Un caso da manuale: quando la macchina non incontra l'uomo
di Giuseppe O. Longo
di Giuseppe O. Longo
Che si voglia parlare di flop all'americana oppure di fiasco alla vecchia maniera italiana, resta il fatto che alcune tecnologie sono proprio un fallimento, anche quando le premesse sembrano allettanti. Pare che in Italia il 40 per cento dei giovani tra i 16 e i 20 anni possieda un videofonino, cioè un cellulare che consente di collegarsi non solo in voce ma anche in immagine con l'interlocutore, ma che pochissimi lo usino per "videotelefonare". Perché mai? E perché anche il videotelefono fisso, i cui esordi in America risalgono a oltre settant'anni fa, non ha mai avuto successo nonostante svariati tentativi, mentre il telefono tradizionale e poi il cellulare classico hanno avuto una diffusione esplosiva? Occorre interrogarsi non solo sulla validità tecnica in sé di uno strumento, ma anche sulle sue possibilità di inserimento nel contesto sociale e sulla sua compatibilità con le abitudini, la sensibilità e le esigenze degli utenti: insomma il rapporto uomo-macchina è più complicato di quanto si creda di solito, anche a prescindere dai costi del servizio offerto. Chiediamoci: ci piacerebbe rispondere a una videotelefonata mentre siamo (semi)nudi, o ci troviamo in compagnia «sbagliata» oppure in un luogo dove non dovremmo essere? Già il telefono normale ha una sua perentoria indiscrezione, ma pur invadendo la sfera sonora ci lascia liberi quanto agli altri sensi, soprattutto la vista. E ci consente quindi una certa libertà di dissimulare, che se non è usata per nuocere o per delinquere, spesso ci salva da situazioni imbarazzanti se non da guai peggiori. E poi quando siamo al telefono non dobbiamo, per creanza, controllare la nostra espressione e la nostra postura, possiamo continuare a scrivere o a sfogliare un libro, insomma possiamo mostrarci educati attraverso il controllo della sola voce e non siamo obbligati a mostrare interesse col viso se l'interesse non c'è. Eliminando alcune componenti della comunicazione faccia a faccia, il telefono tradizionale ci consente un contatto che, sebbene più povero, è abbastanza espressivo e ci offre una libertà che il videotelefono ci nega proprio a causa del vantaggio che vorrebbe assicurare. Insomma, per quanto promettenti possano sembrare, certe tecnologie in pratica non incontrano. Altre, che sembrano fallimentari, invece hanno successo proprio grazie a quelli che sembravano difetti: la radio, concepita da Marconi come un "telegrafo senza fili", diffondeva i messaggi nell'etere, sicché chiunque poteva ascoltare una conversazione privata tra due interlocutori. Ma questo difetto ne fece lo strumento ideale per la "diffusione circolare", in cui una stazione trasmette e molti utenti ascoltano (senza poter a loro volta replicare e, in più, pagando anche un canone).
«Avvenire» dell’11 gennaio 2007
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