 milioni da ottobre 2011 a marzo 2012. Oggi i blogger più attivi sono donne e giovani tra i 18 e i 34 anni, sette su dieci con una laurea alle spalle. Nel corso del 2011 hanno aggiornato i propri blog più spesso e curato maggiormente i propri siti. Sono divenuti però più auto-referenziali: si parlano fra di loro anziché prendere spunto dalle conversazioni con gli amici. Il numero di persone che bloggano in Italia è cresciuto del 378% dal 2010 (IAB).
Recentemente la piattaforma francese Overblog 11 ha introdotto una nuova forma di blog il cui gli status update dei diversi social network diventano i post di un unico blog per ricucire insieme i frammenti personali dispersi nel web. Nel frattempo sono tornate in auge le raccolte di link attraverso un nuovo fenomeno che oggi si chiama "cura dei contenuti", con piattaforme come Scoop.it 12 o l'italiana Searcheeze 13 che puntano sulla content-curation per creare giornali monotematici.
«La Repubblica» del 16 luglio 2012
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