11 dicembre 2011

La Chiesa, le sue opere e i paladini di una legalità senz'anima

di Davide Rondoni
Hanno lo stesso germe. La stessa chimica composizione. Gli stessi elementi fondamentali di veleno. La crisi europea e la «rabbia» montata come panna dai soliti noti contro la Chiesa sulla questione Ici hanno lo stesso Dna. Il tipo di pensiero che ha generato questa Europa in crisi è quello che si agita nelle minacce, nelle ire, e nei cavilli, di coloro che vorrebbero metter la Chiesa sul banco degli evasori. Il medesimo Dna bacato. La crisi e questa campagna violenta contro la Chiesa sono figlie della stessa matrice. La crisi che vede l’Europa in pericolo per la fragilità della sua politica rispetto alla violenza che si abbatte sulla economia e la grossolana, piatta polemica anti-cattolica vengono dallo stesso pensiero: devono esistere solo lo Stato e il Privato. Tutto ciò che non è Potere dello Stato o Interesse Privato non deve esistere. Altre cose – gli organismi ecclesiali, i corpi intermedi, le realtà associate, il multiforme volontariato – sono soggetti di serie B.
Il destino dell’uomo è solo nelle mani dei due Poteri. Lo Stato e il Privato, la Legge e il Denaro. Il resto non ha valore. Se qualcosa d’altro vuole esistere, sarà per concessione di uno dei Due Poteri. Lo si tollererà, forse. Ma questo pensiero e le istituzioni che ne sono nate stanno mostrando il loro clamoroso fallimento. Stanno cadendo addosso a tutti. Specie addosso ai più poveri. Hanno teorizzato l’Europa fatta solo di Privato e di Stati – di banche, di monete e di leggi – e l’hanno messa in pratica. Come se l’anima dell’Europa non contasse. Come se ciò che non appartiene al Denaro o alle Leggi degli Stati non avesse peso. Come se gli organismi, le realtà nate da esperienze personali e di bene pubblico fossero nemiche. Come se la grande cultura religiosa, cristiana e non solo, fosse ingombro fastidioso per il funzionamento cristallino e impersonale dei Grandi Palazzi Europei. Che stanno crollando, velocemente, miseramente.
Non è un caso che siano sempre gli stessi, i cultori della legalità a senso unico, dello statalismo più asfittico (e perciò stesso del mercatismo più violento) a fomentare piccole folle con argomenti falsi, antistorici e di facile presa in un momento di crisi. Questi signorini della Legalità (ma solo a riguardo di alcune leggi, di altre chissà come mai no…) si fanno paladini dello Stato non ammettendo nient’altro che il suo Potere, e dunque che esista per il resto solo il Mercato. Sono i devoti del mondo sotto Due Poteri. Un pensiero radicale che per diversi rami accomuna banchieri a post-marxisti, ex-rivoluzionari un poco salottieri a finanzieri un poco ex­rivoluzionari. Un pensiero colloso, magmatico, tenuto insieme da una logica errata e da una buona dose di risentimenti. E forse conscio di essere un pensiero fallimentare. Un pensiero che ha generato guai. Comodo ai ricchi e ai nemici dei ricchi. Ma sbagliato. Forse per questo, come sempre accade, cerca un capro espiatorio. Preferibilmente mansueto. E si sferra contro la Chiesa. Un pensiero che non ha costruito se non templi al denaro e al potere, oggi pericolanti, si sfoga contro chi ha costruito altro genere di templi. Di preghiera, di dedizione ai poveri, di interesse pubblico fatto non da funzionari dello Stato, di libera e gratuita iniziativa.
Basta uno sguardo alla storia e alla geografia sociale del nostro Paese. Basta una minima onestà di sguardo. Basta il piccolo sforzo di uscire per un attimo dal pensiero fallimentare per vedere che la risorsa migliore che ci resta è smettere di adorare il Potere dello Stato e del Mercato. È non sacrificare ad essi le energie che hanno creato altri spazi, altri servizi, altri soccorsi. Quelli di cui poi si invoca l’esistenza quando la vita mette alla prova. E non solo si cura del corpo, ma anche si cura dell’anima delle persone.
Basterebbe solo un poco di onestà, in questi tempi di crisi, per riconoscere il valore – incalcolabile, altro che Ici! – di una presenza sociale generosa e contagiosa che non dipende dai poteri degli Stati e del Mercato. Ma si sa, in tempi di rovina spuntano sempre i cercatori di capri espiatori, e anche le peggiori razze di sciacalli. Cioè quelli che non pensano, se mai hanno pensato, e badano solo a meschini interessi.
«Avvenire» dell'11 dicembre 2011

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