Una ricerca GfK Eurisko per conto di Pearson fa il punto sulla rivoluzione digitale Migliorano apprendimento e concentrazione. Ma in molti istituti c’è solo il vecchio gesso
di Alessia Rastelli
Professori esperti e di lungo corso, che ammettono le difficoltà di insegnare ai cosiddetti «nativi digitali». Ovvero agli studenti che hanno meno di 16-17 anni, figli di Internet piuttosto che di Gutenberg, circondati ogni giorno da computer e videogiochi, smartphone e tablet. Eppure, proprio perché consapevoli del divario generazionale e tecnologico, docenti desiderosi di colmarlo, che lasciano entrare in aula i nuovi strumenti digitali emultimediali, riuscendo a stimolare l’attenzione degli alunni e a rendere più alto il loro rendimento. È il ritratto della scuola italiana che emerge dal report «Le potenzialità della Lim e dei LimBook», condotto da GfK Eurisko per l’editore Pearson Italia e visto in anteprima da «la Lettura».
Firmato da Elena Cappelletti, psicologa e direttrice di ricerca nell’Area media, lo studio si basa sulle interviste online a 333 docenti della scuola secondaria di primo grado (le vecchiemedie) che insegnano in istituti dotati della lavagna interattiva multimediale, la cosiddetta Lim. «Professori che costituiscono un campione rappresentativo perché equamente suddivisi per regioni geografiche e per discipline insegnate», spiega Cappelletti.
Pennarello digitale al posto del gesso bianco, dotata nella sua versione più comune di un proiettore, oltre che collegabile al computer, la Lim consente di scrivere, mostrare video e immagini, navigare su Internet. Funzioni base cui se ne possono aggiungere di più sofisticate via via che si acquisisce dimestichezza, ma che bastano già a rivoluzionare una lezione tradizionale nel segno della multicanalità e della partecipazione. Una buona cartina di tornasole, dunque, dell’attuale uso delle nuove tecnologie nella scuola italiana.
Secondo il monitoraggio sullo stato della riforma Gelmini, pubblicato lo scorso 2 aprile sul sito del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), il 78,3 per cento del primo ciclo delle scuole italiane (elementari e medie) possiede un laboratorio multimediale e, tra questi istituti, il 65,5 per cento è dotato di almeno una lavagna interattiva. Numeri che però non bastano a soddisfare il bisogno reale e, soprattutto, l’esigenza didattica che la Lim sia in ogni singola aula e non solo nel laboratorio comune. «Abbiamo circa 200 mila classi in Italia tra elementari, medie e superiori e le lavagne distribuite sono finora 70-80 mila» spiega Emanuele Fidora, direttore generale Sistemi informativi del Miur. Il rifornimento però continua: «Alla Lim sono destinati fondi per 10 milioni l’anno — dice Fidora —. A essi se ne aggiungono altri 20 milioni per il 2012 nell’ambito del più generale “Piano nazionale scuola digitale”, da gestire in base ad accordi con le Regioni».
Un esempio, a Milano. Tre anni fa l’Istituto tecnico statale per il turismo «Artemisia Gentileschi» ha acquistato la prima lavagna interattiva. «Ora ne possediamo una ventina per cinquantotto classi», dice il dirigente scolastico Agostino Miele. Che testimonia anche di una «grande richiesta» tra i suoi insegnanti.
Stando ai dati di GfK Eurisko-Pearson, in effetti ai docenti la Lim piace. Nonostante oltre la metà dei professori intervistati ammetta che il carico di lavoro è aumentato e l’84 per cento sostenga di aver incontrato difficoltà d’uso iniziali, il 98 per cento non vorrebbe più tornare indietro. Più in dettaglio, il 91 per cento considera la lavagna interattiva uno strumento flessibile e adatto a tutte le materie, il 79 per cento vorrebbe seguire altri corsi di formazione per poterla sfruttare al meglio, il 73 per cento è convinto che rappresenti una grande opportunità.
Rispetto alla vecchia grafite nera, il principale pregio viene riconosciuto nella capacità di migliorare il rendimento degli studenti. Nessun problema di distrazione dovuto almezzo interattivo, testimoniano infatti gli insegnanti. Tutt’altro. Di fronte a una soglia di attenzione dei nativi digitali sempre più bassa — stimata in media sul quarto d’ora — l’uso della Lim migliora la concentrazione: molto, per il 31 per cento degli intervistati, un po’ per il 52 per cento.
Tanto che i docenti usano già la Lim per metà delle loro ore di lezione, soprattutto per le spiegazioni, le esercitazioni e le interrogazioni. Con il risultato — dicono — che gli alunni prendono di più l’iniziativa, fanno più domande, chiedono ulteriori approfondimenti, si scambiano opinioni in classe, diventano più bravi nel fare collegamenti e connessioni.
In base allo studio GfK Eurisko-Pearson, inoltre, poco più dellametà dei professori che usano la nuova lavagna, hanno sperimentato anche i LimBook, ovvero libri di testo digitali pensati apposta per la Lim. Buoni i primi riscontri: arricchita da presentazioni, animazioni, video, esercitazioni e laboratori interattivi, la nuova frontiera del manuale scolastico piace all’81 per cento degli insegnanti.
«L’impressione complessiva è quella di un metodo d’insegnamento meno verticale — conclude la curatrice dello studio Cappelletti —. Ma senza mai abdicare all’autorità del docente. La Lim e i Limbook, infatti, funzionano solo se è il professore a calibrare i tempi e a decidere il percorso. Giocando nella nuova didattica partecipativa un ruolo non ridimensionato ma rafforzato».
«Corriere della Sera - suppl. La lettura» del 6 maggio 2012
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